Il lupo grigio. Le indagini del commissario Armand Gamache
Louise Penny
Traduzione di Letizia Sacchini
Noir
Einaudi Torino
2024 (orig. 2024)
Pag. 579 euro 17
Three Pines (così piccolo da non comparire sulle mappe), Québec orientale, sud
di Montréal, confine con il Vermont. Dalla scorsa estate. Una domenica mattina
di metà agosto Jeanne Caron, capa dello staff del vicepremier, cerca più volte
Armand Gamache, ora capo della Omicidi della Sûreté du Québec, mentre si
riposa, intorno la moglie archivista e bibliotecaria Reine-Marie (figli e nipoti
abitano vicino ma non con loro), amici e cani di ogni sorta. A lungo lui non
risponde al numero governativo che compare e rifiuta di dire chi lo cerca,
quella donna aveva costruito una trappola quasi mortale contro il figlio, non la
sopporta proprio. Poi manda a quel paese il centralinista per ribadire di non
volerla incontrare. Tuttavia, viene avvisato che è scattato l’allarme nel loro
appartamento di Montréal. Così, vanno a dormire lì in città (dopo la cena con
un’affiatata coppia). Di mattina lui va in ufficio (sta indagando su due omicidi
inspiegabili, con le medesime modalità ma a grande distanza, sembrano
esecuzioni) e cominciano ad accadere effettive stranezze: arriva un pacco per
Gamache all’accettazione, è stato incartato in un significativo foglio di giornale,
contiene il suo soprabito estivo (evidentemente rubato dall’attaccapanni dentro
casa), trova tre appunti, sopra sono vergati il nome del destinatario e la frase
“Questo è di suo interesse”, in una tasca il “molestatore” gli dà appuntamento
in un bar quello stesso pomeriggio, in un’altra su un mezzo pezzetto di carta
sono scritte alcune erbe di una qualche ricetta. Scoppia l’allarme, il capo decide
di andare, registra la conversazione con quello strano tipo, ma all’uscita un
furgone li investe, scopre poi che a morire è stato Charles Langlois, un barbone
biologo marino. Lentamente, grazie alla collaborazione dei due vice Isabelle
Lacoste e Jean-Guy Beauvoir (genero di Armand), vien fuori che potenti uomini
di governo, con varie talpe e inciuci, potrebbero preparare un enorme
mortifero attentato alla rete idrica, di fatto un colpo di stato. Non si può
parlarne con nessuno, troverebbero altri obiettivi. Occorre andare a tentoni,
per monasteri e città, in patria ed Europa. Sventare umani disastri costa vite.
La giornalista, conduttrice radiofonica e grande pluripremiata scrittrice
canadese Louise Penny (Toronto, 1958) è giunta all’ottimo diciannovesimo
romanzo della serie del mitico Armand; la prima avventura uscì nel 2005, poi
un romanzo ogni anno (talvolta viene ricompreso come ventesimo anche un
racconto breve del 2011); circa la metà sono tradotti in italiano, ma non molti
dei primi; iniziò Piemme nel 2013, poi sempre Einaudi dal 2017 in avanti
(recuperando finora un paio di precedenti); dal 2023 circola anche la prima
stagione della serie televisiva. Quelle sono zone di lupi e la prima visita è
all’abbazia di Saint-Gilbert-Entre-les-Loups, il titolo prende propriamente
spunto dal racconto di un capotribù Cree all’abate: nel corpo umano possono
coesistere due lupi, uno grigio e compassionevole, l’altro nero e vendicativo; li
si può riconoscere e forse si può scegliere a quale dei due ciascuno vorrà dare
a mangiare. La metafora torna di continuo attraverso molteplici fili culturali ed
emotivi, ovviamente con dinamica univoca: nelle indagini criminali il lupo grigio
(un’ombra in copertina) va salvato, mentre il lupo nero va fermato, ammesso
che si stabilisca bene l’attribuzione. L’avvincente narrazione è in terza varia al
passato sul concitato caso; i piani temporali differenti emergono con le
biografie dei vari personaggi (compresi quelli cui siamo ormai affezionati),
storie personali e vicende intrecciate. Il protagonista indiscusso è il tenace
sensibile ispettore capo, madrelingua francese, per l’inglese un accento
britannico (studente di storia a Cambridge), d’animo nobile e calmo per pesanti
esperienze, gentile per convinzione, esperto di espressioni metaforiche, dotato
di pistola solo quando è certo di doverla usare, raccoglitore segreto di fascicoli
su persone non colpevoli del reato su cui stava indagando ma tutt’altro che
innocenti rispetto ad altri reati (la persona cui lo confessa non riappare più in
questo romanzo e se ne potrebbe servire male in un futuro eventuale). Mirtilli
e fondente, sidro e altro nei monasteri, compreso il Chartreuse, liquore
certosino che prima o poi bisognerà provare. La poetessa abbastanza pazza
continua con le sue godibili rime. Alcuni monaci cantavano melodiosamente,
andavano al karaoke e registrarono un eccelso disco di canti religiosi, nelle
temperie.
