Uso le domande che pone, retoricamente, Gianfranco Nappi con il suo ultimo intervento nel dibattito sul possibile riarmo europeo. Un dibattito che , come spesso accade a sinistra, inevitabilmente ci sta dividendo non tanto lungo il crinale di un pacifismo irrinunciabile, ma ,ancora una volta, sulla comprensione della fase politica e tecnologica che stiamo vivendo e circa una possibile proposta alternativa alla destra sovranista.
Ma davvero l’Europa, per difendersi non ha altra scelta che investire nella difesa in nuovi sistemi d’arma, perfino nel nucleare? Chiede Nappi sicuro della ineluttabilità di una risposta negativa.
Io penso invece che una sinistra, aggiungo una sinistra radicale che voglia davvero abilitare un antagonismo di sistema, e non solo commuovere istituzioni governate da destra, come , in ultima analisi mi sembra che tenda a fare la manifestazione promossa da Repubblica, debba rispondere affermativamente.
A differenza che alla vigilia delle due devastanti guerre mondiali che abbiamo alle spalle e che hanno dato forma alla contrapposizione fra pace e guerra, oggi ci troviamo in una fase in cui la difesa di un paese, tanto più di un intero continente, sia inseparabile dalla sua sicurezza quotidiana, ormai permanentemente insidiata da un regime di guerra ibrida che ha definitivamente sostituito lo stato di pace.
La lezione che dobbiamo ricavare dai due conflitti in corso- quello in Ucraina, non dell’Ucraina; e quello a Gaza, condotto da Israele – è che oggi l’alternativa di guerra non è più pace ma è uno stato di continua interferenza e manomissione del senso comune di una comunità che mira a squilibrarne gli assetti di governo, radicalizzando lo scontro fra istituzioni e base sociale.
Pensare di essere oggi in una condizione di pace da difendere per quello che appare, ignorando la condizione di contrasto che è già in atto con gli apparati digitali di stati e interessi antagonistici significa ignorare come sia cambiamo lo scenario.
Le incursioni degli hacker di matrice russa nelle ultime campagne elettorali sia in America che in Europa, a favore di una rissosità senza politica e a supporto di leadership più reazionarie e filo-fasciste ne sono la più tangibile dimostrazione. Da Trump alla Brexit fino alle sobillazioni anti immigrazione in Francia e Germania, e nella stessa ultima campagna elettorale in Italia, ci danno conto di come sia spettacolarmente mutato lo scenario geo politico. Questa è guerra, è una forma di conflitto sperimentata prima dagli USA, attorno al 2010 con le primavere arabe e le sollevazioni arancioni nell’est europa, e poi riproposte dallo Stato maggiore Russo con il noto saggio di Valery Gerasimov sulla guerra ibrida del 2013, un anno prima della costituzione della società Cambridge Analytica, in cui si teorizzava che “si combatte alterando il senso comune del paese avversario”. Non è questa la tradizionale propaganda, non sarebbe una novità, ma è un’inedita procedura che profila ,uno per uno, intere comunità di elettori, a cui ci si riferisce individualmente con batterie di bot che producono milioni di messaggi personalizzati.
Lo ha documentato persino Elon Musk all’indomani dell’elezione di Trump quando ha contabilizzato il suo contributo a quella vittoria: 2 miliardi di post concentrati su 26 milioni di elettori nelle contee contendibili.
Certo che se si considera questo fantasticherie, fantapolitica da smanettoni, esattamente come consideravamo internet 20 anni fa un giochino innocuo per bambini deficienti, allora parliamo di pianeti differenti.


In questo pianeta, quello che vedo, in cui la sinistra tradizionale del lavoro e della materia fisica, non esiste più a nessuna latitudine e per nessuna finalità, si deve combattere questa guerra.
In questo orizzonte non esistono più tecnologie di pace e tecnologie di guerra, apparati buoni e apparati cattivi, semmai sono proprio le strumentazioni apparentemente civili che producono le nuove forme di combattimento automatico. Il riconoscimento visivo che rende le risonanze magnetiche più efficienti sono sistemi di guida dei droni, le connessioni satellitari che permettono la connessione nei paesi più disagiati sono sistemi di georeferenzazione delle forze blindate, gli algoritmi di intelligenza artificiale che scannerizzano il territorio sono terribili apparati di programmazione dei bombardamenti. Ora dobbiamo decidere: dobbiamo essere subalterni e sudditi del monopolio americano o possiamo avere l’ambizione di essere autonomi e indipendenti come europei?
Dobbiamo essere clienti subalterni di Elon Musk per i satelliti di connessione o possiamo metterci in proprio ?
Oggi l’emergenza di difesa ci impone queste scelte.
Dovevamo farle prima per non dover poi essere condizionati oggi ? Certo , ma perchè non l’abbiamo fatto? Perchè quando governava la sinistra la stragrande maggioranza dei paesi comunitari non ci siamo posti il problema di essere autonomi almeno nelle funzioni più basilari quali la sicurezza ? Perché ad esempio negli ultimi dieci anni abbiamo , nel silenzio complice più assoluto, fatto crescere il monopolio non di un paese ma di una singola persona nelle connessioni satellitari pur avendo l’Europa uno delle principali flotte con il gruppo Eutelsat?


