La seconda vittoria di Donald Trump alle elezioni presidenziali americane, dopo essere stato battuto quattro anni fa da Joe Biden, è sicuramente un evento che necessita di riflessioni e approfondimenti, e ci vorrà tempo per comprenderne appieno la portata.

Sfortunatamente, però, almeno in Italia il dibattito sembra star prendendo la strada di concentrarsi su questioni che senza dubbio hanno la loro importanza, ma interrogano maggiormente, tra gli aspetti che possono aver contribuito a tale esito, quelli a prevalente carattere culturale (il wokismo, ecc.) a scapito di quelli materiali.

Sarebbe invece forse più opportuno partire da questi ultimi, soprattutto se l’intendimento è trarre qualsivoglia lezione per il contesto al di qua dell’Atlantico, che meglio conosciamo e che abitiamo. Vale la pena, allora, di dare una lettura appena meno superficiale a qualche elemento della situazione economica che, com’è noto, tende in tutto l’Occidente ad avere una influenza non marginale nelle grandi competizioni elettorali.

Il quadro, a un primo sguardo, sembra contraddittorio: si dice che “con Biden l’economia è andata bene”, il che, in termini di mera crescita, è vero (al grafico 1 l’andamento del PIL), non capendo perché le classi medio-basse americane mostrino la sfiducia e il cinismo che emerge dal voto (e non solo).


Si può azzardare già qui una risposta banale: perché comunque questo “andar bene” è finito molto poco nelle loro tasche.

Il coefficiente di Gini, che com’è noto prova a misurare le disuguaglianze, è molto chiaro (grafico 2): dopo il Covid la distanza tra più ricchi e più poveri riprende a crescere. Il grafico si ferma al 2022, ma il coefficiente è cresciuto ancora: oggi è stimato allo 0,42. Gli USA sono il Paese più disuguale al mondo tra quelli ad alto reddito e il quinto più disuguale tra i paesi OCSE (questo coefficiente non è una fotografia perfetta, ma ai fini del presente articolo basti sottolineare che la disparità reale è ancor più incisiva di tale stima).


Ciò è suffragato anche da un confronto tra il reddito medio e il reddito mediano delle famiglie americane: il primo (circa 140.000$/anno) è non poco maggiore del secondo (circa 80.000$/anno)[1] il che, detto semplicemente, indica una significativa disuguaglianza nella distribuzione.

Attenzione: per il contesto statunitense, la presidenza Biden ha effettivamente fatto politiche interne che potremmo chiamare “di sinistra”, e l’effetto positivo sulle fasce in peggiori condizioni si vede di nuovo, dopo l’aumento causato dalla pandemia (grafico 3).

Ciononostante la distanza, già molto rilevante, tra ricchi e persone normali continua a crescere.

E la fiducia delle classi medie, invece, continua a calare: l’indice della fiducia dei consumatori è crollato da 101 a 72 punti con il Covid, e si attesta ora attorno ai 70 punti. I consumatori sono frustrati per i prezzi alti, mentre le entrate delle famiglie americane non hanno tenuto il passo dell’inflazione, nei fatti impoverendo le classi medie[2].

Se questi dati non spiegano tutto, forniscono però una buona base per comprendere la rabbia che alberga nella società statunitense, e non solo: perché tendenze analoghe sono visibili in tutte le maggiori economie occidentali.

Dopodiché, sì che entrano in gioco i fattori culturali, che creano la contraddizione per cui i più inferociti votano per un tycoon super-ricco: il riversare le colpe sugli immigrati, il sobillare il ventre molle del maschio (bianco e non solo) che si vede minacciato dalla crescente consapevolezza delle donne, tutta la paccottiglia ideologica delle destre, che però gode di un contesto che le rende facile attecchire. E, soprattutto, che serve sostanzialmente a spostare la discussione su un terreno più favorevole alle destre, identitarie e conservatrici, ma che sull’economia stanno da sempre, costitutivamente, dalla parte di chi ha di più ed è più contrario anche alla più blanda forma di redistribuzione.

In sintesi, oltre al contrasto alla povertà, la riduzione delle disuguaglianze è una necessità per i progressisti. I pur buoni risultati in altri campi sono un condimento, ma se non c’è il piatto le persone non si saziano. E se ne vanno incazzate.

Lorenzo Fattori

[1] Questi dati, come i grafici mostrati, sono estratti da https://fred.stlouisfed.org/

[2] Dati rilevati dall’Università del Michigan, consultabili anche a https://tradingeconomics.com/united-states/consumer-confidence

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