https://volerelaluna.it/che-fare/2024/06/25/cambiare-rotta-una-volta-per-tutte/

Credo che il risultato elettorale italiano, in queste europee 2024, possa costituire una base fondativa per avviare una riflessione amara e spregiudicata, ma necessaria, e speriamo definitiva, sulle strategie di emersione politica ed elettorale della sinistra radicale condotte negli ultimi 25 anni. E da questa trarre alcune indicazioni alternative che portino fuori dalla minorità e dall’irrilevanza. Com’è noto la lista Pace Terra e Dignità (PTD), che ha incarnato l’ennesimo tentativo di creare una formazione politica nuova a sinistra del PD, non è riuscita a raggiungere il quorum, anche se ha ottenuto, indubbiamente, un dignitoso risultato. Qui non avanzo giudizi di merito sull’operazione, sulle modalità con cui è stata formata la lista, sui candidati, la qualità della comunicazione ecc. Le donne e gli uomini che hanno raccolto le firme e che hanno condotto la campagna elettorale hanno compiuto uno sforzo gigantesco, con un impegno e una generosità che è raro vedere altrove. Ad essi, al di là dei risultati, dovrebbe andare la riconoscenza e il plauso di tutte le persone oneste e libere, indipendentemente dalle posizioni politiche, perché in questi mesi hanno diffuso messaggi di verità e di speranza in tutti gli angoli della Penisola.

Fatto tale debito riconoscimento è facile tuttavia prevedere, come indicano tutte le numerose precedenti esperienze, che anche questa, dopo l’insuccesso elettorale, ha scarse possibilità di ripresa e sviluppo. Potrei elencarne analiticamente i motivi, ma in questo momento apparirebbe un immeritato accanimento. Tale facile previsione spinge a una inevitabile e onesta domanda: ma tanto lavoro e impegno, tanta fatica e passione, profuse in questi mesi, non meritavano un esito diverso? Persone come Ginevra Bompiani, Laura Marchetti, Maurizio Acerbo, Pier Giorgio Ardeni, Angelo D’Orsi ecc. per limitarmi a poche figure di amici, non meritavano di avere una collocazione nel Parlamento UE? Certamente lo avrebbero arricchito di voci originali, di competenze, di nuova energia politica.

Svolgo questo ragionamento per una prima ragione.
Il 9 giugno 2024 per PTD si è drammaticamente ripetuto quel che è accaduto il 25 settembre 2022 con Unione Popolare: un gigantesco sforzo sia per la raccolta delle firme, sia per la campagna elettorale, senza alcun risultato utile. In quel caso, dopo l’insuccesso, l’ostinata passione di tanti di noi, la buona volontà e la tenacia di Luigi De Magistris, gli incoraggiamenti venuti da tante parti, ci hanno spinti a continuare, ma l’esperimento è sopravvissuto solo un anno. Un anno che è servito ai tanti dotati di senno per fare un’esperienza frustrante, ma culturalmente liberatoria: la verifica della radicale impraticabilità di un progetto politico da costruire con i resti dei vecchi partiti del ‘900.Il loro settarismo congenito, talora l’estremismo intollerante, l’incapacità di concepire rapporti, avviare dialoghi, alleanze con figure che non abbiano un’identità di posizione su tutti i temi della lotta politica, impedisce alla radice la costruzione di qualunque comunità politica larga, che vada oltre la ristretta cerchia degli incontaminati. Spiace dover collocare in tale ambito anche tante donne e uomini di Rifondazione Comunista, che pure hanno fatto tesoro delle tante scissioni da cui provengono, che hanno avuto un ruolo importante nella campagna elettorale per PTD, ma che rimangono dentro questo orizzonte progettuale della ricerca di un nuovo soggetto politico.

