Si è svolto ieri a Montella nell’ambito della rassegna Convivio al Monte, nella suggestiva cornice del Chiostro di Santa Maria della Neve, l’incontro per ricordare Mario Salzarulo, sociologo, Direttore di GAL, tra i più impegnati per realizzare idee e progetti di sviluppo dell’Alta Irpinia fondati sulla sostenibilità ambientale, sulla valorizzazione di storie e culture del territorio, aperti a processi innovativi, capaci di fare comunità.

Di seguito l’intervento tenuto da Gianfranco Nappi.

Non è semplice un discorso sul grano oggi. Né sull’Appennino.

Intanto, di che tipo di discorso stiamo parlando?

Un discorso di storia e di memoria? Certo. L’Appennino è lo spazio in cui ogni metro quadro alla coltivazione il contadino ha dovuto strapparlo al bosco, alle pietre, alle pendenze a costo di dura fatica, in secoli lontani perfino di vera e propria servitù. E i cereali sono coltivazione propria di un terreno e di un clima non generosi a differenza della pianura degli ortaggi e frutti ricchi.

E così, non c’è area o valle che qui in Campania non sia segnata da cereali e grano, dai loro rituali e valori simbolici, dalla macina ,dal forno e dal pane. E l’Irpinia alta è Madre in questo.  

Ma anche un discorso scambi, di attraversamenti, di rotte, di terra e di mare facciamo. Perché questi cereali, questo grano viaggiano in lungo e in largo. Diventano oggetto di politiche commerciali, di politica estera: a te, amico mio, si; a te che sei mio nemico il mio grano non arriverà. Una storia antica in cui già i Romani si sono esercitati. E poi gli Arabi. E poi Ruggero e Federico II, e gli Aragonesi…il Mediterraneo, forse sapete che ho provato di recente a raccontarla questa storia in un libro.

E come non citare quella vera e propria rotta di terra che collega Est e Ovest dell’Appennino, e che ha condotto a Gragnano, a Torre Annunziata, a Napoli con i loro mulini per le semole per la pasta. Rotta in cui i Vesuviani si specializzarono nel trasporto con i Vatecari, e forse non è un caso che l’area vesuviana sia ancora oggi ricca di attività logistiche con i voraci TIR che attraversano l’Europa,sviluppo malato che si sta mangiando il clima.

E come fai oggi, appunto, a dire grano e a non andare direttamente alla guerra, alla proditoria invasione russa dell’Ucraina, al blocco del grano nei porti del Mar Nero che finito il vecchio accordo, riprende.

Non facciamoci infinocchiare. Così come del grano esportato con l’accordo dello scorso anno, solo il 3 % è arrivato ai paesi poveri che più ne avevano bisogno, così oggi, il blocco è solo l’alibi per gli speculatori che approfittano come sciacalli della guerra. Nel mondo si producono ogni anno 2.300 milioni di tonnellate di cereali. Di queste, sono grano circa 800 milioni di tonnellate. L’Ucraina rappresenta su questo totale, 80 milioni di tonnellate di cereali e non più di 60 di grano. La ragione quindi di nuove impennate di prezzi stanno nella speculazione dei 4 commercializzatori  globali di cereali (  che terranno di nuovo pieni i loro depositi per far aumentare i prezzi:  Archer Daniels Midland, Bunge, Cargill e Louis Dreyfus ); e nella speculazione finanziaria dei Fondi di investimento che con i futures scommettono in borsa su cereali e cibo con un giro di affari che è di decine di volte superiore a quello degli scambi reali di cereali.

E allora, parlando di grano parliamo di futuro. E questo Mario l’aveva capito molto bene.

Perché c’è un modello di agricoltura che, per quanto sbandierato, finanziato, sostenuto ha raggiunto il limite del suo sviluppo: quello dell’agricoltura e dell’allevamento intensivi, delle aziende più grandi, della fabbrica globale del cibo, a cui va ancora però il grosso delle risorse comunitarie e il grosso dell’attenzione delle politiche.

Insostenibile modello, perché è responsabile per almeno il 30% delle emissioni climalteranti e di quei cambiamenti climatici che, rapidamente, stanno impennando quanto ad effetti e conseguenze negative proprio per l’agricoltura in primo luogo. Troppa chimica di sintesi, troppi pesticidi, troppi fertilizzanti artificiali. Troppi antibiotici e promotori della crescita per gli animali.

