Due mi appaiono i dati più importanti segnalati dal voto: l’astensionismo che cresce e l’atteggiamento più responsabile del centrosinistra di fronte alla crisi e alla pandemia che è apparso più in sintonia con i bisogni del paese e che viene premiato rispetto alle irresponsabili pulsioni della destra, peraltro penalizzata da emergenti divisioni e dall’appannamento – crisi ? – del salvinismo.
Si configurano ormai con una certa stabilità due Italie? Una che ‘partecipa’ e una che ‘assiste’? Troppo semplificato. Intanto, tra i due campi ci sono una fluidità e una mobilità che non bisogna sottovalutare. Certo è però che quando in quasi tutte le grandi città chiamate al voto si reca alle urne meno della metà degli aventi diritto e quando tendenzialmente questa percentuale nelle periferie urbane cala ancora, si realizza un restringimento pericoloso delle basi della rappresentanza democratica.
Un astensionismo con percentuali così alte e che tende a diventare dato permanente indica una sofferenza grave e sicuramente una crisi della democrazia della rappresentanza.
E’ un dato ineluttabile di una società frantumata nelle condizioni sociali e nel suo immaginario segnato dell’immersione nel flusso digitale?
A me piuttosto appare come una manifestazione di carenza delle soggettività politiche che non riescono più a – e nel più dei casi non si pongono neanche più l’obiettivo di – pensarsi a partire dalla società.
E, non pensandosi più a partire dalla società, ne perdono di vista anche le conflittualità, le pulsioni, i campi di lotta e così tutta la politica, al netto delle tendenze di un nazionalismo radicale, si presenta come indistinta e indistinguibile nelle sue posizioni: un’unica Grosse Koalition permanente, unita effettivamente in alcuni casi e in alternanza di governo in altri ma sulla base di programmi che hanno un cuore comune. E con una delega sempre più forte ad una tecnocrazia espressione prima di questo restringimento-torsione della democrazia.


C’è una simmetria fortissima tra l’arroccarsi della politica nella dimensione dell’amministrare e dell’istituzionale e il chiudersi della società in una condizione di separatezza speculare rispetto alla politica.
Senza scavare in questo dato, la crisi non si risolve ed è destinata ad acuirsi.
Certo il PD tira un sospiro di sollievo nella sua precarietà che lo porta ad essere sull’orlo di un cambio di Segretario all’approssimarsi di ogni turno elettorale – riducendosi poi a questo la sua capacità di risposta. Oggi è andata bene. Perfino nell’alleanza con i 5S che confermano la loro crisi di radicamento e probabilmente non solo quella.
Ed è ovviamente un bene che la destra esca battuta e ridimensionata.
Ma senza porre mano ad una profonda azione di riforma della politica la contraddizione non risolta è destinata a manifestarsi in forme inaspettate e non prevedibili oggi ma comunque pericolose.
Napoli è dentro questo ragionamento. In modo originale, ma lo è.
La variante qui è rappresentata dal Governo regionale che si è fatto soggetto politico autonomo – condizionante, determinante, sostitutivo delle scelte del PD – che ha strutturato negli anni un sapiente sistema di potere che mobilita e organizza consenso al momento elettorale: così è stato alle Regionali, così è stato ora con l’armata delle 13 liste a supporto del candidato Sindaco. Al posto dei partiti ci sono le liste dei candidati che, con la Regione alle spalle, drenano un bisogno diffuso di protezione sociale e lo trasformano in consenso elettorale: e alla fine, a partecipazione calante, questa ‘organizzazione’ consente di vincere.
In altri tempi mai questo avrebbe potuto rappresentare il tratto distintivo dell’esercizio del potere ad opera di forze che seppur ormai esclusivamente ‘democratiche’ pur si richiamano alla sinistra.
Siamo qui dunque , e forse ancor di più, nello schema da cui abbiamo preso le mosse ed è evidente che questa esondazione politica e sociale della funzione dell’amministrazione aggrava la tendenza generale, mina ancor di più la democrazia, la lascia esposta all’influenza di gruppi e centri di interesse tesi a volgere le scelte pubbliche ai fini di interessi circoscritti e, tendenzialmente, dei più forti.
E qui, avvitamento autoreferenziale della politica si incontra con aggravamento delle condizioni sociali. Davvero tertium non datur di fronte alle caratteristiche della crisi e della durezza delle ragioni di questo sviluppo : non c’è coincidenza tra gli interessi dei gruppi ristretti e speculativi e quelli generali e popolari.
Faccio un solo esempio tra i tanti possibili : vedo un consumo di suolo, un dilagare di cementificazioni e valorizzazioni della rendita fondiaria – anche per come si immagina il PNRR in Campania peraltro – , processi di gentrificazione dei centri storici, a cominciare da quello di Napoli, che sono in radicale opposizione con gli interessi popolari e di una vera politica di sostenibilità ambientale.
Ed è davvero straordinario, consentitemi l’inciso, che questo legame tra giustizia ambientale e giustizia sociale, sia stato colto dai giovani di Friday For Future negli incontri di Milano e sia stato gridato da loro, con Greta, ai potenti del Mondo ancora una volta prodighi di pacche sulle spalle ma avari di scelte coerenti.
Tutto questo ovviamente nulla toglie alla limpidezza del risultato di Gaetano Manfredi e a cui gli auguri di buon lavoro sono non solo dovuti.
Anzi, rappresenta in qualche modo una sfida alla cui verifica non potrà sottrarsi.


