“La strada dei giusti è come la luce dell’alba, sembra piccola cosa, ma risplende sempre più radiosa fino a giorno pieno” mette in risalto Pio Russo Krauss nella pagina 308 del suo romanzo. È un’affermazione tratta dalla Bibbia che, anche nel senso laico più ampio possibile, è da accogliere come una dichiarazione di ostinata fiducia, imperterrito coraggio e orizzonti di futuro soprattutto in questo orrendo periodo storico; è un’esortazione alla tenacia per i tanti, auspico tantissimi, che non vogliono arenare la loro energia umana e la bella intelligenza in un flaccido pericoloso disimpegno di fronte a ingiustizie tuttora inimmaginabili, a esasperanti forme di corruzione e a devastanti interventi ancora persistenti nel nostro territorio, e non solo.
Un romanzo a volte può diventare più efficace di mille parole che vogliono convincere e di tante acclamazioni che vorrebbero diventare frettolosamente incisive. Italo Calvino ha scritto “… mi pare di poter azzardare una nuova definizione di quel che oggi (e perciò sempre) il romanzo è: un’opera narrativa fruibile e significante su molti piani che si intersecano. Considerato alla luce di questa definizione, il romanzo non è in crisi. È anzi la nostra un’epoca in cui la plurileggibilità della realtà è un dato di fatto fuori del quale nessuna realtà può essere accostata”. (1)
“Come la luce dell’alba” per me è un romanzo che acquista singolare valore perché:
• la lettura e rilettura si è rivelata nutrimento per il contesto storico e la cultura (in senso antropologico) in cui è inserito suggerendo qualche analogia con il presente e dando spazio ad attente riflessioni a posteriori;
• il respiro narrativo ha risvegliato ricordi addormentati delle mie variegate esperienze di volontariato vissute sin da giovanissima con l’abbraccio a precise scelte etiche, agli entusiasmi condivisi e poi compresi come molto formativi, già allora vissuti con razionale consapevolezza di voler dedicare impegno e tempo a pensieri, analisi e diligenti rielaborazioni non schematiche e tanto meno rigide (non solo personali) sulla società, con azioni partecipate anche a piccoli/grandi segmenti politici (con la P maiuscola), per il progresso umano e civile, nella speranza – tuttora vivida – che si componga e si ricomponga un mondo migliore.
Ricordi che reclamano non nostalgia, ma rinnovato impegno con specificità più adeguate al mio presente e alla complessità della nostra odierna società.

Sin dalle prime pagine “Come la luce dell’alba” mi ha preso per mano e si è rivelato sempre più avvincente: mi sono ritrovata non solo lettrice appassionata a conoscere fatti e a scoprire personaggi nello scorrere della narrazione, ma – come in un film – ho visto me giovane cittadina partecipe attiva nel progetto, nelle strategie, nelle azioni e nell’intendersi del lavoro collettivo senza steccati religiosi o specificamente politici, nel fluire delle riflessioni critiche, nei dialoghi serrati e costruttivi, dove non sempre c’è convergenza delle varie “posizioni”, ma è costante la determinazione a non sminuire il forte richiamo degli obiettivi da raggiungere. Insomma, nel “lavoro dal basso”. Formula che negli ultimi anni ha conquistato nuova vitalità sia in campo sociologico che politico.




“Dall’alto del cielo, dagli spazi infiniti, la Terra appare una sfera azzurra e bianca, serena e quasi allegra rispetto agli altri pianeti grigi, sassosi, deserti, gelidi o infuocati. Non si immagina il brulichio di vite, gli affanni, i dolori, le passioni. Gira da tempi infiniti con uguale moto. Se ci si avvicina appaiono mari blu, terre grigie e verdastre, macchie e strisce bianche. Poi scopri laghi, ghiacciai, fiumi, città… e poi un brulichio d’uomini che camminano, dormono, lavorano, mangiano, discutono, studiano, fanno l’amore, pregano, piangono, ridono, amano, odiano, si fanno del male, si aiutano, soffrono, vivono, muoiono.” (2)

