Il Presidente del Consiglio recentemente ha evocato il gusto del futuro rispondendo ai Presidenti, non governatori, delle Regioni, che esasperavano le diatribe localistiche sui piani vaccinali, sulle aperture delle attività di convivenza sociale.
Ha evidenziato che le aziende manifatturiere, di servizi logistici, di trasporto, per non parlare del settore sanitario e distributivo, assieme ai loro dipendenti, sono state e sono in attività per il funzionamento della Repubblica, che le misure restrittive sono strumento per contenere il virus e coniugate con una campagna vaccinale organica, può essere la spinta ideale a pensare e praticare la fuoriuscita dalla pandemia.
Insomma coltivare esclusivamente il proprio orto richiedendo per sé contributi e prebende non è utile alla collettività e compromette il futuro di tutti.
Detta dal Presidente del Consiglio della Repubblica potrebbe apparire una ovvia banalità; ma se si scava nella cronaca dura e drammatica della pandemia in corso è la prima volta che un Governo indica una strada unitaria per la campagna vaccinale impostandola con un criterio di governo universalista demografico, per la salvaguardia della salute pubblica partendo dai più deboli, con l’obiettivo di riaprire in sicurezza tutta la produzione economica e sociale del Paese, e invitando le strutture pubbliche, i privati, il mondo della cultura a proporre un futuro nuovo e non il recupero della continuità del tempo pre-pandemico.
Il momento che stiamo vivendo può essere descritto cosi: torniamo a prima della pandemia, ogni “territorio” ogni ceto sociale si metta in sicurezza come può e ricominciamo, così la destra, un contrasto a questa tendenza non appare chiaro all’orizzonte, il mondo della sinistra, in tutte le sue articolazioni, è ancora chiuso in una ricerca di equilibri di compatibilità o di vie massimaliste, questi limiti rendono la politica della sinistra debole istituzionalmente e ambigua verso quella larga parte di donne, uomini e giovani che vedono la propria condizione umana ridursi a strumenti di forze economiche che ne determinano bisogni e funzioni.
Il timore di perdere il lavoro o di non trovarne, a causa delle innovazioni del processo produttivo che utilizza sempre più strutture informatiche che sostituiscono l’uomo, diventa angoscia del futuro non speranza.
Su questi temi, dalle colonne del Corriere del Mezzogiorno qualche giorno fa Carlo Falcone, lanciava un accorato appello alle forze democratiche ponendo la questione del contrasto alle diseguaglianze sociali, dagli emarginati delle periferie, ai senza tetto agli immigrati, dai giovani esclusi dal processo formativo ai disagiati vittime della pandemia, dalle “persone” che subiscono un processo di impoverimento senza prospettive ai precari fantasmi del mondo del lavoro, affinché la politica e i candidati, non solo sindaci, al prossimo governo della città di Napoli e della sua area metropolitana, assumano questi temi come fondativi di una politica amministrativa.
Appello che parla, non proforma, al mondo cattolico richiamando laicamente il magistero di papa Francesco e per individuare nell’antico ma attualissimo “slogan” della Rivoluzione francese Libertè, Egalitè, Fraternitè, la via di confluenza tra laici e credenti per una nuova inclusiva società.
Insomma una Napoli provata da dieci anni di amministrazione vacua e demagogica, da una politica economica generale che ne ha ridotto capacità e progettualità relegandola in un immaginario sud turistico folklorico, può trovare in una larga rinnovata alleanza sociale, la volontà di cambiamento della sua condizione periferica del Paese.
Non si tratta di proporre cabine di regia sulle diseguaglianze, di agitare narrazioni contemplative, nella prossima campagna elettorale si deve fare politica.
Dunque la tornata elettorale della prossima fine estate sarà il banco di prova della politica della sinistra nella pandemia, si dovrà affrontare la destra e conquistare consensi “diffusi” di un elettorato segmentato e da tempo scettico sulla politica “ordinaria” e responsabile dello schieramento democratico e di sinistra.
Si tratta di delineare un campo sociale largo, di affrontare il tema dell’occupazione individuando i punti di crisi del modello liberista, di mettere in campo, assieme alle tradizionali e alle nuove rappresentanze sociali, una politica economica che renda lo sviluppo e la produzione della ricchezza tema di iniziativa politica e istituzionale per una società inclusiva che operi, utilizzando tutti i mezzi innovativi della tecnologia, per affermare il lavoro dell’uomo non per renderlo strumento dell’estrazione di ricchezza da parte dei gruppi economici forti, ma protagonista del rinnovamento economico e sociale.
Per Napoli, per l’area metropolitana, per la Regione Campania occorrerà che la sinistra proponga sia obiettivi di trasformazione territoriale e produttiva sia un rinnovamento radicale delle sue stesse forme di rappresentanza istituzionale per poter costruire un nuovo ceto amministrativo libero da servaggi familistici e clientelari.
“Napoli fino in fondo” mi pare una buona sintesi per un progetto di rinnovamento della società e della sinistra, non sarà indifferente da qui all’estate la modalità con cui si costruiranno le alleanze: “geometrie” istituzionaliste vengono proposte a tavoli di concertazione che sanno di continuismo, accanto a questi tavoli, sui giornali napoletani di Repubblica e Corriere del Mezzogiorno, altri “geometri” interni al mestiere di analisi e proposte urbane, delineano un abbozzo di futuro per l’area napoletana, condivisibili o meno sono idee proponibili o realizzabili da una politica attenta al futuro.
Quindi sarebbe utile che il dibattitto sulle alleanze assumesse il “gusto” di progettare il futuro, di confrontarsi sui temi di quale città, quale area metropolitana, quale rapporto con le aree della Campania, per proporre assieme alle forze sociali e politiche dell’area democratica e di sinistra, alle donne e uomini che soffrono questo stato di cose, un futuro su cui cimentarsi unitariamente senza inseguire localismi, categorie da proteggere, parlare ai giovani del loro futuro non come un incubo ma una risorsa per costruire assieme.
Ma si sa il futuro oggi è patrimonio dei “poteri forti”, rompere questa esclusività è il compito che abbiamo di fronte, la candidatura di Antonio Bassolino apre il terreno su cui affrontare questi temi, non è una riproposizione, è la domanda che un Sindaco, che ha trasformato Napoli portandola alla ribalta nazionale e europea, pone oggi: uniamo la diaspora di questo decennio, affrontiamo il futuro con la consapevolezza delle difficoltà praticando politiche inclusive e innovative.
Massimo Anselmo
LA DISCUSSIONE E GLI INTERVENTI SIN QUI PUBBLICATI
OSVALDO CAMMAROTA https://www.infinitimondi.eu/2021/04/10/napoli-fino-in-fondo-1-croci-e-delizie-della-partecipazione-da-osvaldo-cammarota/
ACHILLE FLORA https://www.infinitimondi.eu/2021/04/15/napoli-fino-in-fondo-4-quale-partecipazione-la-riflessione-di-achille-flora/
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Foto in evidenza dall’Archivio Mario Riccio-Infinitimondi. Napoli. 21 gennaio 1971. Manifestazione meridionale degli edili