Ve lo ricordate il gioco della spazzola? O la variante con la sedia. Il senso del gioco era, comunque, quello di un’interruzione dell’attività che alterava la situazione data. All’improvviso, la musica taceva e qualcuno restava con la spazzola in mano, escluso/a dalle coppie danzanti. O restava senza sedia, senza più il suo posto, escluso/a.
A me torna in mente nel tempo interrotto che viviamo. Quando sono arrivate le misure restrittive, facevamo cose, altre ne progettavamo, eravamo nei nostri luoghi abituali o ne raggiungevamo altri per vari motivi. Mio fratello e sua moglie erano partiti per la Maddalena, dove, da Pasqua e per la stagione estiva, avrebbero lavorato in un villaggio turistico. Erano andati per qualche giorno, solo per firmare i contratti e cominciare a trasferire lì qualcosa, il motorino tra queste. Sono partiti con nella borsa da viaggio il cambio per pochi giorni. Sono rimasti in Sardegna, con pochi abiti, che saranno presto troppo pesanti, e senza prospettive di lavoro, almeno a medio termine. Sono rimasti con la spazzola in mano.
Mi chiedo spesso cosa accadrà quando la musica riprenderà. Come accadrà? Certo non potrà essere come il giorno della fine della guerra – similitudine abusata nel lessico della crisi –, un giorno in cui le strade si riempiono di persone che si abbracciano e ridono e cantano per la fine di un incubo. Immagino, invece, una ripresa della musica in sordina, prudente, a un ritmo lento, guardingo. Dovremo reimparare lo stare insieme. Un ri-apprendistato alla socialità.
Per quel tempo, propongo di assumere come modello la parabola di Schopenhauer:
“Alcuni porcospini, in una fredda giornata d’inverno, si strinsero vicini, vicini, per proteggersi, col calore reciproco, dal rimanere assiderati. Ben presto, però, sentirono le spine reciproche; il dolore li costrinse ad allontanarsi di nuovo l’uno dall’altro. Quando poi il bisogno di riscaldarsi li portò nuovamente a stare insieme, si ripeté quell’altro malanno; di modo che venivano sballottati avanti e indietro fra due mali. Finché non ebbero trovato una moderata distanza reciproca che rappresentava per loro la migliore posizione.”
Così il bisogno di società, che scaturisce dal vuoto e dalla monotonia della propria interiorità, spinge gli uomini l’uno verso l’altro; le loro molteplici repellenti qualità e i loro difetti insopportabili, però, li respingono di nuovo l’uno lontano dall’altro. La distanza media, che essi riescono finalmente a trovare e grazie alla quale è possibile una coesistenza, si trova nella cortesia e nelle buone maniere.
Iaia De Marco
Dottore di ricerca in Letterature romanze comparate , attualmente insegna Letteratura portoghese all’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli. Autrice di Saggi e Ricerche. Ha tradotto diversi Romanzi e Opere dal Portoghese.