Trovo molte assonanze con il discorso di Franco. Questo mi consente di enucleare alcuni nodi su cui sento il bisogno di un necessario approfondimento/chiarimento.
( Qui l’articolo di Franco Astengo : https://www.infinitimondi.eu/2023/03/24/blocchi-sovrapposti-e-socialismo-della-finitudine-una-interessante-riflessione-di-franco-astengo-sulle-urgenze-della-fase/ )
La guerra non può non essere assunta come centrale per un discorso sulla situazione presente. Ha ragione Astengo.
Ma è proprio sul nodo della guerra che l’allineamento neo atlantico italiano, con sfumature ed accenti diversi nei due campi a confronto, mette in crisi quell’accenno di contrapposizione frontale che sembra prendere corpo nella politica italiana con una radicalizzazione destra/sinistra.
Ed è sul nodo della guerra che si esprime la maggiore difficoltà della linea di Elly Schlein oggi: perché non c’è nella cultura politica che esprime neanche lontanamente l’idea che di fronte al risorgere di una contrapposizione globale si possa immaginare un ruolo dell’Europa come fattore di evoluzione multipolare dell’assetto del governo del mondo.
E’ l’irrigimentazione nella logica dei neoblocchi che toglie spazio e ruolo all’Europa, interdice la sua costituzione come soggetto globale.
Si profila un PD tutt’al più, a neoatlantismo mitigato dunque.
E rimane senza risposta il nodo di fondo: detto tutto quel che dobbiamo dire della scelleratezza e della assoluta ingiustificabilità della guerra in Ucraina e delle responsabilità persistenti della Russia, ma noi, Europa, Usa, Occidente, che idea proponiamo del mondo? Come immaginiamo il rapporto con oltre i due terzi della sua popolazione, tra Cina, Russia, India, Brasile e altri paesi passando per l’Africa? Come si può immaginare un suo governo, senza precipitare in una guerra globale se si prescinde dal ruolo e dal posto che questi due terzi hanno e rivendicano? E risulta evidente che se l’Europa ( ecco il suo bisogno insoddisfatto ), si mettesse su una linea del genere, senza allentare di un grammo vicinanza a Ucraina e pressione sulla Russia, tutto il quadro geopolitico globale assumerebbe un contorno diverso e si aprirebbero spazi e varchi che oggi sembrano impensabili.
Dovrebbe essere questa o no la funzione di una visione di sinistra?
Discorso non cambia sugli altri due nodi della crisi del mondo.
Cambiamenti climatici, ha ragione Astengo: il meglio del centro-sinistra si allinea su una posizione di stabilizzazione neocapitalistica immaginando che la ricerca della soluzione tecnologica possa farci uscire dalla contraddizione a rapporti di produzione invariati: l’impossibile quadratura del cerchio. E lo stesso dicasi sul tema della Pandemia, che non è altra cosa del discorso, dalla quale usciamo (?) con un sistema sanitario pubblico a pezzi nelle sue condizioni materiali e nelle filosofie prevalenti mentre con l’Autonomia differenziata se ne può immaginare una vera e propria eutanasia. C’è una radicalità di sostanza che possa definirsi tale senza che si con questi nodi?
Per me non cambia il discorso neanche sul tema della società digitale. Io penso che, come riprendevo ieri da Eugenio Mazzarella, dobbiamo tenere tecnica e digitale operabili da noi, dalla società. Ma per fare questo, per ottenere questo risultato deve agire un conflitto, come richiama insistentemente Michele Mezza. Un conflitto che punti a conquistare spazio allo strapotere algoritmico dietro cui si nasconde una ulteriore accelerazione del capitalismo della sorveglianza. Un conflitto che, solo apparentemente in modo paradossale, si potrebbe riaprire anche nel cuore dei processi lavorativi e sul terreno della rivendicazione di processi di formazione continua e per tutta la vita di cui tanto tempo fa parlava il Sindacato, allora, con Bruno Trentin.
E quindi giungo al punto di chiusura del discorso di Franco.
