CANTA NAPOLI: NAPOLI FORMATIVA
Ore 9,30 del mattino funicolare di Montesanto, di solito poco affollata in discesa verso Montesanto, arriva una scolaresca di piccoli studenti delle elementari accompagnati da due maestri, in visita d’istruzione verso il cento storico.
Come si chiudono le porte il vagone da loro occupato si trasforma in una palestra: i piccoli si aggrappano ai sostegni interni usandoli come attrezzi ginnici, intrecciando gare di salto gioiosamente assistiti e incitati dagli educatori di accompagnamento.
E’ stato un viaggio riempito dalle voci festanti dei piccoli e dalle lezioni di atletica ferroviaria (?) degli educatori.
Il viaggiatore malpensante si è chiesto; da dove proviene la scolaresca? Chi sono i piccoli studenti tutti vestiti all’ultima griffe e con eco borraccia, firmata, in ogni zainetto? Che sviluppo avranno nel loro corso di studi?
Il viaggiatore comincia a pensare: provengono dal Vomero, piccoli affidati a un “prestigioso” istituto privato con più sedi in città, sedi storiche recuperate e riattratte a scuola con moderne soluzioni pedagogiche e fondi pubblici, che fornisce tutti i servizi di tempo pieno, con rette economicamente rilevanti, che la scuola pubblica non fornisce, dotata di un corpo insegnante che lamenta scarsa formazione e scarsa stabilità ma in mancanza di meglio si fa quel che si può.
I piccoli studenti, visto il comportamento in funicolare, sono avviati verso un idea che tutto si può fare in uno spazio pubblico, che l’esigenza primaria è vivere nel presente, atletica da vagone, senza nessun limite; insomma si traccia la via per cui la soddisfazione del bisogno individuale è la priorità educativa.
Così vengono legittimati tutti i comportamenti, in uso in una società senza regole, che vanno dall’ignorare le regole convivenza civile e imporre le proprie: dal parcheggio in doppia fila alle targhe “estere” per evadere il fisco, dall’evasione fiscale all’abuso edilizio “minimo” per allargare il proprio spazio vitale, alla carriera studentesca assistita per conseguire un titolo da esibire per ottenere una collocazione dal potente di turno, potrei continuare ancora sulla mancanza di utilità della parità di genere e altre disfunzioni che conosciamo.
Insomma piccoli individualisti crescono legittimati dagli educatori e dal clima culturale e sociale di una società modellata sull’individualismo proprietario e il suprematismo della ricchezza.
Ma questo è il malpensante che elucubra, allora si mette a pensare che ci sono anche esperienze formative alternative, certo, volonterose di recuperare l’evasione scolare, di trasmettere una cultura ragionata, ma che non danno segni concreti di obiettivi raggiunti: il prestigioso istituto privato si vanta e si vanterà di avere avuto alunni diventati “manager” di successo in vari settori finanziari, di neo professionisti molto privatistici ma di successo, degli altri Volontari non si conoscono i risultati.
In mezzo la scuola pubblica assomiglia sempre più a un continente stretto tra la disillusione professionale dei docenti e la frustrazione degli alunni, la mancanza di risorse, di professionalità rende la scuola pubblica un serbatoio di frustrazioni, per non parlare del ciclo universitario.
Il malpensante allora pensa ai “piani per la ripresa”, si rincuora e aspetterà i loro effetti, nel frattempo continuerà a vivere precariamente tra servizi pubblici inefficienti come i trasporti, tra un servizio sanitario, che superata (?) la pandemia, ritorna ad essere avviluppata da privatizzazione e inefficienza, e un servizio formativo che ha rinunziato ad essere tale adeguandosi all’imperativo del presente come forma culturale.
E comprende bene come l’astensionismo cresce, come la politica arranca nell’inseguimento dei bisogni indotti senza un progetto di lungo periodo, e non si consola pensando che nel Nord del Paese le cose vadano meglio, il clima di individualismo proprietario investe tutta la penisola adeguandosi ai vicoli di Napoli o alle arterie, ben disegnate, delle città del Nord.
Resta la consolazione che il presente fa affiorare sempre la storia e che forse qualcuno comincerà a pensare e ad agire, magari qualcuno di quei piccoli studenti avrà a noia la condizione di utile strumento del consumismo e cercherà nuovi stimoli dalla storia.

CANTA NAPOLI: NAPOLI DELLE PIAZZE
Dopo venti anni rivedo piazza Municipio, un lungo corridoio tra cantieri aperti, un selciato etneo, panchine bianche che disegnano un percorso, qualcuno la definisce una pista di atterraggio…altri un deserto di pietra altri lamentano la mancanza di verde, altri una desertificazione prodotta dagli scassi della metropolitana, altri aspettano che qualcosa si aggiusti.
Tutte reazioni che sono dentro di me, ma però mi metto a pensare fuori dal presente, pratica inusuale oggi, e rivedo Napoli venti anni fa.
Una città che tentava di cambiare con coraggiose proposte, Bagnoli nuova con una variante di piano, una coraggiosa proposta di valorizzare il centro storico costruendo un’isola pedonale larga.
Isola che aveva i suoi confini nel mare: da via Partenope al porto centrandosi su Piazza Plebiscito, un lungo percorso pedonabile che metteva in comunicazione la zona di Chiaia e il centro antico in un solo unicum pedonale che aveva nei grandi monumenti napoletani, San Carlo, Maschio Angioino, Palazzo Reale, la Galleria sovrastati da Sant Elmo e la Certosa di San Martino, molteplici prospettive che accompagnavano le donne e gli uomini di Napoli nella loro vita quotidiana e accoglievano il turista con eleganza e suggestione non nascondendo nessuna sua parte mettendosi in mostra invitandoli a capire come la sua bellezza, dai monumenti ai quartieri spagnoli, ai grandi monasteri del centro antico, si sia accumulata nei secoli in un continuo di innovazioni.
Assieme alle periferie, est e ovest, riqualificate, la grande isola disegnava una metropoli moderna, non consumava più suolo, si prendeva cura di se stessa.
Questo veniva proposto venti anni fa e parzialmente realizzato tra resistenze speculative, disattenzioni amministrative dal sapore populista, da improvvide azioni della magistratura: quindi grande il risultato di oggi per lo meno un abbozzo realizzato è in funzione.
Per riprendere il ragionamento sull’oggi, legandolo alla storia e al futuro, bisognerebbe che l’Amministrazione napoletana formuli un progetto di sostegno: nuovi parcheggi, conclusione dei lavori per la metropolitana, un piano di arredo verde, verde non significa solo alberi ma percorsi fioriti, un verde che si possa alimentare riducendo le emissioni, un piano di trasporto pubblico che disincentivi il trasporto privato, un piano di assunzioni di giardinieri e tecnici del verde, di personale per i trasporti, un piano per aree parcheggio attorno all’isola, insomma fare amministrazione che curi li cittadini e li coinvolga nel rinnovamento metropolitano.
In ultimo un Amministrazione che aggiorni i piani, li integri e estenda alle periferie, riaffermando che ecologia e vivibilità urbana si può realizzare a partire da un concetto base: non consumo di suolo ma sua utilizzazione.
Comunque non diamo colpa ai progettisti se abbiamo avuto Amministrazioni “disattente” tese a valorizzare l’individualismo a scapito del bene comune.

Massimo Anselmo

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