Si è conclusa ieri la dodicesima edizione della Festa della Paesologia con La Luna e i Calanchi in una Aliano che ritrova in queste giornate una sua centralità culturale nel paese ed anche politica in qualche modo.
Nel contesto di una partecipazione di alcune migliaia persone, provenienti da tutta Italia, tantissimi i giovani che hanno letteralmente e pacificamente invaso Aliano, le sue case, allestito campeggi provvisori, animato le sue notti oltreché i suoi giorni.
Davvero una gran bella idea questa di Franco Arminio, perseguita con intelligenza, passione e tenacia che restituisce in poche intensissime giornate un concentrato di idee, di possibilità, di incroci di esperienze, di sguardi aperti sul futuro che, a volerli seguire, avrebbero da alimentare cento politiche attive di sviluppo sostenibile, equo ed inclusivo, tra le altre cose.
Giornate in cui un certo Mezzogiorno si racconta e racconta al paese la sua cultura, la sua storia, le sue poetiche, le sue domande e rende percepibile in modo concretissimo quel che potrebbe essere e che ancora non è. Che non è detto che sia. Ma che se fosse, rappresenterebbe un punto di svolta positiva non solo nella storia del Mezzogiorno ma dell’intero paese.
E questo è il nodo su cui ho interloquito anche con Franco: come fare in modo che questo concentrato di energia possa pesare, incidere; cambiare il corso di una storia che invece inerzialmente, largamente dominata dalle ragioni di mercato e profitto, tende ad andare nell’altra direzione di una modernità malata divoratrice di vite e di natura.
Con Aliano – e quel che rappresenta nell’immaginario della costituzione civile e democratica del paese, con il fascismo e il confino, Carlo Levi – su cui peraltro proprio Infinitimondi ha pubblicato di recente un interessante saggio di Nando Morra
e le lotte contadine, Rocco Scotellaro e un Mezzogiorno che non si arrende – protagonista poi è stato proprio il paesaggio, altra straordinaria intuizione di Arminio, con i suoi Calanchi che sono diventati scenario, palco e fondale per una Passeggiata che ha trovato nella partecipazione corale di migliaia di persone ai diversi momenti di musica, teatro, poesia, danza che si sono snodati lungo il percorso davvero metafora anche di un altro rapporto possibile con la natura di cui noi siamo parte.
E in questo contesto sono davvero grato dell’invito che Franco Arminio ha voluto rivolgermi, dell’esperienza fatta in due delle cinque giornate, dell’accoglienza, dell’organizzazione, di Livio e Alessia e di tutte e tutti.
Ho provato a raccontare lí, appunto, il valore di un’altra modernità possibile e anche dell’esempio dell’esperienza che in Campania, dal basso e con larga partecipazione, con RIGENERA oltre 100 associazioni e singole personalità vanno conducendo.
Grazie Franco. E ci vediamo nei prossimi appuntamenti.

Gianfranco Nappi

Questa foto che trovo straordinaria ha accompagnato il mio intervento: viene dal Museo di Aquilonia. Fine anni quaranta. Tutto un popolo è pronto a partire per l’occupazione delle terre. C’è orgoglio, solidarietà, fierezza, perfino allegria nella lotta.

Quali sono invece le terre, reali e metaforiche, che dobbiamo occupare oggi con la stessa solidarietà e fierezza?

E POI MI HA ACCOMPAGNATO MARIO TRONTI :

” Nella nostra storia, nella storia delle classi che si sono ribellate al loro sfruttamento, al loro dominio, c’è stata una spiritualità profonda, tutta da riconoscere, nella figura del vecchio contadino, nella figura dell’operaio al nastro, nella figura della madre di famiglia che porta da mangiare agli scioperanti, nel militante di base che fa politica in piena gratuità, e poi, nel desiderio, nel bisogno di cooperare, di solidarizzare, di lottare: qui c’è una profonda spiritualità.

La spiritualità è libertà. Perché la libertà o è libertà dello spirito o è soltanto un’altra forma di oppressione.

E MI HA ACCOMPAGNATO PIETRO INGRAO, TRADOTTO IN NAPOLETANO DA MIMMO GRASSO :


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