Ringraziamo Ugo Leone per averci inviato questa sua riflessione, pubblicata mercoledì 28 giugno su Repubblica Napoli, che fa riferimento al percorso di confronto e di elaborazione che abbiamo avviato sui temi della lotta ai cambiamenti climatici in Campania e a cui sta peraltro dando un contributo importante. Lo ringraziamo anche per avere così contribuito a porre i temi di questo percorso all’attenzione di un pubblico più ampio.

“Il salto necessario per le fonti rinnovabili in Campania” è stato il tema dell’incontro organizzato da Infiniti Mondi, il bel bimestrale di Gianfranco Nappi. Ne hanno discusso Anna Savarese (“La Campania, il Pnrr Energia, gli obiettivi 2030”); Lucio Ferella (“Per una nuova sovranità delle comunità e un patto con la metropoli”); Agostino Cappuccio (“Geotermia, perché no?”); Bruno Miccio (“L’acqua, davvero bene comune in Campania?”).
Sono tematiche importanti. Tanto più nella vicinissima scadenza delle date in cui si comincerà a misurare il rispetto degli impegni assunti a Parigi a dicembre del 2015.
Ed è importante farlo a livello locale. Anche in una regione come la Campania che è un piccolo quartiere del “villaggio globale Terra”, perché è sempre utilmente vivo lo slogan secondo il quale bisogna pensare globalmente e agire localmente. Ma non è facile. Ha scritto Joseph Stiglitz (“Un piccolo passo per l’ambiente” su Internazionale 1515, 9 giugno 2023) che “anche se gli Stati Uniti e l’Europa riuscissero a raggiungere l’obiettivo delle emissioni zero entro il 2050, non servirebbe a risolvere la crisi climatica”.

Purtroppo si tratta di una realistica previsione. Peraltro basata sull’approccio ottimistico dell’azzeramento delle emissioni nei prossimi 27 anni. Sarà molto difficile centrare questo obiettivo in così poco tempo, ma a prescindere dalla previsione di Stiglitz, è obbligatorio impegnarsi: tutti, dovunque, a tutte le scale, dal locale al globale.
Sapendo che intanto sarà possibile l’azzeramento se si intraprenderà rigidamente e rigorosamente la strada del No alle energie fossili e del Sì a quelle rinnovabili. Il che al momento è solo uno slogan e, per evitare che siano solo chiacchiere, bisogna anche chiedersi e rispondere a chi ce lo chiede “ma come si fa? come si fa a fare tutto quello che sino a ora si è fatto con i fossili?”. Ovvero: che cosa?
Sono domande e risposte che obbligano a riflessioni da fare in modo preciso e coinvolgente perché chi pone la domanda deve trovare risposte convincenti. Che, magari, invitino anche al sacrificio sapendo che se sacrificio è, sarà tale per evitare che in modo molto più serio, grave e irreversibile tocchi a chi verrà dopo di noi: non ai nostri figli di oggi ma ai nipoti e pronipoti.
Noi siamo un popolo di consumatori; di persone cioè, che quotidianamente per sopravvivere, per vivere, per costruire le basi del futuro, consumano cercando e dando risposte alle domande di acqua, cibo, dimore, abbigliamento, mobilità, tempo libero… Questi sono i consumi più o meno irrinunciabili a seconda dei luoghi e dei modi di vita sulla Terra. Allora la domanda diventa: quali soddisfacimenti sono rinunciabili e a quale costo? Per rispondere occorre vedere in una scala di priorità per quali consumi e per quali produzioni disponiamo di reali, parziali o nulle alternative all’uso di combustibili fossili. Immaginiamo, per un Paese come l’Italia, di disporre annualmente di una quantità di fonti di energia pari a cento milioni di tonnellate di equivalente petrolio che utilizziamo secondo questa percentuale: 10 per cento per agricoltura e allevamento; 30 per cento per gli usi domestici; 30 per cento per i trasporti; 30 per cento per le produzioni industriali.


La domanda diventa: in quali settori esistono già da subito fonti alternative in grado di sostituire i combustibili fossili? In quali altre è più realistico discutere di fonti momentaneamente integrative? In quali altre non si dispone nel breve/medio periodo di alternative? Realisticamente credo si possa dire che mentre esistono alternative certe per agricoltura e consumi domestici e l’industria diventa sempre meno energivora, i trasporti per mare, per cielo e per terra restano ancora fossil-dipendenti.
Ma i risparmi ottenuti negli altri settori mettono a loro disposizione un “tesoretto” che gli consenta di mettere a frutto il tempo necessario perché i risultati della ricerca scientifica consentano di realizzare tecnologie nuove capaci di farci muovere senza impattare negativamente sull’ambiente di vita.
E di farlo senza incidere di un grammo rispetto agli attuali 30 milioni di tonnellate consumate dai trasporti. “Il salto necessario per le fonti rinnovabili in Campania” è evidente. Il tutto senza sacrifici personali e globali. Se poi li volessimo fare allora il discorso cambierebbe. Ma non vogliamo.


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1 commento

  1. Temo che, purtroppo, anche in questa materia si debbano “snidare” interessi particolari che ostacolano anche il ricorso a fonti alternative, ad esempio, nelle gestioni condominiali. Il ricorso al “cappotto” reso obbligatorio nel caso di rifacimenti di intonaco oltre il 10 % della superficie totale di esso al fine di ottenere il “bonus” energetico, è certamente un ostacolo rispetto alla installazione, ad es. sui cornicioni degli edifici, di celle fotovoltaiche per l’alimentazione degli impianti di ascensori e di illuminazione scale condominiali.

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