di Gianfranco Nappi
Ieri il Presidente degli Stati Uniti ha annunciato un piano di investimenti in infrastrutture, fisiche e digitali, di 2000 miliardi. Non più tardi di un paio di settimane fa il Congresso ha approvato il suo Piano di aiuti alle famiglie per 1900 miliardi di dollari. Sempre ieri ha detto chiaramente che in questi anni di crisi c’è chi è stato in sofferenza, i più, e chi invece, l’1% o poco più, ha straguadagnato e continua a farlo ed è ora venuto il momento che si carichi di una responsabilità sociale smettendo di pagare poche tasse. Per non parlare dell’impulso che ha saputo dare alla lotta alla Pandemia e alle vaccinazioni di massa che entro un paio di mesi dovrebbero mettere gli Usa in sicurezza.
E, sempre Biden, dice che in tutti questi settori il privato da solo non riuscirebbe senza l’intervento dello Stato che quindi si presenta come decisivo.
Che dire? Certo rimangono allibiti i neoliberisti nostrani ed europei- di destra, di centro e di sinistra – che ancora non si rendono conto di quanto crisi del 2007/2008, rottura climatica e Pademia impongano di dismettere le ricette nefaste degli ultimi decenni alle nostre spalle.
E avvertita è la sensazione che l’Europa, che pure ha reagito alla Pandemia e alla sua crisi in modo credibile, sia ora entrata in una frase ancora di appannamento, di difficoltà a compiere i successivi coerenti passi.
Lo stesso fondamentale impegno per il Recovery Plan sembra avvolto in un clima di grigio burocratismo senza alcuno slancio o vera idea forza: non emerge il respiro di una idea nuova di Europa sociale, ambientale, fattore di dialogo e di sviluppo comune su scala globale. Ed invece è di questo che ci sarebbe bisogno. Il rischio concreto è che quel ritorno di ruolo fondamentale del Pubblico e del Sociale si frantumi in ritrovati sogni nazionali o nazionalistici non vedendo invece quanto uno spazio nuovo per nazioni e popoli può vivere solo se è l’Europa a disegnare un orizzonte nuovo, forte e credibile.
E, infine, vengono a maturazione due nodi di fondo senza affrontare i quali , al di là e al di qua dell’Atlantico, il rischio è di tornare repentinamente al ‘prima’: è concepibile che le grandi corporation e aziende globali mantengano lo strapotere che hanno accumulato, con l’aiuto degli stessi Stati, negli ultimi decenni e che in modo clamoroso si ritorce contro gli stessi interessi delle diverse comunità nazionali con l’uso discrezionale, ad esempio, di brevetti acquisiti con ingenti investimenti pubblici e dei relativi vaccini? Si impone una visione nuova del governo delle scelte su scala globale.
Come sostiene con lucidità nel suo ultimo importante saggio storico Francesco Barbagallo – I cambiamenti nel mondo tra XX e XXI secolo – il rischio concreto è che sì gli Stati tornano ad una salutare politica di intervento ma senza che le grandi aziende globali smettano di essere gli unici artefici della pianificazione di strategie globali. E’ a questo livello che va conquistata una svolta radicale che riconduca appunto alla dimensione statuale, che per noi non può che voler dire Europa democratizzata, l’indirizzo delle scelte per affrontare temi e contraddizioni che su scala globale si pongono sottraendoli alla scelta irresponsabile di mercato e profitto.
E qui viene il secondo interrogativo di fondo o nodo da sciogliere sul quale invece le prime mosse di Biden sembrano andare in controtendenza: tutto questo lo si può fare delineando uno scenario di collaborazione globale o rilanciando invece tutte le sfide competitive, con le relative possibili gravi conseguenze di una inedita guerra fredda e una rinnovata rincorsa agli armamenti?
E qui davvero occorrerebbe un’Europa che sapesse far sentire la propria voce piuttosto che accodarsi alla ‘ritrovata’ guida americana.
Penosa, da ultimo, l’adesione italiana a quelle sanzioni contro Cuba che nel momento del nostro bisogno più acuto, pur avendo molto meno di noi, non aveva fatto mancare la sua solidarietà…
E allora questi temi bisognerebbe trovare nel confronto pubblico italiano che invece rimane ancorato a profili di provincialismo assoluto.
E così, in questo tempo in cui occorrerebbero giganti, stiamo ad assistere alle gare dell’aperturista ad oltranza, che dovrebbe vergognarsi per come dal suo partito è stata ridotta la sanità nel cuore pulsante del paese che è la Lombardia o a quella di chi gareggia per arrivare primo non nel progettare un uso alto del Recovery e a ridisegnare un sistema socio-sanitario allo stremo, ma allo Sputnik vaccinale per la sua regione, altro cuore del paese, la Campania che invece, appunto, meriterebbe ben altro.
Nani che dominano la scena del contingente.
* L’immagine in evidenza è tratta da Wikipedia