Insostenibile perché integra la produzione agricola in filiere globali nelle quali lo spazio per chi produce, per l’impresa contadina, per la piccola proprietà, e perfino per le aziende un po’ più grandi è schiacciato e nelle quali il grosso del valore aggiunto se ne va per i player globali e per la  GDO.

Insostenibile perché, nata l’agricoltura industriale nel nome del bisogno di produrre cibo per sfamare il mondo, vede oggi un mondo in cui 1 miliardo di persone non ha cibo a sufficienza o  muore di fame e in cui 1 altro miliardo sta male perché mangia troppo e male, con il regalo indotto dal cibo di quel modello, di malattie croniche come ipertensioni, cardiovascolari, diabete, obesità…E in cui il 30% di quel che si produce, viene buttato. Quindi l’agricoltura intensiva non sfama il mondo e l’ammala, questa è la verità!

E invece, è proprio l’idea e la pratica di agricoltura per cui Mario si è battuto, e per cui tanti altri si battono, a rappresentare il futuro necessario e possibile. Lo dice perfino la FAO : la chiama agroecologia la via per sfamare il mondo in amicizia con la natura, con la salute, la cultura.

Produrre in sintonia con la natura; non tornando al passato ma utilizzando ricerca e innovazione per produzioni sostenibili. Remunerare il lavoro della terra; restituirgli la dignità negata; puntare sulla biodiversità contro le monocolture : se hai molte varietà in campo, se una di esse va male, le altre compensano. Se ne hai una sola, se va male hai perso tutto.

Ed è in questa ottica che l’Appennino da osso mi diventa polpa: come riserva di biodiversità, di produzioni di qualità vera, di accumulo di storie e culture a cui attingere per progettare un futuro migliore, per fare comunità contro la dispersione, l’abbandono.

A questo ha lavorato Mario. Io l’ho conosciuto così. E con quella curiosità intellettuale che lo portava a dare pieno valore all’atto culturale. C’è cultura in tutta questa storia. E questa storia per proiettarsi nel futuro ha bisogno di cultura. E da qui nacque il suo sostegno e del Parco Letterario al progetto di nuova edizione di quel capolavoro assoluto che è I Napoletani da Mangiafoglie a Mangiamaccheroni di Emilio Sereni.

Con l’esperienza del Latte Nobile, che proprio con Mario ha avuto qui una delle sue prime esperienze.

Con quella filiera del Senatore Cappelli sostenuta dal GAL che dal grano produsse pasta. Che conquista. E però quella stessa esperienza ci ha detto anche quanto queste conquiste siano fragili, deboli, richiedano di essere sostenute.

E qui viene un’altra cosa che Mario aveva compreso e che da lui ho imparato –  e le sue esperienze, diciamocelo, non sono state tutte rose e fiori, non sempre ha trovato le porte aperte, in alcuni casi le ha dovute sfondare, in altri sono rimaste chiuse… : questa scelta, per essere vera deve diventare centrale nelle politiche a tutti i livelli, assumere priorità rispetto all’agricoltura intensiva. Non puoi cantare le lodi della qualità e dell’eccellenza e poi continuare ad assicurare il grosso delle risorse a quell’altra agricoltura. Le due cose non possono stare più insieme.

E allora, tutto il PSR, tutta la politica regionale deve essere a questo orientata. Serve una eccezionale attività di supporto tecnico, agronomico, di innovazione, di marketing all’agricoltura contadina.

Serve una politica che orienti servizi, cura del territorio, qui, verso l’Appennino. Qui, dove, tra Irpinia e Sannio si produce quasi tutta l’energia eolica con invece la ricchezza prodotta da questo territorio  che Franco Arminio, altro amico di Mario, chiama Fabbriche del Vento, che trasmigra verso altri lidi e lascia alle comunità locali solo strade dissestate, scuole e ospedali che si chiudono e mance: questo schema va esattamente capovolto.

E’ su questi temi che insieme a tante realtà associative, a Università…abbiamo avviato un percorso per giungere ad una nuova legge in Campania per la lotta ai cambiamenti climatici che fermi il consumo di suolo, che acceleri sulle fonti rinnovabili nella logica che vi ho detto e che metta per davvero l’Appennino al centro di una nova strategia di politica agroalimentare. Chiedo anche a voi, se vi andrà, di costituire uno dei Laboratori Partecipati di Scrittura della legge che da settembre avvieremo per lanciare poi da fine ottobre la campagna di raccolta delle firme per l’iniziativa popolare. Per dare voce alla parte migliore della Campania e all’Appennino. Per continuare nel solco di impegno che Mario ci ha lasciato e su cui sentiamo di dover continuare a lavorare. Grazie.

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