Ivan Baidak, (In)visibili, Les Flâneurs Edizioni, Bari 2023, pp. 102, € 13,00
“Ognuno di noi sta combattendo la propria battaglia” leggiamo a un certo punto questa frase, pronunciata da uno dei personaggi, Adam, che ha la stessa disabilità dell’autore, Ivan Baidak (classe 1990), molto noto nel suo Paese, dove (In)visibili, uscito nel 2020, è stato riconosciuto come migliore libro dell’anno da PEN Ucraina. Questo romanzo sociale è stato tradotto anche fuori dall’Ucraina, e in Italia nel 2023 da Les Flâneurs Edizioni di Bari (e all’estero ha viaggiato molto anche lo scrittore). La disabilità di Ivan Baidak, e di Adam (che non è una semplice proiezione dell’autore), è la sindrome di Tourette, che comporta incapacità di controllo del proprio corpo, a partire dalle contrazioni involontarie del volto. Nell’intervista rilasciata sul sito della casa editrice l’autore precisa: “Questo è un romanzo per le persone con difficoltà, o con qualche particolarità, ma è anche un romanzo per ognuno di noi, un libro sulle nostre battaglie contro noi stessi, sulle ragioni per cui abbiamo difficoltà ad accettarci per ciò che siamo…”. I protagonisti hanno infatti problemi fisici che diventano inevitabilmente esistenziali, e in questo senso il libro riguarda tutti, tanto che Baidak vorrebbe che venisse letto nelle scuole. Riguarda tutti, dicevamo, ed è infatti corale, con quattro voci (cinque con quella dell’autore) che si alternano, parlando in prima persona e dando con il proprio nome il titolo al capitolo stesso: Adam (che fa da collante tra le diverse storie), Eva, che soffre di una vitiligine che cosparge di chiazze bianche volto e corpo (tanto che a un certo punto posa nuda per foto artistiche esibendo così quello che non dovrebbe essere un problema né per sé né per gli altri), Marta che ha un’alopecia che maschera con estrosi foulard o parrucche e Anna che ha un emangioma sul volto che non può nascondere e nemmeno eliminare con un intervento chirurgico.
I personaggi reali hanno collaborato con l’autore che ammette che non dovrebbe comparire solo il suo nome in copertina. E sono questi dunque gli (in)visibili: allo stesso tempo fin troppo visibili perché gli altri non riescono a fare a meno di notare le loro caratteristiche e anche a sottolinearle con cattiveria; e invisibili perché vorrebbero rendersi tali agli occhi altrui. Ma, più nel profondo, invisibili perché il loro essere vero scompare dietro il proprio “difetto”.
Il primo degli invisibili è appunto l’autore stesso che nel prologo si presenta: “Ciao. Sono Ivan. Sono uno scrittore. Amo aiutare le persone e odio la discriminazione. Ho iniziato a scrivere questo romanzo quando avevo 29 anni. Ho la sindrome di Tourette. […] Questo libro, però, non è un memoir dolente. Né è un coming out audace. È un patto con il mio vissuto. È un invito a non rinunciare a sé stessi. È una richiesta di accettazione degli altri”. E così l’autore, tornando alla fine a parlare in prima persona (in questa struttura circolare), precisa: “Conosco personalmente ognuno dei personaggi. Sono persone vere. Ho scritto questo libro non per me stesso, ma per coloro che hanno bisogno di un’ancora di salvataggio perché hanno perso la loro positività. Questo romanzo è frutto di verità almeno quanto lo è della mia immaginazione”. La necessità della testimonianza – diretta e indiretta – non è dunque a scapito del lavoro letterario. Un lavoro letterario che è, in questo libro, un’opera di montaggio nel quale, come detto, le voci si alternano e le stesse persone/personaggi riprendono più volte la parola per cui ciascuna storia non è presentata una volta per tutte, ma il lettore è spinto a inseguire e rimontare i diversi resoconti scoprendo gradualmente le vite, e i pensieri, dei vari “attori” (attori nel senso di coloro che agiscono sulle pagine che si vanno leggendo).
Ciascuno dei personaggi fa un percorso di autocoscienza, a partire dagli incontri in un gruppo di supporto e sotto la guida di uno psicoterapeuta che consiglia: “Ecco perché dovreste parlare della vostra sfida alle persone con cui lavorate, e dovreste cercare di socializzare, di costruire una relazione. Vi metterà a vostro agio, entrambe le parti, perché anche l’altro, credetemi, si sente a disagio, perché non sa se il suo comportamento vi ferisce”. È Adam a riportare il consiglio del terapeuta e in una pagina precedente, in questa sua prima comparsa in scena, aveva osservato: “La diversità è dentro di noi, è in quello a cui pensiamo, in ciò che consideriamo importante, nel modo in cui trattiamo le persone che ci circondano”. Eva, che ha un tentato suicidio alle spalle, a proposito del suo problema, dice: “La vitiligine è diventata me, quindi io ero il mio nemico numero uno”; però poi considera: “Ho imparato a convivere con la mia malattia, con successo variabile”. Marta ha visto sconvolti i suoi piani di diventare attrice o conduttrice del telegiornale per colpa dell’alopecia, ma si è inventata un suo nuovo stile indossando foulard e cappelli, benché la cosa diventi imbarazzante d’estate. Così come per tutti era imbarazzante avere addosso gli sguardi non sempre benevoli degli altri. Anche Anna arriva ad una nuova consapevolezza: “C’era il mio problema. C’era il mondo. C’ero io. E noi tre dovevamo coesistere. Lo stato di negazione lasciò gradualmente il posto a uno stato di comprensione, un sistema per accettare me stessa e la mia nuova realtà”.
Dunque a tutti s’impone la necessità di rimodellare la propria identità e fare delle debolezze un punto di forza. La lotta con il proprio corpo è una lotta nella propria mente. Non è un caso che questo percorso venga compiuto attraverso il racconto della propria vita che ciascuno fa negli incontri con lo psicoterapeuta. Discorso che continua in queste pagine. La terapia psicologica non è solo scavo psicoanalitico all’interno di sé stessi, ma come aveva intuito lo psicologo statunitense Jerome Bruner “il pensiero narrativo” permette di sostituire a una narrazione malata di sé una narrazione sana e anche di rinegoziare dialetticamente i rapporti con gli altri. È quanto questo libro di Ivan Baidak, questa “fabbrica delle storie” (per citare un titolo famoso dello stesso Bruner), dimostra. Nel cammino che da invisibili rende finalmente visibili. Agli altri, ma soprattutto a sé stessi.
Enzo Rega