Lo scorso 13 maggio abbiamo tenuto un appassionato e partecipato VIDEOFORUM dedicato alla scuola e alla didattica, animato da oltre 70 partecipanti, dai loro contributi e da quelli introduttivi di Nuccio Ordine e Pietro Folena. Così come avviene per tutti i FORUM che stiamo promuovendo, ancor di più in questo caso insieme all‘Associazione Koinokalò e ad Esse Associazione , proviamo ad elaborare un DOCUMENTO DI SINTESI che raccolga spunti di analisi e proposte, per continuare la discussione. Eccolo qui pubblicato come materiale di lavoro offerto ad un ulteriore confronto e arricchimento. E abbiamo già fissato il secondo appuntamento di confronto e di approfondimento: il prossimo 29 maggio con il Sottosegretario alla Pubblica Istruzione, on. Giuseppe De Cristofaro.
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Da troppo tempo non c’è una discussione sulla scuola, sul ruolo di un moderno servizio pubblico, sulla realtà dei suoi protagonisti. L’ultima riforma, la Buona Scuola, ha mancato largamente questo obiettivo e anzi si è tradotta prevalentemente in una ulteriore escalation aziendalista nella vita scolastica.
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Servono idee e risorse. Servono idee per ricollocare la scuola in quella posizione di centralità sempre evocata, spesso retoricamente affermata ma poi realmente perseguita con difficoltà. E allora, ecco l’opportunità/esigenza che lo sconvolgimento rappresentato dalla pandemia può recare con se’: aprire una Grande e Partecipata Discussione Pubblica sulla Scuola, sul suo Rinnovamento di cui vi è un enorme bisogno, sulla sua Riforma vera. Da questa discussione, se sarà effettivamente tale da coinvolgere cioè l’intera comunità scolastica, centri di ricerca e di formazione, il meglio del pensiero e della cultura, la società, le sue associazioni, le famiglie potranno derivare indicazioni fondamentali per arricchire di contenuti quella Riforma.
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Qual è il pericolo maggiore che la Scuola Pubblica ha da fronteggiare? A nostro modo di vedere vi è il rischio concreto che la funzione di garanzia dell’uguaglianza – perché l’accesso garantito alla cultura, al sapere, alla formazione ne rappresenta uno dei motori fondamentali – che la Scuola pubblica ha promosso sia radicalmente messa in discussione e che si affermino livelli diversi segnati dalla condizione sociale e tali da accentuare le disuguaglianze già fortissime all’interno della società. E’ già così nel confronto tra Nord e Sud del Paese. E’ già così nel confronto tra aree ricche del tessuto urbano e aree periferiche. Non solo nella società contemporanea le ‘agenzie formative’ sono molteplici, ma emerge sempre più una realtà di spinta alla dequalificazione della Scuola pubblica, ben oltre lo sforzo generoso del suo personale tutto, in favore di pochi centri di formazione privata riservati alla parte più ricca della società. E così la Scuola, e l’intero sistema formativo italiano, corrono il rischio di diventare da strumenti di elevamento e di promozione sociale, strumenti che certificano una distanza crescente di opportunità.
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Ecco allora l’urgenza di un dibattito sulla Scuola e di idee intorno a cui articolare una Riforma profonda che risponda esattamente a questo pericolo. E allora, per noi valgono tre principi fondamentali da usare per orientare tutte le scelte concrete: una Scuola centro di produzione di Cultura e non di modelli aziendalisti; centro di Formazione e non di mercatizzazione del sapere; promotorice di Capacità Critica e non di omologazione.
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Servono risorse. Veniamo da almeno tre decenni nei quali la funzione del Pubblico, ruolo e risorse, è stata radicalmente messa in discussione. Le crisi economiche che si sono susseguite, da ultimo quella del 2007/2008, hanno lasciato gli Stati sempre più indebitati per fronteggiarne le conseguenze sociali e con sempre meno risorse da investire nella società e nelle sue strutture portanti. E così , la Scuola, come la Sanità, sono diventate centri di ‘costo’ da contenere e non campi di investimento strategico per il futuro. Il blocco delle assunzioni, la ristrettezza delle risorse disponibili, la fatiscenza di strutture e servizi, il numero crescente di alunni per classe, i processi di accorpamento degli istituti: tutto questo ha concorso a colpire a fondo la prospettiva della Suola Pubblica. E questo nonostante che su di essa si siano accumulate domande nuove; nonostante esperienze innovative diffuse, di cui si sono resi protagonisti studenti e insegnanti, anche in collaborazione con la rete di istituzioni locali.