Se le cose sin qui dette hanno un fondamento, e, ripeto, sono cose che riprendono e specificano enucleazioni tutte presenti nella sua riflessione, c’è bisogno della ripresa di una prospettiva socialista ( ovvero possiamo dirla anche in altro modo purchè ci si intenda sulla sostanza: non un mero ritorno al passato. Il tempo del socialismo reale e quello della socialdemocrazia sono finiti, in modo diverso ma sono finiti. Giusta, assolutamente la considerazione di Astengo sul fatto che le ragioni dei 30 d’oro del secondo dopoguerra non sono riproponibili in alcun modo e non sarebbe neanche giusto peraltro visto che quel benessere si è fondato anche sulla compressione della domanda di futuro di popoli e paesi del terzo e quarto mondo in via di uscita allora dal colonialismo).
Quindi questo bisogno di messa in discussione radicale dei paradigmi fondanti del neocapitalismo contemporaneo ha bisogno di nutrirsi di un pensiero e di una strategia generali, di una pratica conflittuale che progressivamente restituisca protagonismo a nuove soggettività sociali e del mondo del lavoro.
Insomma, è di un orizzonte alternativo di paradigma che abbiamo bisogno : una nuova espansione della democrazia è solo al suo interno che può immaginarsi.
E tutto questo ha bisogno anche, quindi, di una organizzazione, di una direzione: di un basso e di un alto. E di un basso possa segnare di se’ il processo di costruzione di obiettivi e pratiche politiche ben oltre le logiche novecentesche: qui assolutamente si.
Questo è penso il terreno di ricerca. Difficilissimo. A esito non scontato. Ma il cimento penso sia qui. E rispondo così all’interrogativo finale aperto di Astengo su dove possa collocarsi uno sforzo del genere: penso io fuori dal PD. Su un terreno diverso dal PD. Per una prospettiva diversa dal PD. Certo, con il Pd, e con tutte le altre istanze democratiche, nella difesa e promozione della Costituzione sempre. Senza vedere nel PD il nemico secondo le scorie di un antico massimalismo e minoritarismo. Ma, insisto, immaginando cosa diversa dal PD.
E semplicemente perché ve ne è bisogno e lì, proprio lì, tutto questo non potrebbe trovare casa.
Gianfranco Nappi
Cari Gianfranco,
apprezzo,come sai, il tuo continuo interrogarti sullo stato attuale della sinistra in Italia e nel mondo.
La tua profonda insoddisfazione per lo stato presente delle cose mi coinvolge pienamente .
Devo dirti, però, che, a mio parere, occorre prendere ” il toro per le corna”.
Intendo dire, cioè, che la sinistra non potrà mai avere il ruolo di direzione strategica, cui legittimamente aspira se non deciderà di fare i conti fino in fondo con la realtà .
Una realtà, oggettivamente, dominata dall’egemonia culturale che oggi esercitano nel mondo i grandi gruppi del capitalismo finanziario, che , allo stato, stanno facendo accettare questo mondo come il migliore di quelli possibili.
Eppure le contraddizioni sono tante e tutte drammatiche : L’ACCENTUARSI DELLE SCIAGURATE LOGICHE DI POTENZA DA CUI DISCENDE LA GUERRA IN ATTO; L’AGGRESSIONE CONTINUA AGLI EQUILIBRI AMBIENTALI CON LE CONSEGUENZE INEVITABILI SULL’ECOSISTEMA E LA VITA STESSA DI TUTTE LE SPECIE VIVENTI; IL DIVARIO CRESCENTE TRA I NORD E I SUD DEL MONDO CON LE INGIUSTIZIE CHE NE CONSEGUONO; IL PERICOLO EVIDENTE DI COME LA SCIENZA E LA TECNICA POSSANO ESSERE STRUMENTI DI ASSERVIMENTO DEI POPOLI PIUTTOSTO CHE DI LIBERAZIONE.
A mio parere NON POSSIAMO NON PRENDERE ATTO CHE L’UMANITÀ HA BISOGNO SEMPRE DI PIÙ DI UNA SOCIETÀ RADICALMENTE ALTERNATIVA A QUELLA ESISTENTE.
Questa, a mio avviso, dovrebbe essere la MISSIONE DELLA SINISTRA, consapevoli della complessità dell’ impresa che, solo per essere pensata, deve ritenere non emendabile il modello economico e sociale capitalistico e impegnarsi per dare vita ad una profonda innovazione ,prima di tutto,sul piano teorico.
Non sono in grado di capire se , come e quando questa mia aspirazione potrà divenire realtà.
Oggi sono fermamente convinto che di questo abbiamo bisogno e non di effimere scorciatoie infruttuose e dense di insidie.
VIttorio Mazzone