Così inizia “Come la luce dell’alba”: questa pagina potrebbe introdurre qualsiasi narrazione contemporanea, ma eccoci nell’ottobre 1973 sulla verde collina di Masseria Grande del quartiere napoletano Pianura, presso un grande albero di noci dove un uomo, non certo anziano, è sospeso senza vita e velocemente trasformato in testimone del proprio suicidio. È Mario Pagano: brava persona conosciuta da tanti ma con un bagaglio doloroso di tragici lutti familiari, di grigia solitudine, di continue sfortune, di malcelati soprusi e di camuffate pressioni camorriste.
Nessuno in quel pomeriggio autunnale può immaginare che quella “morte sospetta” sarebbe diventata volano di significative esperienze di comunità nella difesa di un’area agricola, del lavoro di contadini e di coloni, di lotte per i diritti calpestati, di concreta solidarietà per i poveri anche non italiani e, soprattutto, di vittoria sociale e politica per i risultati raggiunti in quel pezzo di territorio.
Oggi quel territorio non è più verde ma deturpato da abusivismo edilizio, sono state cancellate memorie e tradizioni e pochi sanno che lì, nel 2006, è stata riportata alla luce un’antica curtis agricola – proprio in località Masseria Grande – durante gli scavi per la costruzione di un edificio scolastico. Questo sito archeologico – abitato dal I al VI secolo d.C. – ha suscitato dapprima grande interesse per bellezza e imponenza, poi ha alimentato denunce giornalistiche perché trasformato spesso in discarica abusiva.
Forse si è aperto un nuovo orizzonte per la valorizzazione di quei resti archeologici. (3)

Padre Sergio emerge già nelle prime pagine del libro: “il più giovane dei preti della parrocchia del Divino Amore dei Padri Agostiniani” (4) esprime nella sua timidezza una personalità altruista per la sua provenienza socio-culturale, per la sua formazione filosofica e critica verso i dogmi e l’autoritarismo della Chiesa, ma soprattutto per l’acuta intelligenza e per la valida empatia che rivela di fronte “alla morte sospetta”, nel saper accogliere le osservazioni in dialetto delle donne presenti, nel vivere un proprio lucido sgomento nello scoprire tanta miseria e stato di abbandono per poveri di tutte l’età tra fatiscenti baracche, malsane pozzanghere e cumuli di spazzature. Il lucido sgomento del giovane prete si tramuta in perseverante e non violenta ribellione per ridurre, annullare tante ingiustizie e, soprattutto, nell’assiduo impegno nel creare sane alleanze, soprattutto con il coinvolgimento di giovani, nel percorrere un tratto del suo cammino apostolico – condiviso proprio con i poveri coloni della zona e con le famiglie dei diseredati – fatto di solidarietà umana e materiale, con lo scopo quotidiano di ridurre le barriere causate dall’ignoranza perpetuata come generatrice di paure e rassegnazione alle sopraffazioni, con azioni collettive per ottenere più giustizia sociale e rispetto dei basilari diritti di ogni essere umano, principalmente dei bambini.
Di fatto prende forma una piccola efficace comunità, come un appassionante caleidoscopio con i colori:
• delle diverse personalità, che a volte portano il peso di “sensi di colpa” strutturatisi nel tempo o solo sperimentati in nuove circostanze di vita;
• di emozioni e di sentimenti della prima giovinezza, dei modi diversi di vivere l’amicizia e l’amore;
• dei comportamenti lineari e di quelli contraddittori;
• della scoperta di quanto sia bello giocare e/o fare doposcuola con le bambine e con i bambini che hanno troppo poco e subiscono troppa emarginazione ed umiliazioni anche nelle aule scolastiche;
• di quanto sia importante imparare ad ascoltare coloro che comunicano con parole in italiano frantumato, in dialetto tipicamente locale e con idiomi manipolati dalla quotidianità vissuta lontana dalle terre di origine;
• di quanto sia fertile saper alimentare, anche con inusuale pazienza, dialoghi con chi sembra fermo nella sua rassegnazione di diseredato, con chi non ha fiducia nella forza collettiva, nelle istituzioni, nei sindacati e nel partito politico anche di sinistra, con chi vive la mortificazione del non lavoro e della fame del giorno per giorno, che dà terreno a varie forme di ignoranza dei diritti civili e apre spazi a pericolosi individualismi e familismi, come prede delle peggiori organizzazioni malavitose.

Il giovane Sergio. per la propria sensibilità, è deciso a dare al suo operato una più fattiva fertile centralità al messaggio evangelico per cui ha scelto di abbracciare con convinzione il ruolo di sacerdote. Vuole esplorare, indagare, capire e accertare anche in contrasto con l’autoritarismo della Chiesa, malcelato dalle sembianze di bonario paternalismo dimostrato da rappresentanti ecclesiastici in ordine gerarchico. Sergio apre confronti con enti locali, con il sindacato, con la sede locale del PCI, subisce minacce e sperimenta conflitti esistenziali, tentativi di isolamento, richieste di fermarsi e/o recitare una funzione che non sente più sua. Sergio, che non sa che in altre parti – anche fuori dalla Campania – ci sono altri preti che coraggiosamente combattono in prima fila per arginare, neutralizzare, vincere poteri che calpestano diritti umani e civili, è sempre più determinato nel superare i vari ostacoli al suo operato: le difficoltà, di volta in volta, perdono peso, perché il suo progetto si rinforza con il lavoro dal basso, di squadra con il suo sempre più alleato gruppo composto da padre Gennaro, dai giovani Matteo, Paolo, Angela, Marlena, Piero, Silvana, Giovanni, Franco. Essi vivono la stagione delle più solide genuine motivazioni a incrementare partecipazione attiva per contrastare ingiustizie sociali e per frenare la visibile invasione sempre più allarmante di grandi palazzi senza alcun controllo legale nel proprio quartiere; essi diventano sempre più protagonisti orgogliosi delle attività della loro comunità e, anche con qualche disubbidienza civile messa in atto, a sanno dare forza ad azioni e strategie vincenti, proprio per le esperienze accumulate in strada.