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Se una cosa ha detto la Pandemia è che il Pubblico, inteso come società e come comunità , deve venire prima di mercato e profitto. Con le Idee per la Riforma Vera della Scuola servono anche Risorse adeguate, un grande Programma di Investimento pluriennale, che migliori strutture, per più e più adeguato personale, per una revisione della stessa didattica tale da rispondere alle esigenze nuove maturate. L’esigenza di praticare modelli organizzativi che assicurino distanziamento e sicurezza per studenti e docenti non può tradursi in un ulteriore condizione di precarietà e di estraneità della scuola.
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In questo quadro, la Scuola-Comunità è irrinunciabile! Anzi, la Riforma è indispensabile per rilanciarla. Si eviti di compromettere una insostituibile dimensione formativa umana per bambini e ragazzi per i quali la condivisione di una esperienza didattica e la reciproca scoperta rappresentano un tassello decisivo nel percorso formativo di una equilibrata personalità : irrinunciabile. Il discorso sulla ‘classe’ assume centralità in questa ottica. Che poi la ‘classe’ debba perseguire anche sempre più modelli didattici coinvolgenti, orizzontali anche, anche questo è fuor di discussione. E in quella Grande Discussione che invochiamo questo dovrà rappresentare uno dei campi di riflessione più importanti.
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La Scuola-Comunità non rinuncia all’innovazione: l’esperienza della didattica dell’Emergenza ha reso possibile un minimo di continuità didattica. E quindi non può che essere salutata positivamente. Sono emersi anche percorsi originali che se approfonditi possono rappresentare un allargamento di opportunità per la Scuola. Quindi per noi la diffusione di esperienze didattiche e formative capaci di ‘sfruttare’ appieno le opportunità offerte dalla ‘rivoluzione digitale’ rappresenta un elemento non secondario di una Riforma Vera. Essendo chiaro, questo vogliamo sottolineare, che tutto questo si presenta come arricchimento, integrazione, innovazione anche ma non come sostituzione di quella dimensione comunitaria che come abbiamo appena detto, rimane per noi irrinunciabile per la Scuola.
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La realtà digitale è il presente in cui siamo già immersi non un futuro di là da venire. Per i ‘nativi digitali’ non è che esistano altre realtà. Occorre dunque essere ancora più avvertiti su opportunità ma anche su veri e propri pericoli e insidie che si celano in un rapporto acritico con lo ‘strumento’ digitale se assunto come neutro. L’architettura di una piattaforma; le modalità di uso; la trasparenza nell’uso della gran massa di dati che dall’uso derivano; la titolarità della elaborazione di contenuti possono essere indirizzati verso la condivisione, verso la partecipazione, verso la trasparenza, verso il controllo comuni o invece possono essere indirizzati verso finalità e obiettivi non espressi, non trasparenti ma tutti tendenti a ridurre la dimensione del rapporto con il fruitore a quello di consumatore acritico. Poiché stiamo parlando non di merci ma di sapere e cultura è evidente che tutto deve essere fatto per evitare che cultura e sapere si riducano a pura merce: non è un discorso tra fautori e oppositori dell’innovazione che stiamo facendo.
