Una cara amica di origini ebraiche che segue Infinitimondi e con la quale stiamo allestendo un numero speciale della Rivista dedicato ad una personalità della sinistra che lo merita davvero, mi ha detto non molti giorni fa:
Mi abbono alla Rivista. La seguo, seguo il sito. Però una cosa te la devo dire: “ Non mi è piaciuto l’Augurio per la Befana solo ai bambini a Gaza. E a quelli ebrei no?” ( l’articolo lo trovate qui: https://www.infinitimondi.eu/2024/01/06/guerra-senza-pace-befana-a-gaza-loscena-normalita-di-un-massacro-che-continua-di-gianfranco-nappi/ ).
Eppure nel pezzo c’è chiaro ed esplicito il giudizio sul 7 ottobre dico io. E però lei mi ribatte:” Sempre, sempre bisogna ricordarlo. Tu non sai cosa significhi essere ebreo lì e sempre più qui in Occidente, in Europa. La paura. Non dimenticatelo mai”.
Al che, io dico: “Ma quanti altri bambini palestinesi devono morire per pareggiare quelli israeliani?”.
E lei mi risponde: “ Neanche uno sarebbe dovuto morire. Neanche uno.”
Neanche uno!
Ecco. Il 7 ottobre non ha giustificazioni. Ma nulla di quello che è accaduto dopo e accade ancora e accadrà chi sa per quanto tempo ancora ne ha. No.
Non un bambino ebreo sarebbe dovuto morire. E nessuna morte ne può giustificare un’altra. E nessun bambino palestinese sarebbe dovuto morire. Come nessun adulto israeliano. O adulto palestinese.
Questo ragionamento così semplice mi pare abbia una radicalità estrema. Forse una delle precondizioni necessarie per immaginare, oltre la violenza, un futuro di coesistenza.
E allora ringrazio la mia cara amica che me lo ha proposto.
E ancor di più in queste ore quando si sta preparando una nuova e più estrema, orrenda, del tutto ingiustificata, azione di guerra, opera e responsabilità senza attenuanti di un governo con il suo esercito contro un popolo inerme, in quel lembo di terra di Rafah e vale ancor di più gridare non 1 di più.
E’ proprio in questi momenti così drammatici che la parola almeno deve trovare la forza di immaginarlo un futuro diverso: senza immaginarlo, senza dirlo, ben difficilmente lo si potrà costruire.
E allora, Buona Befana a te bambino di Palestina e a te bambino di Israele.

Gianfranco Nappi

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