“Come la luce dell’alba” ha una sua specificità che lo rende ancora più coinvolgente per noi napoletani: i fatti, gli eventi e le vicissitudini narrate sono racchiuse nel periodo – con una sua peculiare memoria storica – che va dall’ottobre 1973 al maggio 1974:
• ad ottobre si susseguono i giorni in cui risulta arginata e poi vinta la diffusione del colera proprio per l’organizzazione del lavoro dal basso sostenuto da volontari – uomini e donne (molti appartenenti al PCI) – anche nelle periferie più dimenticate, dimostrando una solidarietà efficiente anche in situazioni di rischio personale per la salute;
• nei mesi successivi si sperimentano diverse preoccupazioni per il timore dell’esaurimento delle risorse energetiche e nuove abitudini di vita individuali e collettive imposte dall’austerity, dal dicembre 1973 all’aprile 1974;
• nella primavera 1974 infuria la campagna per il referendum abrogativo sul divorzio: periodo politico irto di scontri ideologici non soltanto tra le formazioni politiche ma anche nello stesso mondo cattolico, mesi in cui si alimentata la paura del proliferare di immorali fenomeni familiari e sociale nell’eventuale vittoria del NO.
Nel romanzo è ben presentata la problematicità politica ed esistenziale verso un futuro più moderno o verso un passato retrivo; persistono dubbi ed incertezze fino al risultato finale anche per il sacerdote Sergio, saldo nella sua coerenza. Nelle pagine del libro affiorano con delicatezza espositiva conflitti esistenziali individuali con problematiche inerenti alla castità imposta agli ecclesiastici e al dramma della pedofilia, ma nella piccola/grande comunità dei volontari domina sempre la solidale leale feconda alleanza nella battaglia contro l’abusivismo edilizio che oltraggia il paesaggio ricco di benefico verde, minacciando prima ed espellendo poi le fasce più povere della popolazione locale e annientando anche le essenziali risorse date proprio dal lavoro agricolo.
E torniamo alla pagina 308 del libro con le parole di padre Sergio ad un suo superiore: “Vi voglio dare una bellissima notizia, così vi consolate. Ha telefonato l’avvocato della Coldiretti: il giudice ha annullato tutti gli sfratti dei coloni di Masseria Grande […] Nessuno perderà la casa e il lavoro […] Non solo i contadini hanno vinto e non devono andare via, ma l’avvocato ha detto che si potrebbe aprire un procedimento per truffa e circonvenzione d’incapace e forse persino di estorsione a carico di quei farabutti che hanno cercato di mandarli via e hanno bruciato le baracche degli Spinelli. E la giustizia che trionfa”. (5) Sergio ancora non sa dei provvedimenti nei suoi confronti presi dalla Curia proprio per il suo operato. Era contento anche “per Mario Pagano che, suicidatosi o ucciso, poteva vedere i disegni dei suoi persecutori infrangersi contro il muro del diritto. Era contento per avere fatto del bene e avere contribuito a quel risultato, per aver dimostrato al priore e a Michele che il suo operato non era velleitario, non era estraneo al suo essere cristiano, frate e prete, perché annunciare la buona novella senza amare concretamente i fratelli che sono nel bisogno non giova a nulla.” (pag. 6)
Le pagine seguenti si aprono ai sobri festeggiamenti collettivi anche nelle baracche risistemate, tra l’allegria di semplici riflessioni e dei ringraziamenti con un italiano frantumato incrociato agli idiomi più strani mentre brilla di luce propria la risorsa del volontariato, del lavoro dal basso potenziato dalla virtuosa energia dei giovani, dai sentimenti di solida amicizia che sanno nutrire. Sergio, infine, serenamente ubbidiente si ritrova in nuovo ruolo di prete in un piccolo paesino dell’Irpinia, ma soprattutto è lucidamente immerso in una nuova dimensione di giovane uomo e di studioso che lo apre ad orizzonti futuri diversi sempre con salda coerenza.