Antonio Bassolino ha cercato di mettere in discussione questo schema, ne ha colto le aporie e le contraddizioni, ha lanciato e rilanciato l’idea di una politica fondata su altre ragioni, su altri canoni. Ha raccolto meno di quanto auspicato e probabilmente sperato. Ma rimane non solo il coraggio di aver provato a mettere in campo una critica radicale allo stato di cose presenti della politica ma anche una traccia feconda che richiede tempi, strumentazioni e protagonisti più ampi e che merita di non essere interrotta.
Del resto, e chiudiamo questa riflessione esattamente dove l’abbiamo cominciata, l’anomalia italiana è quella di essere uno dei pochi paesi europei nei quali non agisce e vive una forza politica di sinistra e popolare.
Forse questo è proprio l’epilogo meritato dell’azzeramento dell’altra anomalia, che aveva segnato il primo tempo della vita della repubblica : quella di essere stato il paese con la presenza del più forte Partito Comunista, largamente forza prevalente della sinistra. Dopo trent’anni ,e reiterati e tenaci tentativi bisogna dire, l’opera è riuscita: l’eradicazione di una sinistra riformatrice e critica dal panorama politico italiano è compiuta.
E allora, per me, questo rimane il dato, la relazione tra un astensionismo così largo e una assenza così vistosa è evidentissima.
Certo, siamo in presenza, con riferimento all’astensionismo, a tendenze più generali , ma è altrettanto indubbio che il tratto peculiare di questo fenomeno, da noi è proprio dato da quell’assenza.
E allora questa è l’anomalia sulla quale lavorare.
Non ci sono forme della politica del passato da replicare oggi.
C’è da assumere veramente il nuovo panorama sociale che si è determinato sotto l’urto di cambiamenti giganteschi e muoversi con il coraggio dell’innovazione e della critica.

Gianfranco Nappi

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2 commenti

  1. Ottimo! Leggo di buon mattino del 6 ottobre dopo tanti articoli e commenti propinati dai media: questa analisi – nella sua prima essenziale completezza – per me è un’importante premessa per “decifrare ” meglio la mia città, per trovare inedite chiavi di lettura nel voler “partecipare” con consapevolezza nel presente senza sottovalutare la complessità del futuro, vicino/meno vicino/lontano.

  2. 1. Sono molto d’accordo sull’analisi generale, sull’individuazione delle contraddizioni e debolezze; si ripropone, in forme da analizzare, il rapporto società/politica/istituzioni, attività nel sociale/passività verso la politica – 2. Non sono d’accordo sul ruolo rivestito da Bassolino in questa fase – 3. L’esperienza di CentoanniPci la raccoglierei per gli insegnamenti di metodo e di modelli di riferimento di cui servirsi nell’oggi, utilizzando Infiniti mondi per continuare questa riflessione nel confronto generazionale, di esperienze, di aspettative – 4. Rifletterei su come supportare Manfredi – perché dobbiamo supportarlo (o fare opposizione??) per una sindacatura di innovazione (un Forum con lui??)

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