La sospensione della scuola come luogo fisico, a seguito dell’emergenza coronavirus ci costringe in una dimensione surreale e mai vissuta prima, e ci ha improvvisamente gettato nella didattica a distanza (DAD), come unico canale di contatto con i nostri studenti: questa condizione speciale di aspettativa ci è utile ora per riflettere sull’oggi e cosa potrà accadere di qui a pochi mesi, nella scuola prossima ventura, passata la quarantena.
La relazione educativa – o meglio l’empatia e la consonanza esistenti tra chi insegna e chi impara, che indica l’esistenza e la qualità di un rapporto che si stabilisce (o meno) in aula, è quasi sempre funzione della distanza tra docente ed alunni.
Ma sappiamo anche che condividere il luogo fisico – l‘aula – di per sé non basta a fare sì che quell’esperienza sia didatticamente efficace.
Anzi da tempo, ed in maniera anche tumultuosa, questa relazione si è complicata, perché la rivoluzione digitale negli ultimi venti anni ha rimescolato e mutato vecchi e consolidati equilibri tra generazioni, in particolare quelli tra genitori e figli e tra professori ed alunni.
Dal libro si è passati allo schermo ubiquo, si sono diversificati a dismisura modalità e strumenti di informazione e comunicazione in ogni campo, che hanno mutato radicalmente il nostro modo di guardare e vivere la realtà .
L’era digitale, reticolare ed interattiva, e i tanti dispositivi che possediamo hanno annullato le distanze nelle relazioni sociali, associando l’umanità in un’unica rete planetaria, una trasformazione ben più invasiva dell’invenzione della stampa a caratteri mobili di Gutenberg, perché gli strumenti di connessione digitale incidono su giovani e giovanissimi sin dalla fase pre-scolare su usi, consuetudini e secondo alcuni studiosi, addirittura sulla loro forma mentis.
E’ avvenuta e sta avvenendo una contaminazione tra linguaggi, che nell’epoca pre-digitale erano forme espressive autonome (verbale, gestuale/corporeo, grafico) e che i nuovi media e la rete hanno invece reso interdipendenti, producendo nuovi lessici multilinguaggio, di assoluta rilevanza ed originalità culturale.
La scuola, oggi
Ma nelle scuole si ha la sensazione che tutto questo – che è il mondo in cui sono immersi i nostri millennials – sia inspiegabilmente rimasto fuori dalle aule, o almeno guardato con grande sospetto.
Oggi quando entri in una prima classe di un istituto superiore, al suono della campanella, saluti il collega che esce, se va bene i ragazzi si alzano per salutarti (buon segno, perché indica che si sono accorti che è cambiato l’insegnante), ti siedi in cattedra e di fronte ci sono loro, numerosi e schierati in file anche visivamente impenetrabili.
Tra banchi screpolati, pareti disadorne e attaccapanni diruti, è evidente che la LIM in quell’aula è l’unico arredo che sa di modernità.
Sì, l’unico, perché nella scuola ritmi, programmazioni, metodologie, materie, relazioni umane e di lavoro, laboratori, tutto – ma proprio tutto – ruota inesorabilmente intorno ad un’organizzazione delle attività rigida e oramai antiquata, orgogliosamente incardinata alla lezione frontale e al libro di testo, che relega lo studente, seduto e sedato, in una condizione ‘passiva’ di mero ricevente della lezione, a cui si dà parola solo attraverso l’interrogazione o il compito in classe.
E’ un’organizzazione tendenzialmente stressante, ansiogena, che fa funzionare la macchina ma che ormai si rivela pedagogicamente del tutto inefficace, specchio di una scuola che in oltre venti anni si è fermata – mentre intorno tutto mutava – e non ha avuto il coraggio di cambiare, cannibalizzata e svilita da tagli di risorse che non l’hanno mai realmente rinnovata e aperta al futuro.
Nonostante fiumi di inchiostro degli specialisti, chi ha gestito la governance della scuola in Italia non sembra essersi accorto dei profondi mutamenti che hanno attraversato la nostra società e di conseguenza non è stato in grado di capire ed analizzare quanto questi avrebbero avuto riverbero sulla scuola.