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Lettera a un giovane sociologo
Franco Ferrarotti
Sociologia e scienza
Bibliotheka Roma
2024
Pag. 53 euro 12
Il grande sociologo Franco Ferrarotti (Palazzolo Vercellese, Vercelli, 7 aprile
1926) è morto a Roma pochi giorni fa, il 13 novembre 2024, aveva compiuto
novantotto anni. Amico di Cesare Pavese e partigiano, si laureò in Filosofia a
Torino nel 1949 con Nicola Abbagnano (con una tesi su “La teoria della classe
agiata” di Veblen, saggio che aveva tradotto dall’inglese per Einaudi,
autodidatta), nel 1951 fondò i “Quaderni di sociologia” (poi nel 1967 “La critica
sociologica”), ottenne la prima cattedra italiana della disciplina insegnando
Sociologia alla Sapienza di Roma dal 1961 al 2002 (in seguito professore
emerito), affascinato dalla nuova cultura statunitense studiò fra l’altro un anno
a Palo Alto (anche sociologia della scienza), solitariamente interloquendo
sempre con sedi di ricerca in vari paesi (oltre che a Trento). Difficile non
averne mai sentito parlare se è capitato di frequentare insegnamenti e letture
in Italia: ha scritto innumerevoli testi, è stato eletto deputato dal 1958 al 1963
(collegato ad Adriano Olivetti), ha tenuto decine di migliaia di lezioni
conferenze interventi, è stato migliaia di volte intervistato e milioni di volte
citato, ha frequentato parti e aspetti delle nostre collettività in svariati
momenti e contesti, ha fatto godere differenti intelletti. In più occasioni si è
espresso più o meno così: “la sociologia per me è un tentativo mai concluso di
comprendere la natura complessa dell’essere umano, che è nello stesso tempo
anima, spirito, esperienza storicamente determinata, sia dal punto di vista
dell’esperienza personale di ciascuno che dal punto di vista generalmente
storico”, appunto le umane comunità sociali. Se andate in libreria trovate
sicuramente qualche suo libro; altri testi stanno uscendo, alcuni da lui stesso
voluti e terminati proprio come laico testamento intellettuale; come questo,
brevissimo, illuminante sui valori e sui limiti della scienza sociologica.
Franco Ferrarotti ha deciso di rivolgere una sintetica missiva “a un giovane
studioso di sociologia” (cui augura buona fortuna), animato dalla speranza che
“venga presa sul serio e letta con attenzione prima di finire nel cestino”, sia
durante lo studio universitario che comunque nella specifica esistenza. Oggetto
dell’analisi scientifica dovrebbero essere non solo i fatti sociali bensì soprattutto
le relazioni tra tali “fatti”, il loro condizionamento reciproco, dal basso. Il
presupposto è una visione critica della società, osservarla dall’esterno.
