Alla fine degli anni 70 e inizi anni 80 il circolo FGCI di Afragola, con alla guida Pasquale Giglio a cui successe Salvatore Tuccillo e con Antonio Zanfardino come responsabile di zona, vantava una discreta presenza organizzativa e purtuttavia si iniziava ad avvertire l’affievolirsi della spinta innovativa e di apertura che alla fine degli 60 la segreteria di Antonio Bassolino riuscì a portare e che caratterizzò tutto il corso degli anni 70 con l’ingresso di un’intera generazione di giovani universitari che riuscì a trasformare un Partito sostanzialmente figlio di quel blocco sociale bracciantile , operaio edile che si muoveva dentro la difficoltà culturale, prima ancora che politica e sociale, di una città soffocata dallo strapotere del sistema incentrato sulla Democrazia Cristiana.
Il vento delle contestazione del 68 e inizi anni 70 arrivarono ad avere un effetto anche sul partito Afragolese e videro via via brillanti giovani dirigenti alla sua guida, penso a Gennaro Limone o a Nicola Gala accompagnati da storici e generosi compagni come il compianto Franco Laezza o da mitici dirigenti del movimento operaio come Antonio Siniscalchi e Pierino Afiero dell’Alfa Sud a cui mi sentivo particolarmente legato e che amava offrirmi le sigarette, che chiedevo continuamente in giro data la ristrettezza economica tipica di un figlio di operaio monoreddito, perché sosteneva, in modo compiaciuto e di approvazione, che con la mia esigua paghetta settimanale preferivo comprare tutti i giorni l’Unità e Rinascita anziché le sigarette o come Carolina Iazzetta giovane studentessa di medicina impegnata sul fronte dell’emancipazione femminile che in quelle realtà, culturalmente arretrate, era impresa ardua e una delle poche donne elette in consiglio comunale negli anni 80.
Non mi dilungo sul contesto di quegli anni perché già descritto magistralmente dagli articoli di Vittorio Mazzone, Enzo Castaldo e dallo stesso Gennaro Limone con un bellissimo tributo al già citato Antonio Siniscalchi pilastro storico del Pci, ma mi serviva per contestualizzare la mia iscrizione alla Fgci di Afragola nel 78, pur già militando nel movimento studentesco, prima nel biennio al Fermi di Napoli di cui tenevamo le riunioni della cellula presso la sezione PCI Vicaria e poi nel triennio all’Augusto Righi di Fuorigrotta culla dell’Autonomia Operaia che aveva proprio nella Fgci il principale nemico e verso la quale esercitava una battaglia di carattere militare più che politica.
Decisi di iscrivermi anche al circolo territoriale dove abitavo perché sentivo monca la mia militanza che in quegli anni per me andava vissuta in modo totalizzante come fu per tanti non solo della mia generazione.
Il clima prodotto dal terrorismo, il protagonismo dei gruppi estremisti, in particolar modo di Autonomia Operaia, la politica del compromesso storico a livello nazionale, videro una difficoltà dei giovani comunisti che iniziò ad arrivare anche in provincia ma nonostante ciò riuscimmo a tenere un organizzazione che spesso fu motore e pungolo anche verso il partito in alcune battaglie come l’occupazione della biblioteca comunale, i cui lavori di costruzione erano fermi, o come nella campagna referendaria sull’aborto dell’81 . Due battaglie che ricordo con affetto in quanto furono le prime con cui mi cimentai appena eletto segretario del circolo contestualmente all’elezione a segretario del Pci di Afragola di Augusto Bassolino.
Ma gli inizi degli anni 80 ad Afragola furono caratterizzati, ancor più degli anni precedenti e ancor più nelle altre realtà della provincia, dal dominio opprimente della camorra che guardava alle risorse post terremoto e con l’ascesa del clan Moccia che si stava affermando come una delle più potenti cosche della galassia camorristica che emergeva in quegli anni con il suo predominio in tutta l’area nord di Napoli.
Tra Ottobre e Novembre dell’82 ci fu ad Acerra la prima assembla degli studenti presso la sala della Diocesi alla presenza di Don Riboldi e agli inizi di Novembre dell’82 la prima manifestazione ad Ottaviano.
Furono i primi segnali di risveglio dalla cappa opprimente del potere camorristico grazie ad un nuovo protagonismo grazie alla scesa in campo di settori della chiesa e ad una lungimirante direzione politica del Pci regionale che con il suo segretario, Antonio Bassolino, intuì che quella era una frontiera di battaglia non solo politica ma culturale, civile ed economica e che andava colta e rilanciata.
Si consideri che in quegli anni la parola camorra era un tabù e vigeva un clima omertoso e di complicità non tanto silente.
Sulla scia di quei segnali iniziammo a produrre iniziative nelle scuole non solo ad Afragola ma in tutta l’area dell’Afragolese-Frattese, dove nel frattempo ero diventato segretario di zona con Giovanni Brino che mi successe come segretario del circolo di Afragola.
Riuscimmo in poche settimane ad avere presenze in tutte le scuole superiori, dal commerciale Minzoni, al liceo Brunelleschi, all’istituto per geometri Della Porta anche con un protagonismo di diversi docenti a partire dal compagno Vittorio Mazzone.
La sezione di via Roma iniziò a diventare un crocevia di tanti giovani studenti che si riunivano tutte le sera dando vita al Coordinamento studentesco entroterra napoletano nel mentre Afragola e i comuni limitrofi erano assorti alle cronache quotidiane per la guerra tra i clan per il predominio dell’area fino ad essere individuati e nominati come i comuni del triangolo della morte.