Mentre il mondo fuori girava a mille, pseudoriforme hanno fatto credere di cambiare per non cambiare nulla. Mai individuate mission e strategie per un sistema educativo che fosse al passo con queste trasformazioni, che sfruttassero e mettessero a sistema le tante opportunità che la rivoluzione digitale ha offerto per rinnovare strategie e percorsi didattici che ridessero senso e credibilità alla scuola.
Per questi motivi nel tempo – e mi riferisco segnatamente al segmento della scuola media inferiore e superiore – sono aumentate le contraddizioni e le criticità e la costruzione pedagogica si è oggettivamente complicata, allontanando sempre più la scuola dai bisogni ma anche dalle aspettative degli studenti.
E oggi quando entri in una classe, se ti svesti del tuo ruolo di insegnante e la guardi con gli occhi di un osservatore esterno, proprio il più significativo e simbolico degli arredi – la cattedra – sembra marcare e segnalarci, oggi più che mai ed anche metaforicamente, la distanza tra noi e loro.
Se la didattica a distanza riavvicina la scuola agli studenti
Andiamo all’oggi.
Il 9 marzo 2020, a seguito del contagio del coronavirus, viene decisa per decreto governativo la chiusura di scuole e università italiane fino al 3 aprile.
Si naviga a vista, non si conoscono i tempi di questa pandemia, ma è possibile che le scuole non riaprano più fino al termine dell’anno scolastico, non si sa nulla nemmeno su esami di licenza media e di maturità, su promozione e debiti, insomma l’incertezza regna sovrana.
Parte a scaglioni l’attivazione della didattica a distanza (DAD): un compito arduo ed inusuale, perché questa modalità didattica è stata da sempre pensata come integrativa di quella svolta in aula, mentre ora andrà a sostituirsi integralmente alla scuola in presenza.
Il provvedimento sulle prime coglie i docenti impreparati e sguarniti: un vero tsunami. In questi anni in Italia le esperienze della DAD sono state limitate e circoscritte, mentre per gli studenti rappresenta un autentico oggetto sconosciuto.
Tutte le scuole italiane, dopo un iniziale smarrimento, reagiscono con tempestività e anche l’ITI Ferraris, nel quartiere Scampia nella periferia nord di Napoli, nel giro di pochi giorni, attiva le piattaforme in grado di far lavorare a distanza tutte le classi, organizza in video- conferenza riunioni di dipartimento, consigli di classe e un collegio docenti, che vedrà collegati contemporaneamente oltre 200 insegnanti, una scommessa tecnologica vinta che per un po’ ci riempie di orgoglio, ma a questo punto arriva il difficile e tutti siamo molto preoccupati.
Crediamo di sapere che un’improvvisa chiusura delle scuole può avere un effetto destabilizzante e traumatico per gli alunni, per cui prima di tutto è necessario fare sentire ai ragazzi la nostra presenza, che la scuola è vicina in questo momento drammatico.
Siamo in una zona socio-economicamente depressa, e temiamo che le difficoltà logistiche per arrivare ad ogni alunno con la DAD potrebbero creare ulteriori discriminazioni, e su questo bisognerà vigilare con attenzione.
Gli alunni del Ferraris appartengono a famiglie numerose ed economicamente disagiate, vivono in case spesso piccole ed hanno connessioni deficitarie, non posseggono un pc (o al più uno per tutta la famiglia) e durante le videolezioni è probabile che le distrazioni domestiche possano deconcentrarli.
Partiamo con i collegamenti e la prima esigenza è quella di sapere come si sentono e come stanno vivendo questa dimensione coatta della vita, ascoltarli, stargli vicino e parlargli.
L’obiettivo, in primis, condiviso da tutti i docenti, almeno a parole, non è tanto quello di fare la lezione disciplinare, ma spiegargli questa grave emergenza sanitaria, dirgli che comunque sarà un evento transitorio, fargli da subito intravedere un orizzonte positivo di fuoriuscita da questo momento cupo, per guardare oltre. Gli adolescenti guardano solo al presente e spesso con pessimismo, ed è una dimensione che li annebbia e li deprime, sulla quale noi insegnanti possiamo e dobbiamo fare molto.
Iniziamo. Inutile dire che anche noi insegnanti siamo pieni di paure per tutto ciò che ci circonda. E per la sfida che ci aspetta. Io in primis, gran fautore ed operatore della nuove tecnologie dentro la scuola da sempre, sono pieno di dubbi.