Contestando Croce ribadisce che “ogni scienza, per definizione, ha da essere
inferma, per non correre il rischio di erigersi in dogma e tradire sé stessa come
scienza”. Sostiene (e andrebbe discusso bene) che la grande novità del nostro
tempo sia “la transizione dallo sviluppo storico diacronico allo sviluppo storico
sincronico”, la globalizzazione in altre parole (i termini sincronia-diacronia sono
essenziali in una prospettiva evoluzionistica, pur andando altrove meglio
approfonditi). Risulta implicito e intrinseco al concetto di scienza il concetto di
limite, il non aver mai raggiunto un termine finale. Prima dei saggi scarni
riferimenti bibliografici, il volume è strutturato in nove capitoli: La scienza
“inferma”; Uomini e macchine (“siamo tutti migranti”); La socialità fredda (“è
cominciata l’epoca della colonizzazione interiore e della proletarizzazione
dell’anima”); Appiattimento storico; La sociologia vive di crisi; Una disciplina al
bando; Il caso italiano; Scienza dei manichini; Riassunto in sette punti (con
corretti spunti sui fenomeni migratori).
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Storia di Venezia. Primo volume. Dalle origini al 1400.
John Julius Norwich
Storia
Sellerio
2024 (orig. 1977) (prima edizione italiana Mursia 1981, stessa traduzione)
Trad. Aldo Sparagni
Pag.1100 euro 20
Alto Adriatico. Quasi mezzo secolo fa il visconte di Norwich John Julius Cooper
(1929-2018) narrò la “Storia di Venezia”, qui dalla controversa fondazione fino
all’età d’oro. Ogni evento viene coniugato con spazi noti, sempre un’acquosa
impressione di grandezza e laboriosa resistenza, opere e armi associate a notevoli
novità nelle forme istituzionali e nel rapporto dei cittadini con il potere. La
Repubblica di Venezia seppe restare veramente indipendente e ferma in sé stessa per
più di mille anni, più di qualsiasi altro governo. I suoi cittadini mantennero sempre
diffidenza, “una fobia per il più tenue sintomo di culto della personalità”, restati
apparentemente estranei al sistema feudale, tra espansione urbanistica e governanti,
fatti bellici e organizzazione civica, opere d’arte cittadine e innovazioni economiche.
L’autore precisa di continuo che non è “erudito” e non ha la pretesa di uno studio
accademico. Una ventina di capitoli, l’elenco dei dogi, bibliografia e indice dei nomi.
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Ambiente, ordinaria bellezza. Breve glossario sull’ambiente naturale e l’uomo nei
tempi della crisi climatica
Vanni Bulgarelli
Scienza e foto
Artestampa Modena
2022
Pag. 143 euro 25 (formato grande, centinaia di foto a colori)
Terra. Ultimi decenni. “Ambiente, ordinaria bellezza” è il racconto del contesto che
con i sapiens si è fatta storia, cultura, vita, economia e potere. L’ambiente planetario
oggi soffre a causa di ricchezze malamente prodotte, concentrate in pochi paesi e in
poche mani, di troppa e diffusa povertà. La distruzione degli ecosistemi, la perdita di
biodiversità e la crisi climatica, sempre più evidenti, lacerano assetti economici,
sociali e culturali, impattano su insediamenti, legami e infrastrutture, sulla vita di
miliardi di persone, e impongono un cambiamento di paradigma dello sviluppo.
Attraverso 17 termini (da ecologia a sentieri, compresi alberi e isole, fiumi e deserti,
radici e fuochi, noi e gli altri), l’esperto storico ecologista modenese Vanni
Bulgarelli (Carpi, 1952) tratteggia con parole e immagini (straordinaria la Corsica)
frammenti di vite ed ecosistemi, tra curiosità, fatti, dati e intricate intrecciate storie,
percorsi che riconnettono le realtà del nostro quotidiano.
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E Valerio Calzolaio sarà protagonista in questo evento a Trento