Giordano Bruno rappresenta la punta avanzata di una fase centrale di passaggio della filosofia e della scienza moderne animate da una visione infinita e plurale del mondo. Si trattava di un radicale sconvolgimento segnato dal passaggio dal vecchio ed errato impianto universalistico e metafisico della religione ai principi della scienza moderna. Nasceva così una intuizione filosoficamente costruita, giacché Bruno non possedeva ancora a pieno gli strumenti in grado di mostrare e di difendere il passaggio alla scienza moderna che aspira a liberarsi dai vincoli della religione. Bruno era stato in grado di guardare al futuro dell’epoca moderna proprio nel momento in cui veniva producendosi una di quelle rotture radicali della storia umana, grazie alla scoperta geografica dei nuovi mondi e a quella astronomica copernicana che ridisegnava la gerarchia dell’universo. Egli ha voluto squarciare il velo di tenebre della superstizione e dell’ignoranza così da consentire agli uomini di “veder quello che veramente là su si ritrovasse”. Uno dei maggiori studiosi della filosofia bruniana – Eugenio Garin – aveva giustamente sostenuto: “Colui che trasformò l’ipotesi eliocentrica copernicana in una solenne concezione liberatrice, avanzando l’idea di mondi infiniti, di spazi senza confini, abbattendo le antiche idee delle sfere celesti cristalline; chi affrontò impavido, anzi gioioso, l’idea dell’infinito universo e degli infiniti mondi, fu ancora Giordano Bruno”. Uno dei maggiori studiosi contemporanei di Bruno, Michele Ciliberto, ha ampliato lo spettro interpretativo e ha giustamente insistito nell’indicare un percorso inverso rispetto ai cosiddetti padri della modernità, procedendo dalla scienza alla magia, restando così fedele ad una riforma della conoscenza e della scienza che non ha come fine la fondazione di una filosofia della natura, ma quella di una rinnovata immagine filosofica del mondo. L’appello a forme iniziatiche e segrete di sapere non è una resa all’occultismo e al mistero, ma una definizione di un programma operativo di riforma della civiltà. In Bruno vi è la piena consapevolezza della crisi radicale della civiltà e, con essa, il maturarsi dell’esigenza di dare vita a una nuova religione civile e naturale che poggia su una contestuale riforma dei costumi e del sapere. Non a caso non pochi studiosi di Bruno hanno richiamato l’attenzione sui passaggi chiave che mostrano, specialmente nello Spaccio della bestia trionfante, un forte legame con le posizioni intorno alla religione, espresse da Machiavelli nei Discorsi e alla sua funzione civile, giacché il mondo e la società degli uomini hanno bisogno, pena la decadenza, di un fondamento etico. Perciò Bruno costituisce uno dei passaggi chiave della complessiva riforma del moderno, uno dei più consapevoli tentativi di prendere atto del disordine infinito dell’universo e di ridisegnarlo in una nuova “ruota del tempo”, in una renovatio mundi che consente di andare alle radici della vita e di cogliere il punto genetico della originaria comunicazione tra Dio, uomo e natura. Giordano Bruno salì sul rogo della santa inquisizione per non aver voluto rinunciare al proprio credo. Bruno diventò un mito, specialmente negli anni dei moti rivoluzionari del Risorgimento quando in suo nome si formavano partiti e associazioni massoniche e radicali. Nelle pagine di colui che per la prima volta si affaccia agli abissi dell’universo sterminato, e non ne ha orrore, si profila un libero pensiero che ha al centro la costruzione della scienza, la laboriosa e feconda conquista del mondo, insomma tutto ciò che caratterizza la scienza dell’uomo. Quello di Bruno è stato certamente il destino che tocca a quasi tutti i grandi filosofi: di coloro che vedono spesso trasformarsi una intuizione filosofica, una immagine ed una visione logica e metafisica del mondo, in una impresa riformatrice che riguarda la storia, la vita etico-civile e la società degli uomini.

Giuseppe Cacciatore

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