Comunque si parte. Prima videolezione. Li ascolto e sullo sfondo percepisco in loro l’incertezza dei tempi e l’inquietudine di un nemico invisibile e spietato, che sta dietro l’angolo, e che ci allontana l’uno dall’altro ed è una dimensione che li inquieta. E di cui, come tutti, sanno niente.
Gli chiedo come si sentono, come vivono l’oggi e sento di fare l’unica cosa giusta: mi dicono di loro, mi raccontano della loro strana prigionia, che gli sta stretta, e vedi che subito cominciano a sciogliere timidezze ed angosce, ed è una bella sensazione, perché capisci in quel momento di essergli utile e necessario.
Certamente è difficile fare scuola senza la scuola e soprattutto per i ragazzi delle prime classi, ma percepisci che, oggi più che mai, per loro siamo un punto di riferimento fondamentale.
#Restiamoacasa se riflettiamo è proprio la negazione della socialità su cui si fonda la scuola, ed è per questo che noi dobbiamo intervenire subito, per entrare e cercare di riempire il vuoto improvviso che si è creato nelle loro giornate.
Mi conforta sentire il preside che ci comunica che già dalle prime settimane stiamo avendo un numero altissimo di presenze alle videolezioni in tutte le nostre classi: mentre questo era prevedibile per gli studenti di quinta, preoccupati per l’esame di maturità in bilico, lo era molto meno per quelli delle altre classi, e tutto questo conferma quanto la scuola sia importante per loro e quanto la nostra sia una funzione insostituibile.
Mi conforta un po’ meno sapere che alcuni colleghi, sin dal primo giorno, stanno sfornando spiegazioni, materiali, compiti e verifiche, come se parlare della pandemia fosse una perdita di tempo.
Ma in realtà non mi meraviglia molto; è un approccio alla didattica duro a tramontare questo, di chi si sente più istruzionista che educatore e che, come nelle partite di Risiko, ha per obiettivo quello di arrivare a terminare il programma, costi quel che costi, pur in presenza del Covid 19 che in questo momento sta sconvolgendo la vita di 4 miliardi di persone in tutto il mondo.
Voglio vedere in positivo e penso invece che, come spesso capita nella vita, andare avanti si deve, ma che le emergenze possono trasformarsi in opportunità: fare, cioè, un esperimento su grande scala per ridare alla scuola in presenza nuova linfa e una rinnovata attrattività.
Possiamo provare, se abbiamo coraggio, ad arricchire con la DAD obbligatoria di questi mesi la nostra cassetta degli attrezzi con gli strumenti della contemporaneità da affiancare a quelli tradizionali – che da soli oggi mostrano molti limiti – per rendere le nostre lezioni più interessanti, con meno nozioni e più formazione, rilanciare una nuova scuola che veda finalmente gli studenti attivi, protagonisti e responsabili nelle esperienze didattiche, ed in questo le tecnologie digitali e la rete diventano decisive sia perché si impara facendo, sia perché sono strumenti con cui gli studenti hanno dimestichezza e familiarità, e quindi sono in grado di insegnarci molto.
Possiamo provare cioè finalmente a realizzare classi capovolte.
E proprio dalle videolezioni di queste settimane ho conferma che questa possa essere la strada da percorrere, paradossalmente, per accorciare le distanze tra docenti e studenti. Certo non sostitutiva della didattica in presenza ma fortemente complementare.
Svolgo una delle prime videolezioni con una delle mie classi più turbolente, non so come andrà a finire e la lontananza non mi fa essere ottimista. All’inizio assumo un tono severo, ribadisco la delicatezza del momento, cui deve corrispondere un’assunzione di responsabilità da parte di tutti.
Annuiscono, non so se per piaggeria, e procedo con cautela. Sono in tanti e questo mi incoraggia. Gli assenti alla precedente videolezione mi offrono l’occasione per ripetere e precisare tematiche già trattate, insomma credo sia importante individuare i nuclei essenziali, lavorare per rafforzare i concetti chiave, operare sulla qualità più che sulla quantità. Per questo svolgo in diretta una simulazione su un esercizio che poi dovranno sviluppare autonomamente, voglio essere certo che abbiano assimilato bene i contenuti di ciò che spiego.