La seconda ragione della mia critica ai progetti di formazioni politiche nuove è che esse non possono “nascere dal basso”: come in tanti predicano con intenzioni di purezza salvifica rispetto alle formazioni esistenti, soprattutto al PD: la più grave sventura politica abbattutasi sulla Repubblica dopo Berlusconi. Dal basso, oggi in Italia, non può nascere nulla. Da decenni le lotte operaie e popolari in Italia sono poche, isolate, di dimensioni locali, discontinue, senza risultati rilevanti. Le gloriose maestranze della GKN di Campi Bisenzio fanno storia nel deserto circostante. Le manifestazioni, pure importanti, organizzate di tanto in tanto da CGIL e UIL, come scandite da un calendario rituale, rimangono eventi isolati e senza seguito. E come si fa in tanta inerzia e debolezza, come si ottiene il consenso e l’adesione alle proprie parole d’ordine di questa classe operaia? Che cultura hanno gli operai di oggi? È diffusa a sinistra l’ingenua convinzione che essere operai, disoccupati, lavoratori precari sfruttati ecc. crei di per sé una coscienza antagonistica e dunque un atteggiamento politico progressista, se non rivoluzionario. Vecchio e dibattuto problema. Si dimentica che gli operai di oggi non hanno più in tasca L’Unità, come negli anni ’60, non leggono il Calendario del Popolo o Noi donne, non frequentano le sezioni del PCI, insomma non sono più plasmati dalla pedagogia politica e civile del PCI. La loro cultura è oggi vastamente manipolata dalla pubblicità consumistica, dai consunti miti leghisti, dalla retorica recriminatoria e dal repertorio reazionario della destra. È noto che perfino in Emilia non pochi iscritti alla CGIL votano per la Lega. Dunque, dal basso, organizzando o sostenendo questa o a quella lotta, con i pochi mezzi organizzativi e comunicativi che un soggetto politico nascente ha a disposizione, è assai difficile far nascere qualcosa, se non qualche limitata esperienza locale, come ce ne sono in gran numero in Italia, ma di cui non arriva notizia all’opinione pubblica nazionale. E che soprattutto non mettono capo a una struttura politica e organizzativa stabile.

Se questa via – che è la via storica con cui si è formato il movimento operaio – è preclusa, non c’è altra strada che quella della competizione elettorale. Il vicolo stretto che la sinistra radicale sta provando a percorrere da un quarto di secolo. Ebbene, siamo al 2024 e dovrebbe apparire ormai chiaro che tale sentiero non porta in nessun luogo. Provo a elencarne le ragioni, oltre a quella fondamentale già indicata: vale a dire la soggettività settaria della militanza politica novecentesca. Soggettività che purtroppo non vediamo mutata nelle nuove generazioni, le quali si affacciano all’impegno politico con un di più di individualismo e narcisismo rispetto a quelle del passato. Chi ha un minimo di frequentazione con la rete sa che in Italia sono attivi centinaia di raggruppamenti che nutrono il disegno e la pretesa di diventare formazioni politiche autonome. Potrei dire che alla spoliticizzazione delle masse corrisponde oggi il protagonismo narcisistico delle avanguardie.

A tale condizione di polverizzazione della soggettività politica si aggiunge un ostacolo di prima grandezza: il bacino di voti a cui può attingere una nuova formazione politica, a sinistra del PD, è sempre più ristretto, sia a causa del numero calante dei partecipanti al voto, sia, soprattutto, per il presidio esercitato delle forze politiche già esistenti. Si spera sempre che i nuovi consensi possano arrivare dalla vasta area degli astenuti. Ma è la più infondata delle speranze. I cittadini, ormai maggioranza, che non si recano alle urne, disertano perché credono inefficace il loro gesto democratico, sono convinti che votare non serve a cambiare alcunché della situazione presente, figuriamoci della loro condizione di vita. Una convinzione accresciuta dallo svuotamento drammatico che la democrazia anche formale ha subito nei paesi capitalistici nell’ultimo trentennio. E oggi siamo al punto che alcuni poteri sovranazionali, dall’UE al Segretario della Nato, lancino proclami di guerra come se le opinioni pubbliche neppure esistessero. È evidentissimo, dunque, che la grande massa degli astenuti mai andrà a votare per una formazione che ogni volta si presenta addirittura con incerte probabilità di raggiungere il quorum.

Dovremo dunque rassegnarci a cambiare strada.
Ripetere a ogni turno elettorale questo rito doloroso e perdente serve solo a sfibrare tante forze generose che poi smetteranno il loro impegno politico. Non esistono più le condizioni. Solo se apparisse sulla scena un grande leader, dotato di un carisma non comune, visione, grande capacità di lavoro in grado di unificare un mondo pulviscolare e rissoso, con un paziente impegno di anni, potrebbe aprire una pagina nuova nella storia della sinistra italiana. Ma la figura di questo Redentore non si vede all’orizzonte ed è difficile che qualcuno lo avvisti. Occorre con umiltà prendere atto della realtà così com’è e non come ci piacerebbe che fosse, farsi consapevoli dell’arretramento spaventoso che la classe operaia e i ceti popolari hanno subito negli ultimi decenni, della trasformazione dei partiti politici in raggruppamenti di cordate elettorali, del trasferimento dei poteri un tempo statali ai centri internazionali della finanza, della strabordante potenza manipolatoria dei grandi media, della destra violenta che avanza ecc.

