Domenica scorsa ho ritrovato il piacere si stare tra compagne e compagni. L’occasione è stata data dalla ‘riconquista’, dopo anni di chiusura e di abbandono, della Casa del Popolo di Acerra realizzata da chi la costruì per gli Acerrani e dai loro eredi, nella centralissima e storica Piazza Castello, inaugurata peraltro nel 1980 proprio da Enrico Berlinguer.
Bisognerà tornare su che fine abbiano fatto tante Case del popolo nate dal sudore di operai, contadini, povera ma fiera gente ed oggi, nello sfacelo generale della sinistra, finite spesso chiuse o ad ancor peggior gloria: ciascuno di noi che viene da quella storia ha sicuramente da autocriticarsi per questa situazione ma ha anche il diritto di rivendicarne una restituzione a spazi di organizzazione di lotta e di solidarietà, quanto mai necessari : come è avvenuto proprio ad Acerra.
Acerra dove si sono appunto mischiate domenica mattina 18 dicembre le voci di vecchi militanti con quelle di giovani di associazioni; con rappresentanti di tutti i partiti del centro sinistra, dal PD a Rifondazione; con lavoratori e lavoratrici che hanno raccontato la loro lotta per difendere il posto di lavoro; con musicisti e attori che hanno portato il loro contributo artistico : insomma, un caleidoscopio concentrato di quel che può essere uno spazio così restituito alla sua funzione in un tempo in cui proprio nelle città gli spazi per stare insieme, che non siano quelli di mercato, proprio non ci sono.

Tra le altre vertenze aperte, su cui campeggia quella della Whirlpool che la dice lunga sulla mano libera che è stata lasciata alle grandi multinazionali e che è ancora irrisolta e per la quale una soluzione giusta e produttiva ancora non si intravede e che, diciamocela tutta, è tenuta aperta solo dalla tenacia dei lavoratori e del loro sindacato che rifiutano una chiusura meramente assistenziale della vicenda, mi ha colpito quella delle lavoratrici e dei lavoratori della COOP del Centro Commerciale le Porte di Napoli ad Afragola, uno dei luoghi storici della GDO in Campania. 150 lavoratori in lotta all’interno di un Centro commerciale che privato del suo Ipermercato di alimenti risulta tutto colpito. Ad essi se ne devono aggiungere almeno altri 85 dell’Ipermercato COOP del Vulcano Buono a Nola.

Quello di Afragola nasce con COOP fin dall’inizio. Quello di Nola lo diventa dopo la crisi e la chiusura di Auchan di poco più di un anno fa. Entrambi però sono COOP solo come marchio. La COOP infatti si è ritirata da Afragola e, proprietaria degli spazi dell’Ipermercato, ne ha affidato la gestione ad altro imprenditore. A Nola stessa realtà: dopo aver rilevato la gestione dello spazio, non proprio. In entrambi i casi COOP ha messo il Marchio e la propria filiera di prodotti e quindi non ha responsabilità nella gestione economica e commerciale delle due realtà.

E’ altrettanto vero che in ogni caso il marchio COOP è in gioco.

Davvero un paradosso in quest’area che da Acerra arriva fino a Nola: da un lato due realtà storiche che chiudono in modo clamoroso, peraltro in due attrattori di pubblico come comunque rimangono Le Porte di Napoli e Vulcano Buono, e dall’altro invece una vera e propria esplosione di inaugurazioni di Grandi Ipermercati, sempre lungo questo asse, che coinvolge tutti gli altri marchi della GDO ( Conad,DECO,365,Piccolo ), e quelli Discount ( LIDL ed MD ): forse si raggiunge una delle densità più alte d’Italia quanto a presenze di Ipermercati. Che sta succedendo in questo mondo? E perchè a fronte di una moltiplicazione da un lato c’è la crisi dall’altro?

Viene intanto da chiedersi che profilo abbiano i due imprenditori che hanno avuto affidato dalla COOP il fitto del marchio e delle attività: se entro un anno entrambi hanno chiuso i battenti cosa indica questo se non una scarsa capacità di gestione d’impresa?