E’ il momento chiave: mi seguono con grande attenzione e in silenzio.
Ma come è possibile che d’incanto quella classe distratta e turbolenta si trasformi in un gruppo così concentrato sulla lezione? Sogno o son desto? Ho dei sospetti e vado ad una verifica immediata, chiedo a diversi di loro di spiegarmi cosa hanno capito, ed ho la piacevole sorpresa che tutti rispondono prontamente ed in modo soddisfacente. Oltre ogni migliore aspettativa.
Mi incoraggio e procedo, finiamo oltre l’orario stabilito, ma loro non se ne accorgono nemmeno. Alla fine, per provocarli, chiedo se qualcuno si era accorto del fuori orario (a scuola non succederebbe mai !) e mi rispondono candidamente che la lezione gli era piaciuta e il tempo era passato senza che se ne accorgessero, allora approfitto per far notare che la nostra percezione del tempo è sempre relativa, passa velocemente se siamo interessati a quel che avviene, e molto lentamente se ci annoiamo, concordano su questo e di riflesso temo che vadano col pensiero alle tante ore in cui a scuola non vedono l’ora che suoni la campanella, ma questo non glielo dico.
Sono molto soddisfatto e sorpreso, li saluto e mi domando: perché una classe che, sugli stessi argomenti, mi ha fatto faticare tanto in aula, stamattina si è trasformata in un gruppo di venti studenti tutti assorti e vogliosi di imparare?
Non certo per l’argomento, perché in aula erano molto più distratti, poi improvvisamente mi ricordo che due terzi di loro mi avevano detto di essere collegati con lo smartphone, e a quel punto tutto mi è più chiaro.
ll demoniaco distrattore di massa, il cui uso nelle aule è stato vietato dal MIUR dal 2007 al 2017, senza che nessuno dei ministri succedutisi abbia mai pensato alla grande opportunità di indicarne l’uso per fini didattici, proprio lo smartphone, tanto diffuso per attività studentesche sottobanco durante le nostre lezioni, aveva consentito il picco di attenzione nella videolezione, senza nessuna interferenza o distrazione.
Con gli studenti di una seconda classe, che già conosco dall’anno scorso, decido di dedicare invece la videolezione ad una discussione aperta sulla didattica a distanza, perché sono curioso di conoscere la loro opinione, dopo un paio di settimane di rodaggio.
C’è un bel rapporto con loro e si dimostrano subito molto aperti e interessati: c’è chi dice che la videolezione è attraente perché emula il modo con cui gioca online con i suoi amici, un altro osserva che è comodo ricevere materiali didattici sul portale che si può consultare o scaricare in autonomia senza l’assillo della campanella che suona sempre quando non dovrebbe, un altro ancora dice che la casa è più confortevole dell’aula perché ci sta la poltrona dove studiare, un altro ancora è convinto che è positiva la DAD perché a scuola i professori si susseguono uno dopo l’altro e manca il tempo anche per fiatare, ad un altro addirittura è venuta l’idea di usare la struttura di un videogioco sullo smartphone che conosce bene per trasformarlo in un gioco didattico sulle tematiche del corso, ad un altro più sfrontato gli scappa che le facce degli insegnanti in classe sono quasi sempre molto tristi e questo appesantisce la scuola.
Alcuni ragazzi infine si ricordano del lavoro svolto l’anno scorso, Neapolis, un percorso di conoscenza e approfondimento sulla loro città, per il quale abbiamo realizzato un ambiente di archiviazione dati condiviso, un cloud in cui inserire materiali, video, testi prodotti dai diversi gruppi di lavoro, e per cui stiamo costruendo anche un portale web, da condividere in rete.
E che questo ultimo spunto sia venuto in mente proprio a loro mi fa particolarmente piacere.
E’ proprio vero – penso semplicemente – che nella vita capita di apprezzare molto le cose nel momento in cui ci mancano: perché ricordo bene quanto poco utilizzassero a casa il cloud di Neapolis l’anno scorso, nonostante le continue sollecitazioni. Per quella pigrizia, generata anche da una scuola ancora troppo legata alla didattica in presenza, che finisce per narcotizzarli e demotivarli e poco pronta ad accettare soluzioni dagli studenti, nella certezza che sia sempre dall’alto che esse discendono.