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Se vediamo come centrale per la Scuola la maturazione di tutti gli elementi di comprensione critica del tempo in cui viviamo, il primo esercizio critico va esercitato proprio nei confronti del digitale. Tanto più se applicato al sapere e alla conoscenza, proprio per evitare in Europa e in Italia quello che sta emergendo come realtà dei modelli formativi negli Stati Uniti ad esempio, dove la Scuola pubblica ‘dequalificata’ è inondata di nuovi strumenti tecnologici mentre la Suola privata delle elite riscopre in valore del rapporto diretto tra insegnante e gruppi ristretti di studenti…Il digitale è già oggi il più grande terreno di sviluppo di una asimmetria di conoscenza che è diventata anche asimmetria di potere reale, nella quale pochi grandi operatori globali pianificano le loro strategia al di fuori di qualsiasi quadro condiviso e trasparente. Si dirà, ma perché dovrebbero dare conto? Ma per un motivo semplicissimo: perché il fondamento del loro potere si fonda sulla raccolta, elaborazione e valorizzazione di una materia prima del tutto particolare, i dati che la nostra vita produce in tutte le azioni digitali che realizziamo. Occorre esserne avvertiti proprio per evitare che in questa stretta anche il territorio della Scuola si apra a logiche proprie dei protagonisti e operatori globali della rete pronti a dilatare la propria soggettività anche in questo mondo vitale. E qui vale la pena di approfondire un attimo il discorso con un …
DECALOGO AGGIUNTIVO SULLA SCUOLA E LA RIVOLUZIONE DIGITALE
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Loro sanno tutto di noi. Noi niente di loro. GAFAM ( i favolosi 5 : Google,Amazon,Facebook,Apple, Microsoft) sono i protagonisti del mondo della rete; rappresentano l’epicentro di un sistema incardinato sulla connessione alla rete sempre più pervasiva e diffusa e hanno trasformato il territorio digitale nell’opposto di quello che semplicisticamente tanti immaginavano agli albori: non il campo di esplosione di mille istanze partecipative, mille fiori, fino alla democrazia globale ma invece il territorio più aspro di sedimentazione di nuovi monopoli e di nuove espropriazioni. E anzi, succede spesso che una spinta partecipativa si risolva in modo apparentemente appagante in una bulimica e frantumata presenza in rete.
E così, per stratificazione successiva, quelle potenzialità effettive di allargamento della partecipazione che si collegavano alla possibilità di entrare in relazione istantanea, oltre ogni barriera temporale e geografica, sono state sepolte invece da un affermarsi progressivo di modelli proprietari che hanno prevalso su quelli open source, improntati alla condivisione e alla trasparenza. Importanti pratiche e modelli open source vivono ancora e sono anzi a base della diffusione e della crescita della conoscenza e della capacità di affrontare e risolvere problemi attraverso la condivisione e lo spirito cooperativo nella ricerca e nel lavoro. L’abilità maturata dai ‘padroni della rete’ è quella poi di intercettare il meglio di questa ‘condivisione’ a ingabbiarla in una dimensione proprietaria.
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In virtù della straordinaria crescita della potenza di calcolo veicolata dall’informatica e accumulata in Big Data ‘lavorati’ poi attraverso sofisticati ‘algoritmi’ , i nostri 5 campioni sono diventati capaci di ‘catturare’ tutti i dati che produciamo nella nostra vita digitale nell’ambito della quale siamo ‘contati’ in ogni momento: quando usiamo lo smartphone, navighiamo in rete, facciamo acquisti on line, paghiamo con la carta di credito, quando prenotiamo uno spettacolo o un servizio di trasporto, quando chattiamo o scriviamo un post, quando mettiamo un like, quando facciamo DAD, quando siamo svegli, quando dormiamo…Nell’arco della giornata produciamo una massa enorme di dati. Chi usa questi dati? Per farne cosa? Ma sono nostri o no? E se sono nostri perché noi non sappiamo niente di come e perché vengono usati?
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I nostri ‘campioni digitali’ hanno scoperto che la ‘lavorazione’ dei nostri dati può diventare una delle più redditizie attività che si possano intraprendere. Ed è così che , ‘lavorando’ i nostri dati, hanno raggiunto un fatturato di oltre 700 miliardi di dollari all’anno. Quindi i nostri dati producono ricchezza enorme: per loro. Questi Data vengono ‘valorizzati’ economicamente nell’immediato : contati e ‘segnati’ si traducono in materia utile da collocare sul mercato dei venditori’ di qualsiasi cosa. Ormai è sufficiente che noi pensiamo quasi soltanto una cosa ed ecco l’ ‘offerta di acquisto’ che ci arriva in tempo reale sul telefonino, sul computer, come messaggio…E il come rispondiamo a quella offerta di acquisto ( indifferenti? Acquistiamo? Quanto tempo la ‘guardiamo? Che espressione facciamo nel vederla?…), diventa a sua volta altro dato comportamentale da ‘contare’, accumulare, impacchettare per successive lavorazioni. L’obiettivo è spingere la dimensione dell’individuo in quella monodimensionale di consumatore acritico.
