di Ugo Leone

Si può non essere tifosi; si può non capire di calcio, ma se si hanno occhi per vedere e si è visto giocare Maradona non ci si poteva non chiedere “ma come fa? ma come ha fatto?”.
E in molti ce lo siamo chiesto. Sino ad osannarlo –in questo caso in qualità di tifosi- elevandolo agli altari del calcio come un dio.

In Argentina, dove era nato, certamente, ma forse ancor più a Napoli che è città
capace di innalzare e di abbattere chi ama e chi dovesse tradire: l’amato Maradona, per esempio, e gli odiati Altafini e Higuain mandati due volte nella polvere, dopo essere stati due volte sull’altar.
Se Manzoni non fosse morto gli avrebbe dedicato un’ode, la avrebbe intitolata “Il 25 novembre” e l’avrebbe cominciata così:

Ei fu. Siccome immobile,
dato il mortal sospiro, /stette la spoglia immemore /orba di tanto spiro, /così percossa, attonita /la terra al nunzio sta, /muta pensando all’ultima /ora dell’uom fatale; /né sa quando una simile /orma di pie’ mortale
la sua cruenta polvere /a calpestar verrà.
Poi sarebbe andato avanti, sempre in versi, a raccontare i fasti passati ricordando che “Dall’Alpi alle Piramidi, /dal Manzanarre al Reno, /di quel securo il fulmine/tenea dietro al baleno;
Poi, ancora, si sarebbe chiesto: “Fu vera gloria?” Lasciando “ai posteri l’ardua sentenza”.
Ma noi possiamo dirlo subito che sì, fu vera gloria. La vita non gli è stata sempre facile. Tanto che “forse a tanto strazio /cadde lo spirto anelo, /e disperò

Però, come si dice, Dio c’è e “valida venne una man dal cielo”.
E quella mano che mandò a fondo l’Inghilterra nella memorabile Coppa del mondo del 1986 è stata appunto la mano de Dios.
Ora Dio se lo sarà scordato e anche di Maradona possiamo dire Ei fu. Ma perché?
Forse ce lo ha detto Pelè: lo ha chiamato ad allenarsi per qualche altra divina partita.
E ora Tu dalle stanche ceneri/sperdi ogni ria parola: /il Dio che atterra e suscita, /che affanna e che consola, /sulla deserta coltrice /accanto a lui posò.”
Napoli lo ha osannato e gli ha dedicato in vita anche un Te Diegum. Perché
“tutto ei provò: la gloria
maggior dopo il periglio,
la fuga e la vittoria,
la reggia e il tristo esiglio;

Ma contrariamente ad altri che hanno pure calpestato l’erba del sacro campo del San Paolo, è stato più volte sull’altare ma mai nella polvere.
Perché, come ha scritto Erri De Luca “È il trionfo breve a restare perfetto nella memoria; non le dozzine di scudetti, ma il paio”. Se poi prima o poi dovessero diventare tre non ci dispiacerà e il terzo lo offriremmo a Maradona…

Ugo Leone




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