Adesso invece è proprio la condizione coatta in cui si trovano che rende consapevoli gli studenti di quanto prezioso sia lavorare anche a distanza, con questi strumenti che ci consentono ovunque ed in qualsiasi momento di intervenire e partecipare ad un’attività che svolgiamo insieme ad altri, oggi a scuola e domani in qualsiasi altra attività che svolgeranno. E questo, come si può immaginare, per la loro formazione, ha un valore enorme.
Mi sembra un passo avanti importante, rilancio e anticipo che faremo di necessità virtù: nell’impossibilità di recarci fisicamente nei luoghi, come già programmato, svolgeremo una serie di visite virtuali nella città che poi costituiranno la base di approfondimento alle produzioni che potranno realizzare, stando ognuno a casa propria, e che inseriremo al termine nel portale web.
Piace molto questa mia proposta, e subito cerchiamo di organizzarci, ma al tempo stesso mi rendo piuttosto conto di un aspetto che questa condizione di clausura può far emergere in noi tutti e questo mi incoraggia sul lavoro futuro.
L’aver portato la scuola a casa in questi giorni ha reso di colpo tutti noi – studenti e docenti – più consapevoli di come, grazie alla rete e ai dispositivi digitali, possiamo migliorare la nostra azione didattica, diversificare modi e tempi di studio e approfondimento delle tematiche, gestire il lavoro in una dimensione meno stressante e con tempi più dilatati, insomma potremo rinnovare radicalmente l’organizzazione della scuola non più per istruire soltanto i nostri studenti, ma facilitando la circolazione delle conoscenze e le metodologie in cui si impara facendo, che responsabilizzano molto di più e rendono gli studenti protagonisti attivi del lavoro che svolgono.
E quando torneremo a scuola, speriamo presto, questa nuova e condivisa consapevolezza maturata, nata da un’emergenza, potrebbe davvero darci uno slancio collettivo nuovo, quella spinta a rinnovare, che sino ad ora è mancata nella scuola italiana.
Nicola Cotugno architetto, docente in Tecnologia e tecniche della rappresentazione grafica presso ITI ‘G.Ferraris’ di Napoli (D.S.:prof. Saverio Petitti),esperto in tecnologie didattiche e ludodidattica, realizza ambienti di apprendimento multimediali finalizzati a percorsi formativi di consapevolezza civica
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Presentazione ITI Galileo Ferraris
Napoli
L’I.T.I. “Galileo Ferraris” opera nel quartiere di Scampia nell’ area geografica a Nord di Napoli, area problematica poiché ospita realtà molto diverse dal punto di vista culturale, sociale, economico, familiare, etnico e religioso.
L’Istituto, centro educativo e formativo di riferimento culturale, riconosciuto nel il territorio, è aperto agli studenti e al territorio. Oltre il normale orario delle lezioni, realizza molti progetti e attività (teatro, musica, canto, partecipazione a concorsi nazionali ed internazionali, organizzazione di gare nazionali)
L’Istituto attualmente conta un numero di allievi di circa 2000 unità suddivisi in 81 classi oltre 10 classi di istruzione degli adulti (serale)
Indirizzi di studio
Il Ferraris offre la possibilità di scegliere tra due indirizzi di studio:
–Elettronica ed Elettrotecnica che prevede tre articolazioni: Elettronica; Elettrotecnica; Automazione
–Informatica e Telecomunicazioni che prevede due articolazioni: Informatica; Telecomunicazioni
Entrambi gli indirizzi di studio prevedono, al completamento del ciclo di 5 anni di studi, l’acquisizione di un diploma di Stato di Tecnica Industriale. diploma di istituto tecnico nel settore tecnologico.
Il corso di studi dell’Istituto prepara gli studenti sotto il profilo teorico pratico e sviluppa capacità e abilità
di progettazione e realizzazione di apparati, sistemi tecnici e internetworking;
Il Ferraris prepara i giovani per l’inserimento nel mondo del lavoro di tecnici qualificati sia per dotarlo di una preparazione culturale tale da consentirgli il proseguimento degli studi universitari.
Organizzazione didattica
Il Ferraris, per lo sviluppo dei piani di studio e della didattica, è strutturato in 3 macro dipartimenti:
Umanistico; Scientifico-matematico; Tecnologico.
I dipartimenti tecnologici comprendono le 5 articolazioni attivate nell’istituto.