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Ma la potenza di calcolo a cui abbiamo fatto riferimento reca con se’ altre opportunità. Diversi ricercatori hanno qualificato il di più dei nostri comportamenti ‘contati’ in rete non immediatamente utili ai fini anche dei ‘consigli per gli acquisti’ , ‘surplus comportamentale’. Più dati si hanno a disposizione più si riescono a definire ‘profili comportamentali’ che raggiungono una precisione straordinaria, attenzione : persona per persona e tali da poter elaborare scenari predittivi su tendenze e comportamenti. E quindi, altra materia da immettere sul mercato e da valorizzare economicamente. C’è fior fiore di studiosi che ricerca e lavora per realizzare quello che diversi ‘ideologi’ dei nostri 5 hanno teorizzato in questi anni : è possibile, elaborando in modo sempre più sofisticato una massa sempre più grande di dati, giungere a prevedere i nostri comportamenti. Anzi, il salto pronto è : non prevedere ma spingerci a comportarci in un certo modo, a fare certe scelte. Fantapolitica? E’ realtà. Certo, tuto questo oggi è fondamentalmente limitato alla dimensione commerciale, è già ha conseguenze inquietanti. Ma è vero che è già oggi solo su questo terreno? Forse che Cambridge Analytica o i tentativi di influenzare elezioni e voti in Inghilterra , negli Stati Uniti o in Germania non dicono già che sta debordando in altri ambiti?
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Servono sempre più dati. E più dati si hanno quanto più si è connessi. Ecco la connessione 24 ore su 24. Anche mentre dormiamo il telefonino acceso parla di noi. E non basta. Non devono esserci tempi morti: il tempo nell’auto deve essere di connessione. Lo stesso nel treno. Lo stesso per lo jogging con le tante app utili a monitorare il mio sforzo. E sempre di più è così a casa, con gli elettrodomestici smart, intelligenti, che ‘parlano’ tra di loro, si scambiano dati, ‘sorvegliano’ quello che facciamo, i nostri movimenti, quanto tempo dedichiamo a questo o a quello; quanto tempo siamo davanti alla tv, quali sensazioni ci provoca quello che vediamo. E sempre di più così ha da essere la città con i suoi flussi di vita che diventano flussi di dati.
E così ha da essere la scuola alla quale si mettono a disposizione le piattaforme più belle, i contenuti più scintillanti: tutto è fatto ‘per noi’, per ‘avvicinarci di più’, peraltro molto spesso sono usi che vengono proposti in modo gratuito e che spingono a sostituire architetture di rete, piattaforme e contenuti autonomi, autogestiti, derivanti da esperienze comuni tra scuole e docenti anche lontani, open source.
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Insistiamo: tutta questa impalcatura si fonda sull’uso dei dati delle nostre vite. Anzi, sempre di più, sull’uso della nostra vita e si traduce non nella creazione di ricchezza, come dicono di fare i nostri 5 campioni, ma in un esproprio di ricchezza nei nostri confronti, di vera e propria rapina. Il primo passo per mettere in discussione questa realtà è nominarla, renderla cognita, sviluppare consapevolezza su di essa.
E non è già in questo che la Scuola ritrova una sua missione fondamentale per rendersi utile nel far vivere appieno la posta in gioco che è di fronte proprio al presente e al futuro dei ‘nativi digitali’, i più interessati a sviluppare una comprensione critica di questi fenomeni? E di questa ‘criticità’ ci sarà bisogno per ribaltare la più grande situazione di ignoranza che ci avvolge ( e torna la Scuola, ma non è essa la prima sede deputata a far cadere ogni velo di ignoranza?): non è mai esistita come nell’oggi una concentrazione di conoscenza come quella che è nelle mani di ‘lorsignori’ che sanno tutto della vita più recondita di oltre 4 miliardi di uomini e di donne del Pianeta mentre noi non sappiamo niente di loro, delle loro strategie. E questa asimmetria, essendo enorme ed essendo sulla conoscenza, è immediatamente una asimmetria di potere. Chi potrà muovere una contestazione a questo potere se non le giovani generazioni di oggi? Farlo è questione essenziale di giustizia, di libertà, di uguaglianza, di democrazia.
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Proprio sulla sanità viene un esempio immediato di quello che vogliamo dire: sarebbe stato di aiuto prezioso per combattere la Pandemia e i suoi devastanti effetti , se tutti i dati in possesso dei 5, e dei loro omologhi cinesi, fossero stati messi a disposizione per favorire il contrasto al contagio. Pur richiesti, anche in Europa, si sono guardati bene dal farlo: non bisognerebbe dimenticarlo. E invece, ‘lorsignori’ sono dediti ad impiantare programmi e servizi, ad accesso solo per chi potrà consentirselo con tanti soldi, per ‘allungare la vita’ attraverso specifiche analisi predittive. Ecco un altro esempio di possibilità e opportunità che potrebbero essere per tutti mentre, se non cambia nel profondo qualcosa, saranno a disposizione solo di pochi anche se per ‘profilarle’ sono stati utili anzi indispensabili anche i dati di tutti.