Io credo con convinzione che oggi la strada più utile, e più fruttuosa in prospettiva di risultati trasformativi è – per chi vuole lavorare a rendere l’Italia socialmente più giusta, più libera, più pacifica, più verde e solidale – lavorare all’interno delle due formazioni politiche a sinistra del PD: il M5Stelle di Giuseppe Conte o Alleanza Verdi e Sinistra. Non entro nel merito delle difficoltà da affrontare né dei vantaggi che né deriverebbero, né indico quale a mio avviso sia la formazione che offre maggiori garanzie di intransigenza sul piano del perseguimento della pace, dell’impegno sociale, dell’indipendenza dal PD. Mi limito all’indicazione di metodo. Lavorare all’interno di una organizzazione stabile, che ha esponenti nel parlamento nazionale ed europeo, oltre che nelle amministrazioni locali, una qualche presenza sulla stampa e nei media, fornisce a chi ha qualcosa da dire una possibilità di comunicazione e di influenza inimmaginabili nelle retrovie della minoranza storica.

Naturalmente si può fare politica in tanti modi, anche senza affiliarsi ad alcuna formazione ufficiale, come succede per tanti raggruppamenti esistenti: dai vari movimenti femministi a quelli ambientalisti. La stessa Pace Terra Dignità potrebbe stabilizzarsi come un raggruppamento politico-culturale, che continua a organizzare iniziative per la pace, e a esercitare la sua influenza molteplice sulla società italiana. Ma occorre avere ben chiaro un orizzonte: a parte la minaccia di conflitto nucleare globale (che chiuderebbe per sempre tutti i nostri discorsi), occorre ricordare che l’Italia è scivolata su un piano di declino drammatico sotto tutti gli aspetti, non ultimo quello della qualità della vita civile. È assolutamente necessario progettare sin da ora le alleanze per la cacciata del presente governo alle prossime elezioni politiche, per impedire la catastrofe di una nuova rovinosa legislatura Meloni e segnare una possibile svolta. E la sinistra radicale o sinistra sinistra, come vogliamo chiamarla, non può pensare di farsi viva a ridosso della competizione elettorale, raccogliendo i cocci dei tanti vasi rotti e ripetere il vecchio e perdente gioco. Può fare qualcosa subito per la propria causa e per quella dell’Italia, utilizzando strumenti più consolidati ed efficaci, imparando a fare politica e a operare con chi ha una storia diversa dalla propria e anche quando non condivida tutto delle idee del compagno di lotta.

Piero Bevilacqua

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26 GIUGNO 2024

CARO PIERO, TI SCRIVO…

dopo aver letto il tuo amaro e bell’articolo https://volerelaluna.it/che-fare/2024/06/25/cambiare-rotta-una-volta-per-tutte/ .E scusami se mi intrometto in una discussione che matura in un alveo politico culturale di cui apprezzo tanto ma che non sento mio dalla crisi della prima Rifondazione Comunista: le ultime carte si sono giocate con Bertinotti e forse poi ancora almeno in piccola misura con Sel e il primo Nichi Vendola. 
Che dire? Tu hai vissuto dal di dentro e con passione e generosità le ultime due esperienze politico-organizzative della sinistra alternativa e ne trai una conclusione che ha il pregio della chiarezza e la durezza del realismo. E’ una presa d’atto, sofferta e sincera: da lì non si passa. E hai ragione su un altro punto non secondario: al di là di tutta la retorica del dal basso, l’unica cosa che è cresciuta in questi anni , quel che manca è proprio il dall’alto, come visione e come grande e originale sforzo di costruzione politica.

E in assenza di un moderno dall’alto, il dal basso si frantuma: quello ‘ideologico’ si autocompiace della sua purezza minoritaria, quello associativo-volontario-civico si consuma nel suo localismo generoso o, per le organizzazioni più grandi, spesso sussunto nell’istituzionalizzazione corporativa strisciante necessitata dal bisogno di accedere a finanziamenti. Indichi un’altra prospettiva, minima diciamo così: scegliere uno dei partiti che c’è a sinistra.