Ambienti di apprendimento: Strutture, laboratori, spazi attrezzati:
Nel corso degli anni l’istituto ha riqualificato gli spazi (aule, laboratori) in ambienti di apprendimento funzionali ad una didattica innovativa, privilegiando la didattica laboratoriale. Essa pone gli alunni in situazioni di apprendimento pratico e situato (learning by doing) valorizzando le differenze e le potenzialità di ciascuno.
Le modalità operativa della didattica inclusiva è una pratica diffusa (flipped classroom, cooperative learning, peer-to-peer…).
Attualmente tutte le aule ed i laboratori sono dotati di LIM, l’Istituto è totalmente cablato da Cisco, nostro sponsor, e dispone di Wi-fi.
L’istituto sviluppa le attività d’indirizzo in laboratori specializzati, attrezzati di elettronica/elettrotecnica, sistemi, informatica, chimica, fisica, disegno, tecnologia, automazione, laboratori multimediali, dispone di un laboratorio di riprese video web-tv, laboratorio musicale, di uno studio di registrazione ed editing televisivo con la possibilità di effettuare riprese dirette in streaming di attività e convegni svolti presso l’istituto.
Dispone di un’ampia palestra coperta e di spazi attrezzati esterni.
Progetti/percorsi innovativi (focus)
L’istituto ha attivato percorsi rivolti a:
-realizzare progetti innovativi sulla didattica:
Scratch e Scratch Day / ZeroRobotics / Progetto LED The projects involve students of different ages. The main aims are the development of computational thinking, through the creation of stories and games,(using coding); the ticklling of creative skills, encouraging personal thoughts and their expression in a systematic way through the planning and programming of robots. The use of English is a significant part. The activities are carried out using methodologies suitable for engaging the student and foster knowledges, skills and competences.
-organizzare contest di elettronica a livello nazionale (“Creare con l’elettronica” giunto alla XI ed.)
-organizzare contest sulla sicurezza a livello nazionale (“Rivalutare la Sicurezza” giunto alla VI ed.)
– rilasciare certificazioni
Formazione
L’Istituto è POLO Formativo territoriale per la formazione del MIUR
Certificazioni
Informatiche: Microsoft Academy Center, Cisco Academy, Certi-Pass, Certificazioni Sicurezza RSPP.
DIRIGENTE SCOLASTICO: PROF. SAVERIO PETITTI
https://meet.google.com/qtf-mswb-sbw?pli=1&authuser=2 (DATI DOCENTI)
https://cercalatuascuola.istruzione.it/cercalatuascuola/istituti/NATF17000Q/iti-gferrarisnapoli/ (DATI ALUNNI)
Grazie Nicola per la tua appassionata e personale testimonianza…si conferma l’urgenza di rielaborare i percorsi non solo di apprendimento ma di sperimentazione a livello individuale e di gruppo….è cambiato il processo cognitivo e la complessità dei fattori vitale impone un metodo intrdisciplinare e sistemico…buona ricerca e lavoro…..
Grazie Fabrizio per la tua costante attenzione alla qualità di quel che facciamo ogni giorno da vicino e da lontano coi nostri studenti
Una descrizione appassionata e documentata di quello che sta accadendo con la DAD
Ottimo contributo per un.necessario dibattito sul tema
grazie Patrizia dobbiamo proseguire su questa strada senza esitazioni
Bravo Nicola!
Hai centrato perfettamente la questione sulla necessità di un cambiamento sostanziale del sistema scolastico
Si Flora dobbiamo affrontare con coraggio questa svolta per migliorare la scuola c’è un’urgenza assoluta un caro saluto e grazie
Grazie Fabrizio per la tua costante attenzione alla qualità di quel che facciamo ogni giorno da vicino e da lontano coi nostri studenti
Molto interessante l’esperienza della DAD con i tuoi allievi. Appare evidente, concreta e profonda la tua partecipazione alle loro emozioni. Non ho potuto fare a meno di andare ad alcuni anni fa , quando lavoravamo e sperimentavamo insieme modalità didattiche innovative. Ricordo che sin da allora ci univa la convinzione che solo attraverso una relazione autentica ed efficace con i ragazzi si può suscitare in loro interesse e quindi stimolarli alla conoscenza. Bravo Nico, continua così !