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La vera domanda da porsi allora è: ma esistono altre strade? Esistono altri modi per ‘valorizzare’ socialmente la rete, le sue opportunità? Esiste un percorso possibile ‘aperto’ di condivisione e non di espropriazione? Esistono tantissime esperienze in questa direzione, nascono anche ogni giorno. In qualche modo anzi questa è la contraddizione che vivono i protagonisti del monopolio: per tenerci sempre più connessi alla rete, spingono anche a ritrovarci sempre di più a lavorare insieme. Ma questo ritrovarci e lavorare insieme può diventare una grande molla per mettere in discussione proprio la Grande Asimmetria.
Al tempo stesso, i dati prodotti in quei territori e in quelle città che si vogliono sempre più connessi fanno il più delle volte capo a strutture pubbliche o pubblicistiche che quindi volendo potrebbero valorizzarli per fini sociali: mobilità, servizi locali in capo a municipalizzate, acqua pubblica, salute, solo per fare alcuni esempi.
E allora, per cominciare: la prima cosa da affermare a tutti i livelli, in tutte le situazioni dove c’è un soggetto pubblico coinvolto, ed è questo il caso della scuola, è rivendicare la non utilizzabilità dei dati per finalità altre dall’uso specifico; la sovranità esclusiva sui propri dati; l’obbligo di usare piattaforme aperte e non destinate a diventare canali di promozione commerciale, tanto più se parliamo di cultura e di sapere. E quindi, non sottoscrivere e non consentire nessun ‘accesso a scuola’ che prescinda da questo quadro di garanzie.
Dal Ministero, agli Uffici scolastici regionali, agli Istituti, in nessun modo e in nessun caso devono essere messi a disposizione raccolte e registrazioni di dati nell’uso di piattaforme che segnino una espropriazione della loro titolarità d uso.
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L’esperienza di alcune grandi città, Sidney, New York, Barcellona, Stoccolma…ci dice che possono vivere reti digitali, servizi digitali, innumerevoli app frutto anche della creatività di tanti giovani, colti e preparati, non dediti alla estrazione commerciale di dati e ricchezza ma finalizzati a far vivere meglio le persone, più informate, più vicine, più partecipi, proprio a partire dal mantenimento in capo a loro della titolarità dei dati prodotti. Anzi, queste esperienze ci dicono che possono raggiungere flussi di uso superiori a quelle dei 5.
Sempre per cominciare dunque, una seconda scelta, qui è il ruolo del Pubblico e qui si ritrova anche una opportunità straordinaria per fare di nuovo centro sulla Scuola : in collaborazione con le Università e i Centri di ricerca, con il supporto tecnico ed economico del ministero e degli stessi Enti Locali, si sperimentino e realizzino piattaforme aperte e condivise finalizzate all’apprendimento e fondate sulla non espropriazione dei dati ma anzi sulla loro messa a fattor comune.
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E ancora per cominciare, terzo punto, si chiamino tutte le istituzioni culturali e formative, le Università, i Centri di Ricerca, la RAI con le sue strutture produttive, e poi attraverso appositi bandi rivolti ai mille profili professionali della produzione culturale e audiovisiva ( altro lavoro per tanti giovani ), a immaginare una nuova generazione di contenuti culturali e formativi pensati per la rete e pensati per rafforzare, dalla rete, la dimensione di comunità, vero punto di partenza e di arrivo di ogni discorso.
Un grande spazio per la straordinaria creatività dei produttori di cultura in un paese come il nostro tra i più ricchi al mondo proprio di cultura.
Tutto, orientato socialmente, volto alla crescita dei più e non al tornaconto dei pochi.
E non è anche in questo che la Scuola, la nostra Scuola Pubblica può assicurarsi una grande funzione e una grande centralità?
Che tempestività: ho appena scritto.un mio commento.in risposta ad Ida Di Maio e ad altri. Ottimo documento di sintesi InfinitiMondi! Al 29 maggio.