Siamo davvero contenti per la serata appena trascorsa al Circolo ILVA con il Film di Alessandro Scippa, prodotto da Antonella Di Nocera , con una amplissima partecipazione che ha riempito due sale di un Circolo che non rinuncia ad essere spazio attivo di promozione sociale e culturale e per la discussione che dopo la sua proiezione c’è stata tra alcuni dei protagonisti di quella stagione.

Il film è in primo luogo il racconto del rapporto tra figli e padri: figli di persone che hanno scelto nella propria vita l’impegno quasi totale per la società, la militanza politica, il Partito come seconda famiglia. Applicato ad una città, Napoli; ad un Partito, il PCI; in un tempo, quello delle giunte Valenzi a cavallo di anni ’70 e ’80. In primo luogo il regista, Alessandro Scippa, figlio di Antonio. Federico Geremicca figlio di Andrea. Ma anche Lucia e Marco Valenzi figli di Maurizio. E della stessa Antonella di Nocera con il papà operaio dell’ILVA. Il film ricostruisce momenti e tratti di questo rapporto con delicatezza, tenerezza quasi, anche con l’aiuto di Floriana Mazzucca, madre di Alessandro e moglie di Antonio.

E già in questa narrazione vi è un valore importante. Non solo affettivo. Vi è il sentire di uno spaccato di società che vedeva raccolto in quegli anni intorno a queste donne e uomini al centro del film un settore amplissimo di società napoletana, di sue ansie e speranze, di sua voglia di partecipare e di cambiare.

Ed è proprio in questo che il lavoro di Alessandro assume anche un valore più generale. Certo non lo si può caricare di attese storiografiche che andrebbero risolte in altra sede e magari per iniziativa degli stessi protagonisti di quelle stagioni…E però, se lo si vede libero da questa impossibile incombenza, ne esce un quadro che ha un valore più generale, oltre le vicende dei singoli, di racconto di quello che la politica e la sinistra sono stati in quegli anni. Intervenendo insieme agli autori, a Lucia Valenzi, Osvaldo Cammarota, Nora Puntillo, Berardo Impegno, Benito Visca, Antonio Bassolino, Eugenio Donise ha parlato di come in quella fase la politica e il PCI sapessero costruire speranza.

Questo è il tema che mi sembra questo lavoro ci consegna.

Anche la nostalgia, se si vuole, per quel che era quel tempo, pur difficile e aspro; per le sfide affrontate ma che per il fatto di essere vissute insieme come comunità incarnavano appunto una speranza. Ma soprattutto – acquisito che quel tempo non torna perchè tutto è cambiato rispetto ad allora – la sollecitazione che viene è, di fronte al deserto di idee, di passioni, di partecipazione, di comunità vuote che è diventata la politica oggi, specchio di una società frantumata, ma davvero non ci sono strade nuove possibili per ricostruire gli spazi, le forme, il tempo per una nuova speranza? E se la politica non è questo, a cosa essa si riduce? E questo nostro nostro tempo, così carico di paure per il futuro, ha il diritto, il bisogno di ritrovare una sua speranza. Eccolo il terreno di una ricerca che necessariamente deve riprendere.

E allora, la misura del rapporto con quel passato è esattamente questa ed è per questo che ha un grande valore lavorarci su in tutti i modi possibili – contro anche superficialità di giudizio e una certa sterile retorica nuovista che pure ieri è emersa ad esempio nel contributo di un protagonista di quel tempo come Berardo Impegno .

Se è stato possibile allora, perchè non potrebbe esserlo oggi, con forme e protagonisti affatto nuovi? L’ansia di libertà e di liberazione umana in ogni tempo possono e devono essere coltivate. Ed è lì la vera speranza per il futuro.

Gianfranco Nappi

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2 commenti

  1. Una bellissima serata non solo per l’importante film che evoca una stagione di vera rinascita per Napoli,ma anche per il dibattito conclusivo in cui emerge la volontà di dare una svolta decisiva per i destini della nostra città

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