Capisco bene il senso di quel che dici. Ed anche esso è misura di realismo. Solo non ne vedo molto i presupposti negli orientamenti nelle forze che dovrebbero aprirsi a nuove relazioni: in nessuna di esse, dal PD ad AVS, passando per i 5S, mi sembra aperto uno spazio e una riflessione su come immaginare nuove forme della soggettività politica né su come ancorare una soggettività politica ad un nuovo radicamento sociale e ad una progettualità critica nei confronti del capitalismo in crisi e però dilagante. Vedi la Schlein, forte di un risultato positivo acquisito, pronta a porre il tema della riforma della politica a partire dal suo partito? Certo, se quella foto di Berlinguer messa su una tessera esprimesse questa intenzione-volontà tra correnti, personalismi, nuclei di potere, politica istituzionalizzata, elitismo, omologazione al pensiero dominante…Si può ben dire che non c’è solo questo nel PD. Ma intanto c’è, ne segna le fibre più intime: è su questo che ingaggia un corpo a corpo la Segretaria dotandosi di strumenti e spazi di raccolta di idee, di forze, di energie a questo fine volte? Venisse un appello del genere…Ma, rimanendo sul terreno del realismo, mi pare difficile.

I 5Stelle? E dov’è lì uno spazio di discussione democratica e coinvolgente? Di trasparente formazione delle decisioni? Lo scorso 4 giugno abbiamo discusso il nuovo  volume da noi edito dedicato a Berlinguer – sai che è parte della nostra ricerca da  sempre e tu stesso ci hai aiutato ad arricchirla questa ricerca, da ultimo aiutandoci a stabilire la bella amicizia con Vandana Shiva mediata proprio da una riflessione sulla modernità dell’ultimo Berlinguer…-  con Pietro Folena, uno dei Ragazzi di Berlinguer, e con Roberto Fico da cui sono venuti spunti di riflessione importanti e significativi. Ma siamo proprio lontani da quel di cui stiamo discutendo.

AVS? Alle politiche ho diviso il voto tra loro, con Ilaria Cucchi e il PD. Alle Europee li ho votati convinto, con Mimmo Lucano e la palestinese-napoletana Susan. Ma tu pensi che lì, così come dopo il loro pur positivo risultato delle politiche, si lanci una sfida di aggregazione di forze ed energie, di messa in discussione di piccole nicchie e rendite di posizione? Anche in questo caso: magari venisse…

Tu indichi anche un orizzonte necessitato per una non dispersione di energie: la lotta contro questa destra, sguaiata quanto pericolosa. E anche questo ha un senso. Ma di questo stiamo parlando, allora, di un argine democratico necessario quanto esso stesso però bisognoso di una visione critica di una democrazia con i suoi istituti, svuotata, ormai non solo non  più progressiva ma ancheminacciata nel suo stesso essere semplicemente  liberale dal capitale dei monopoli e della rendita e abbandonata da quel popolo che dovrebbe rappresentarne il fondamento. 

La CGIL, se si rendesse consapevole della sua stessa crisi eppure ultima potenza democratica in piedi, potrebbe assolvere ad una funzione di supporto-sostegno-ispirazione alla costruzione di un percorso inedito di soggettività politica e di progressiva unificazione e federazione dei mille mondi dispersi. Forse la Via Maestra vuole essere anche questo, ma se un progetto politico non lo nomini vuol dire che non c’è…L’ho fatta fin troppo lunga.

Ne abbiamo discusso tante volte insieme di questo bisogno inevaso di politica,  e sai quanto i tuoi interrogativi e i tuoi dubbi siano parte di questa nostra stessa piccola esperienza napoletana di Infinitimondi.

E se la nostra fosse una equazione senza soluzione, in questo tempo? Il dubbio mi assale sempre più spesso devo dirti. Eppure è un tempo che si deve attraversare provando a non essere solo spettatori. Comunque. E pure rimanendo al di qua del grande tema che poni. Ti parlo di noi qui in Campania. Pier Giorgio Ardeni fu con noi , insieme a Luciana Castellina, al lancio di Rigenera che in meno di un anno ha messo insieme intorno ad una avanzata Piattaforma-Proposta di Legge di Iniziativa Popolare  sui Cambiamenti Climatici e per la Conversione Ecologica oltre 100 tra Associazioni, Movimenti, Personalità. Un Movimento reale che pure potrebbe darsi una prospettiva politica…Vedremo. 

Forse può anche avere senso consolidare una piccola ma vitale casamatta di alterità, di possibile ancoraggio per i mille viandanti che si incontrano camminando, di non rinuncia a pensare ad altri mondi senza fuggire dalla realtà ma proprio rimanendovi ben piantati: stiamo ragionando in questo senso su quale futuro dare a questa nostra esperienza, oltre i volontarismi, provando a strutturare una vera e propria organizzazione di produzione culturale. Mi farebbe piacere continuare a ragionare di tutto questo anche insieme a te. Ti ringrazio per questa tua riflessione.

Un saluto sempre caro

Gianfranco

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