Su possibile diffusione ed uso della carne sintetica si è aperto un ampio dibattito a valle della iniziativa del Governo che, come è chiaro, ha solo un valore politico e di annuncio e nessun effetto concreto: si riferisce peraltro ad un contenuto sul quale non vi è alcuna autorizzazione conclusa degli organismi sanitari, né negli Usa né in Europa.
Possiamo ben dire quindi: propaganda per strizzare l’occhio a settori del mondo agricolo italiano e per alimentare nuove spinte autarchiche…
La questione però ha tantissime implicazioni ed è importante che, al di là della strumentalità dell’uscita del Governo, si apra su di essa un largo, informato e partecipato confronto.
Non mi associo alle ragioni oppositive che si richiamano alla purezza nostrana violata e messa in discussione né alla tradizione che sarebbe travolta né al futuro di chi lavora oggi la terra…
Credo nell’importanza della ricerca, della scienza, dell’innovazione tecnologica, tanto più per l’agricoltura del futuro e per l’agricoltura della sostenibilità.
Quindi non sono mosso nella mia riflessione da una posizione scettica né tanto meno negativa nei confronti del progresso del sapere che rappresenta un’arma poderosa per assicurare all’umanità un futuro migliore.

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Se questo è vero, è anche vero che, dai Campi di Sterminio e dalla Bomba Nucleare in poi, fino alla guerra che recupera cittadinanza, ammesso che l’abbia mai persa, abbiamo visto che nel cuore stesso di quella che si considera come la più importante culla di civiltà e madre di una visione della modernità come progresso lineare e obbligato verso nuove e magnifiche progressive sorti, si siano scatenate concezioni e pratiche della tecnica e della modernità che si sono rivelate come regressione paurosa della condizione umana, come manifestazione di un male assoluto e sempre replicabile.
Quindi non solo scienza e tecnica ma anche capacità critica, capacità dell’umano di governare i suoi avanzamenti, di rimanerne sovrano.
E poiché siamo in un tempo in cui, per ammissione generale e per condizione reale, la intensità, la pervasività e la velocità dell’innovazione tecnologica sta subendo un’impennata verticale, ancor di più è fondamentale che si attrezzi un pensiero critico.
E vale fino in fondo una delle ultime lezioni che Enrico Berlinguer ci ha lasciati: il progresso della scienza e della tecnica può effettivamente aprire l’umanità a nuove condizioni di libertà e liberazione. Ma se questi processi non sono socialmente orientati e finalizzati, dal loro sviluppo possono sprigionarsi anche nuovi e inediti livelli di oppressione e di dominio dell’uomo sull’uomo.

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Il caso della carne sintetica, verso dove ci porta?
Ci conduce verso una prospettiva di umanità libera dal bisogno – e quale bisogno più grande vi è rispetto a quello della fame ? – , di soluzione della questione climatica e, in aggiunta, di nuovo rispetto verso gli animali sottratti per questa via – è uno degli argomenti più usati – alla vergogna degli allevamenti intensivi?
Gli allevamenti intensivi sono una vergogna non solo per le ragioni animaliste, che meritano tutto il rispetto possibile, ma anche perché il loro frutto, una carne drogata in dosi senza precedenti da chimica e inutile sofferenza animale, è diventato, nei fatti, nocivo anche per chi l’assume.
Allora, la carne sintetica come alternativa agli allevamenti intensivi.
Ma perché, senza carne sintetica l’allevamento intensivo, come l’agricoltura intensiva, sono obbligati e giustificati oggi?
E certo, si dice: come altrimenti assicurare l’alimentazione a oltre 8 miliardi di persone?
Sfamare il mondo diventa la giustificazione per un sistema di produzione intensiva di cibo ad alto sfruttamento di ambiente.
E’ questa una falsità ideologica, qui è proprio il caso di dirlo, che, in virtù della potenza che la sostiene, è diventata verità.
Se così fosse infatti non dovremmo avere quella assurda realtà di oggi di 80 miliardi, sottolineo 80 miliardi di animali allevati in cattività: una cifra enorme e spropositata rispetto ad ogni bisogno umano; non dovremmo avere il 40% del cibo che l’Occidente lascia deperire in sovrappiù di spazzatura; non dovremmo averne produzione per oltre 12 miliardi di persone e, soprattutto, non dovremmo avere, di nuovo circa 1 miliardo di persone che soffrono la fame.
E con la falsa ideologia si tende a coprire il dato che è oggi, non ieri, che l’agricoltura contadina sfama oltre la metà dell’umanità ( ed anche con livelli di produttività che quella intensiva intasata di pesticidi e ammendanti sintetici deve dimenticarsi ), e che l’agroecologia, per la FAO addirittura non per un ambientalista fondamentalista, rappresenta il futuro possibile di un sistema di produzione di cibo in armonia con la natura, ricettivo verso innovazioni tecnologiche aperte e partecipate, capace di soddisfare il bisogno dell’uomo di alimentarsi ma anche di non dimenticare che il cibo è cultura.

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Quindi, quell’agricoltura intensiva che pure era nata per assicurare più cibo a più persone, nell’accelerazione neocapitalistica degli ultimi trenta anni è diventata un’altra cosa e quella pur vecchia giustificazione originaria, volendogliela riconoscere, non ha alcun fondamento nella realtà.
La produzione intensiva di cibo, realizzata attraverso la fattoria globale con una concentrazione e una dimensione aziendali più ‘pesanti’ di tanti Stati, è diventata tutt’uno con la spasmodica ricerca di un capitale senza freni e senza vincoli, di massimizzare se’ stesso, la propria forza, il proprio potere.


Non il bisogno di sfamare il mondo ma, invece, il bisogno di portare ad un più alto e profondo livello il processo di sussunzione della vita nella logica di sfruttamento è quello che muove la dinamica attuale.
L’idea quindi che con una bacchetta magica, la carne sintetica, si possa risolvere la contraddizione lasciando inalterati i rapporti di produzione e di potere in base ai quali la società oggi si organizza è più che colpevole: è stupido.
Si può far finta di non vedere questo dato fondamentale, ma esso agisce nella realtà.
Nella carne sintetica c’è quindi tutta quanta l’idea che i problemi del mondo non nascano da insopportabili livelli di ingiustizia sociale e ambientale – dato che anzi va sempre di più occultato – ma che essi possano vedere la soluzione attraverso il primato della tecnica, che fa tutt’uno con il primato dell’economico.
Peccato che, in questa progressione di techne e economicus proprio le diseguaglianze stiano crescendo unitamente a livelli sempre più grandi di sfruttamento umano.
Quindi, a mio modo di vedere questo rimane il nodo di fondo da porre a tema proprio per immaginare un mondo con un futuro e anche migliore.
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Se dal cibo sintetico allarghiamo per un momento lo sguardo agli altri piani che sembrano delinearsi dagli sviluppi attuali in tanti campi, si prospetta un umano sempre meno umano; sempre più standardizzato; magari sempre più alimentato artificialmente mentre la sua vita per un tempo sempre maggiore si sviluppa in un metaverso dove ogni conflitto e contraddizione sono fintamente espunti; tutti sempre più ingranaggi passivi di un sistema estrattivo che poco importa se, come visionariamente in Matrix, porterà ad alimentare, con la linfa umana ridotta in cattività, macchine divenute governanti o, più probabilmente, una supercasta globale per la quale l’umanità servilmente lavorerà mentre essa, la supercasta globale , schifando il cibo sintetico, solo per se’ terrà zeppole, panzarotti e ragù napoletano di eduardiana memoria.

Gianfranco Nappi

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