Il piano della Von der Leyen è la soluzione di questi mali? Certo che no. E’ un piano generico e pasticciato, ancora confuso fra le ambizioni nazionalistiche dei singoli paesi e una strategia unitaria. Ma è pur sempre il pretesto per chiederci se si vuole costruire un’Europa indipendente in ogni stadio delle relazioni geopolitiche, capace di integrare i popoli nella piena sicurezza della sua democrazia che oggi significa avere una capacità tecnologica e anche militare adeguata ai tempi, sfruttando le economie di scala che permettono lo sviluppo di soluzioni digitali essenziali anche per i servizi civili.
Ma davvero siamo così scoperti dinanzi ad una minaccia militare, chiede ancora Gianfranco? Si.
Siamo del tutto inadeguati tecnicamente, impreparati culturalmente, disorganizzati politicamente. Proprio la resistenza ucraina dinanzi ad un paese della dimensioni della Russia dimostra che non sono le masse critiche che fanno la differenza. I 450 milioni di europei sono stati fino ad ora difesi da 300 milioni di americani contro un potenziale pericolo di 150 milioni di russi perché questi ultimi due contendenti erano un soggetto politico e militare compatto, e coordinato, l’Europa non lo è. Proprio le nuove tecnologie digitali possono creare quel collante sociale, quella mobilitazione scientifica e culturale che potrebbe farci fare un salto di qualità.


Il digitale non è come il vecchio dispositivo industriale militare un apparato verticale, è un sistema decentrato e distribuito che implica, lo spiegava perfino Adriano Olivetti più di 60 anni fa, una forte complicità popolare. Queste tecnologie implicano procedure collaborative, competenze integrate, ricerca continua, e applicazioni creative che non vengono realizzate da un pugno di ingegneri e poi prodotte da esecutori. Questa nuova realtà ci mostra come una cultura democratica sia , contrariamente alla vulgata del secolo scorso, non solo più accettabile ma anche più efficiente di modelli verticali e disciplinari.
Dobbiamo giocare questa carta. La sinistra deve giocare questa carta per spostare gli equilibri che vedono oggi la destra all’attacco in Europa.


Infine come ci si difende? Con la politica risponde Nappi. Ma quale politica?

Una strategia che neutralizzi ogni illusione espansionista di chi dopo aver affossato l’Unione Sovietica, ha depredato il proprio paese, trasformandolo in un novello gulag per oppositori, sindacalisti e giornalisti ed oggi si propone come regista delle destre di tutta Europa. Quella con Putin non è una contrapposizione internazionale, è uno scontro politico interno , fra una destra radicale che mira a distruggere ogni vincolo pubblico e ogni impaccio e democratico e le forze che credono che lo sviluppo sia appunto partecipazione e spazio pubblico. Uno scontro che si combatte su quel fronte ibrido che congiunge i comportamenti materiali alla cybersicurezza, dove la potenza di calcolo diventa il presupposto per difendere la democrazia da interferenze che si fanno sempre più sofisticate.
La lezione di Togliatti e Gramsci negli anni 30 fu proprio quella che la politica estera non è divisibile da quella interna: un regime fascista produce guerra e va fermato nella sua illusione di poterla vincere.
Per ottenere una tregua bisogna crederci in due. Da tre anni Putin rifiuta ogni mediazione perchè aspettava Trump, perchè lavorava alla vittoria di Trump. Oggi ancora di più è sicuro di aver vinto. Dargli questa certezza sarebbe terribile, come a Monaco nel 38.
Non possiamo ora rinunciare ad un protagonismo politico a tutto campo che possa vedere finalmente un’ Europa senza tutori ad ovest e senza incubi ad est, che comprenda come non sia il deficit di bilancio il suo nemico ma la disuguaglianza sociale e l’impotenza tecnologica.


Certo che per agganciare la spesa per la difesa a questa prospettiva non basta una predicazione , ci vuole un partito, una forza politica che muti , innanzitutto in Italia, ma poi nel resto dell’Unione, gli orientamenti. Una maggioranza conservatrice, ricattata da forze emergenti reazionarie, non potrà mai interpretare questo programma. Per questo non deve bastarci una petizione di principio, quale quella che scenderà in piazza il 15 marzo, ma diventa urgente, drammaticamente necessaria, la consapevolezza di una presenza nuova di sinistra che parli a questo popolo dei saperi e delle attività che deve contendere , conflittualmente, il monopolio nella riprogrammazione della nostra vita a chi ha confiscato il nostro futuro, manipolando ogni senso comune.

Michele Mezza







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