E ad ogni modo, per i lavoratori dei due spazi, che prospettive si dischiudono? Pietro Ingrao definiva oscurati tutti coloro che, pur dotati di una propria luce ( animo, soggettività, vita, sogni e speranze, diritti), si vedevano invece messi nell’ombra, oscurati appunto da altre logiche e da altri interessi.

E allora, chi aiuta questi ‘oscurati’ a recuperare la propria luce?

Quali forze istituzionali, sociali, economiche sono mobilitate per scongiurare un esito catastrofico, che non sia il solo sindacato che ad Afragola c’è e a Nola non so.

In altri tempi, tutto il settore avrebbe scioperato in solidarietà…sì, ma quanto riesce ad essere presente il sindacato? C’era appunto nella realtà originaria della COOP di Afragola e lì è rimasto.

Viene da chiedersi, ma nelle altre realtà della GDO, quelle che abbiamo prima nominato e che insieme fanno qualche migliaio di occupati, c’è il sindacato? E se c’è che tipo di sindacato è? Sarebbe interessante saperlo perchè, nonostante tutto, la presenza o l’assenza del sindacato la prima cosa che ti dice è se una soglia minima di diritti dei lavoratori è garantita o meno.

Pensiamo male se in questa esplosione di strutture della GDO, distanti perfino pochi metri l’una dall’altra, riteniamo ci possano essere, oltre alla compressione della qualità del venduto ( e la compressione di quanto viene riconosciuto ai produttori primari ), anche livelli di sfruttamento del lavoro difficilmente accettabili? Quante ore a turno lavora una di quelle ragazze che incontriamo quando andiamo a far spesa? E quanto viene retribuita? E ha tempi di pausa, per mangiare? E quanto questo comparto, quello della logistica, quello delle forniture è permeabile o impermeabile alle pressioni della criminalità organizzata che sappiamo avere nell’agroalimentare e nella distribuzione non pochi interessi?

Intanto vogliamo dire quanto siamo vicini alle lavoratrici e ai lavoratori impegnati in questa dura lotta.

E poi, continuiamo a porci qualche domanda.

Ma com’è che la COOP, che affonda le sue origini nella storia dei movimenti del lavoro ed esprime una identità di mutualismo e di autorganizzazione, assicurando peraltro un livello delle condizioni di lavoro e delle filiere produttive tra i più alti del settore, ha scelto di disimpegnarsi dal Mezzogiorno?

Ovviamente non entriamo nel merito della vertenza aperta e della lotta in corso: valgono le posizioni del sindacato.

Ma ad Afragola per esempio, ma anche a Nola, le istituzioni campane, quelle pubbliche di supporto allo sviluppo di impresa come Invitalia , la stessa COOP, proprietaria degli spazi di Afragola, sarebbero disposte a sostenere la verifica del se vi siano le condizioni di un processo di autorganizzazione dei lavoratori per la gestione cooperativistica dell’attività? Certo un lavoratore è un lavoratore, non gli si può chiedere di essere versato anche a gestire e non gliene si può certo fare una colpa eventualmente. Può valere almeno la pena di provare?

E perchè non immaginare anche ad esempio che per questa via, questi due spazi possano diventare anche, affiancandosi ai prodotti ordinari ( per i quali il mercato di consumo del Mezzogiorno è invaso dai prodotti da agricoltura intensiva del Centro-Nord e dell’estero ), vetrine per il meglio delle produzioni campane, dei Presidi Slow Food, della produzione biologica e comunque di qualità delle nostre terre: forse che questo non meriterebbe di essere pubblicamente sostenuto in alleanza tra lavoratori e rete di produttori?

Insomma ci può essere tanto da fare, se ve ne è la volontà.

Intanto, nel nostro piccolo, proviamo a restituire, appunto, un po’ della loro luce a donne e uomini che meritano il sostegno più convinto.

Gianfranco Nappi

*la foto in evidenza è tratta dal sito Legacoop Campania

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