Salviamo le nostre acque

La foto che è stata riportata da molti giornali segna in modo inequivocabile un dato inquietante: la ripresa delle fonti di inquinamento nelle acque dei Regi Lagni e degli altri fiumi che scaricano veleni tossici nel nostro mare. Per ironia della sorte la ripresa di questa triste pratica è avvenuta in coincidenza del 4 maggio, la data che doveva segnare il ritorno ad una normalità della nostra vita e delle nostre attività nell’era del contagio.
Purtroppo si ritorna alle cattive pratiche che ci hanno segnati come terra dei fuochi e dei veleni. Che ci riportano alle immagini dolorose del mare inquinato, delle coste e dei corsi d’acqua devastati dagli scavi e dagli scarichi più devastanti. Si ritorna ad una normalità disumana.
Di fronte a questo spettacolo non è possibile rassegnarsi: bisogna reagire e colpire i responsabili. Certamente ci sono le impronte della camorra, di quella che lucra e chi specula sui traffici più immondi, come quelli dei rifiuti tossici che avvelenano il futuro nostro e delle nuove generazioni, che inquinano anche le falde acquifere e rendono velenosi gli stessi prodotti (alcuni tipici) delle nostre terre. Bisogna far cresce una coscienza civica nel profondo, a partire dalle scuole. In qualche modo lo stanno facendo le associazioni e i vari comitati ambientalisti.
Ma non basta. Occorre un’azione più incisiva di bonifica e di prevenzione da parte degli enti e delle istituzioni locali, in primo luogo da parte dei comuni per frenare gli scarichi abusivi ed inquinanti. Il fenomeno va affrontato a monte, con l’adeguamento delle reti fognanti e degli impianti di depurazione (per i quali solo alcuni dei 104 comuni della nostra provincia sono in regola con le norme vigenti). Nello stesso tempo vanno estese e rafforzate le misure di contrasto e di denuncia da parte delle forze di polizia e degli organi dello stato, con interventi mirati (anche con l’uso di nuove tecnologie, come i moderni droni). E qui emerge una nota molto dolente: la necessità di un atto di responsabilità e di partecipazione da parte delle associazioni datoriale, nei confronti di quelle imprese che continuano ad operare in modo illegale e criminale: quelle industriali che depositano sotto terra gli scarti delle loro lavorazioni, a volte nelle aree prospicienti all’ASI. A cui si aggiungano le aziende dei grandi allevamenti zootecnici, che non esitano a far versare nei nostri fiumi i reflui velenosi delle loro stalle.


A tal fine sarebbe utile attivare un Osservatorio Civico – nella sede della Prefettura di Caserta – con la partecipazione dei comuni e dei vari enti pubblici, affiancati anche dalle competenze delle associazioni del terzo settore, a partire da quelle ambientaliste, che sono già molto attive sul nostro territorio (a partire dalla Lipu, da Legambiente, dal WWF fino ad Agenda 21 e al Comitato Campania Felix.


Pasquale Iorio – Le Piazze del Sapere

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1 commento

  1. Ottimo un Osservatorio civico, nella speranza che ci sia determinazione politica nel contrastare lo scempio.

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