Contattammo Don Riboldi che ci ricevette in Diocesi e gli proponemmo di tenere, proprio nei comuni del triangolo della morte, una marcia da Afragola a Casoria passando dal triangolo della morte al triangola della vita.
E così lanciammo un appello per una grande mobilitazione, al pari di altre città che si erano mobilitate e che avevano visto un ampia partecipazione di giovani come Pomigliano, Torre del Greco, Castellammare dove però c’era un’antica tradizione democratica e un movimento operaio e sindacale organizzato a differenza dell’area nord di Napoli dove forte era il predominio, culturale, politico ed economico del sistema di potere della Democrazia Cristiana.
Confidavamo in una buona mobilitazione ma mai immaginavamo quello che poi sarebbe successo il 10 dicembre dell’82.
Avevamo preso in affitto il Cinema a Casoria per la conclusione della marcia alla manifestazione, oltre a Don Riboldi, invitammo la Segreteria Nazionale della Cgil che inviò il segretario Confederale Sergio Garavini, anni dopo primo Segretario Nazionale di Rifondazione Comunista.
Alle 8 del mattino la pineta comunale, luogo del concentramento, era già stracolma e capimmo subito che per la storia sociale di quelle realtà sarebbe stata una giornata storica.
Ricordo che appena iniziammo a capire le dimensioni della manifestazione vidi arrivare Giovanni Brino e ci abbracciammo emozionati dicendoci “ce l’abbiamo fatta” e ancora non avevamo iniziato.
Alla partenza ci fu un po’ di trambusto perché alla testa del corteo si presentarono i vari notabili democristiani tra consiglieri comunali, sindaci ed assessori e pretendemmo che non dovevano stare alla testa e in questo, in modo gentile, diplomatico ma fermo, ci aiutò Monsignor Riboldi che disse a tutti “oggi è la loro giornata” mi preso sotto il braccio, credo anche per calmare la mia concitazione, e mi disse “ tu stai qui con noi alla testa del corteo”.
Fu un serpentone umano che non riuscimmo a quantificare ma credo composto da non meno di 15-20.000 persone in prevalenza giovani e come prevedibile il comizio finale non si poteva tenere al cinema e così durante il tragitto chiedemmo di utilizzare il balcone del Comune di Casoria che si affacciava sulla piazza.
All’arrivo in piazza a Casoria trovammo tutto il notabilato democristiano, con l’On. Giovanni Tremante ras indiscusso della DC Afragolese, già posizionato sul balcone e iniziammo una lunga trattativa nelle stanze del Comune per farli scendere nel mentre tutta la piazza urlava “fuori fuori”.
Dovettero cedere e concludemmo la manifestazioni tra abbracci e commozione di tanti giovani del coordinamento e di tanti compagni che mai avevano visto una mobilitazione così forte, con un giovane Claudio Velardi, allora segretario di zona del Pci, che mi venne incontro emozionato mi abbracciò e mi disse “oggi siete stati dei veri leader”.
In pochi mesi il circolo di Afragola arrivò ad oltre 150 iscritti e nell’ area Afragolese-Frattese la Fgci arrivò a oltre 1500 iscritti.
Grazie a quel movimento, che presto si sviluppò in tutta l’area napoletana e più complessivamente nel mezzogiorno, la parola camorra non fu più un tabù e rimane il primo atto di una presa di coscienza collettiva e di liberazione della cappa omertosa che aleggiava su questi temi anche se la camorra ha continuato, anche in quegli anni di mobilitazione, il suo potere di permeabilità.
Continuo a pensare che senza quel movimento non ci sarebbe potuto essere un percorso di costruzione di una cultura per e della legalità che vede, ancora oggi, impegnati tante scuole, docenti, associazioni come Libera, fondazioni e un tessuto associativo sui temi della legalità e della lotta alla criminalità e non ci sarebbe potuto essere, per esempio, un fenomeno editoriale come Gomorra di Saviano.
Da quella esperienza una nuova generazione si avvicinò alla politica e all’impegno civile e ancora oggi tanti di quei ragazzi sono stati e sono in vari forme impegnati nel tessuto civile, democratico e politico.
Peppe Napolitano
E COSI’ NE PARLO’ IL GIORNO DOPO NORA PUNTILLO SU PAESE SERA
Bei ricordi,caro Peppe che possono aiutarci nel continuare a impegnarci per la emancipazione dei lavoratori e i diritti dei cittadini.Utopia per la quale bisogna continuare a lottare.
Mi è piaciuto molto il racconto raggionato di Peppe Napolitano. Ho rivisto tanti compagni e tante storie che ho incrociato. Io abitavo a Casoria ( dal 70 al 78) ed era stato iscritto per un breve tempo alla FGCI di Casoria, per poi orientarmi verso DP. In ogni caso, le vicende dell’articolo sono le nostre. I volti, i nomi e i luoghi sono quelli dei nostri compagni.
Bravo Peppe. Sono d’accordo con te, senza quel movimento il nostro paese sarebbe comunque peggio di come è oggi. Anche se l’oggi non è come lo immaginavamo. Per questo abbiamo fatto bene ad esserci ed è giusto continuare ad esserci, sia pure in forme e ambiti nuovi e diversi. Approfitto per un grande abbraccio a te e a tutti i compagni e le compagne della FGCI che ho incontrato nel mio percorso.
Un appassionato ricordo di un periodo (inizio anni 80)
nel quale i giovani del sud incominciarono a prendere
coscienza che la lotta ai poteri criminali era fondamentale per il loro futuro.
Enzo Castaldo