Attraverso l’avvincente lettura di “Come la luce dell’alba” possono venire a galla analogie con il presente? Forse. Certamente s’impongono severe ma non rigide riflessioni sociali e politiche.
Siamo agli inizi del 2024:
• si aggira ancora lo spettro del Covid che ha segnato il 2020 come un anno terribile
riempito anche di promesse politiche per migliorare la sanità pubblica: le promesse
non state mantenute, è malcelato il sopraggiungere di nuove epidemie e si sta delineando
un ulteriore peggioramento sanitario che penalizza ancora una volta le persone e le
famiglie economicamente più deboli;
• aumenta inesorabilmente la povertà: sempre più fasce della popolazione italiana hanno bisogno di aiuto anche per un essenziale pasto quotidiano; si stanno moltiplicando forme di povertà estrema che causano anche cinici sfruttamenti, gratuite violenze e inaccettabili condizioni di schiavitù non solo di donne e bambini; predominano le emergenze causate da flussi migratori ancora politicamente mal gestiti e le emergenze derivate dai disastri naturali devastanti che, nel loro susseguirsi, confermano che il cambiamento climatico incombe; anche la corruzione incombe ancora con il peso del potere di organizzazioni criminali;
• si moltiplicano le guerre: dal febbraio 2022 con l’invasione della Russia in Ucraina il conflitto armato è alle porte dell’Europa; l’attentato del 7 ottobre 2023 segna il feroce attacco di Hamas a Israele seguito da massacri di civili e militari soprattutto nella Striscia di Gaza raggiungendo cifre mostruose di perdite umane, soprattutto di tenera età. Sempre più da parte di Netanyahu la formale dichiarazione di guerra continua, mentre – su sollecitazione del Sudafrica – la Corte di Giustizia ONU dell’Aia accusa il premier israeliano “di genocidio mentre combatte il genocidio” e chiede misure urgenti per cessare il fuoco e dare aiuti ai palestinesi. Intanto nelle ultime ore il Medio Oriente è attraversato da più forti tensioni internazionali nel Mar Rosso con il pericolo di ulteriori conflitti che accentuano la posizione strategica proprio dell’area del Mediterraneo. In prospettiva si delineano altri cambiamenti geopolitici determinati anche dalle incerte relazioni tra la Cina e Taiwan, dopo il risultato elettorale del 12 gennaio con l’elezione a presidente del democratico indipendentista Lai Ching-Te. Ulteriore centralità – a livello intercontinentale – viene attribuita ai risultati delle elezioni europee – programmate dal 6 al 9 giugno – mentre irrompono manifestazioni di movimenti e di regimi autoritari appartenenti alla destra più oscurantista con la diffusione di simboli, slogan e metodi di stampo fascista e neonazista; infine le elezioni americane per l’elezione di un nuovo presidente già si delineano di particolari problematicità.
• superfluo è segnalare i velocissimi cambiamenti provocati dal grande sviluppo della scienza e della tecnologia: siamo nell’era digitale con gli effetti della rete ben penetrata nella società consumistica, creando radicali mutamenti nel modo di comunicare, nelle strategie del pensiero e della conoscenza, nei comportamenti soprattutto dei giovani e bambini, nei lavori delle grandi aziende e non solo, nelle stesse attività politiche. Oggi si lanciano allarmi, a volte molto generici altre volte troppo specifici mentre – finalmente – si richiede urgentemente vigilanza e approfondimenti democratici degli aspetti etici, sociali e politici dell’inarrestabile cammino dell’AI perché si prefigurano inedite e pericolose trasformazioni socio-politiche, inedite forme di colonizzazione tecnologica e digitale perché sono i colossi economici internazionali che stanno investendo proprio sull’AI;
• importante è evidenziare quanto siano necessarie oggi tutte le forme di volontariato che attivano azioni di solidarietà concreta ed incisiva soprattutto verso coloro che oggi definiamo “ultimi” anche negli angoli meno conosciuti della nostra Italia. Solo chi vuole essere cieco e sordo non sa del lavoro fondamentale della Comunità di Sant’Egidio e di molte altre associazioni cattoliche e laiche che aiutano e operano efficacemente senza fare rumore: i volontari sono molto impegnati e non possono perdere tempo per pubblicare autogratificazioni. Innumerevoli le associazioni create dai giovani per salvaguardare ambiente ed agricoltura, per salvare ridando luce e protezione a chiese e strutture di notevole valore architettonico abbandonate per incuria civile e politica. Tante e di varia tipologia le associazioni che si prendono cura di bimbi nelle situazioni più disagiate o anche nelle linde pareti di un ospedale. Sì! Il volontariato e le associazioni di impegno etico e civile diventano sempre più preziose e, tante volte, realmente efficaci;
• … ed ora spazio ai giovani! Non per “usarli” ulteriormente nei programmi elettorali, né per genericamente denigrarli di fronte a fatti di efferata violenza o di microcriminalità cittadina o perché pigramente immersi nelle reti o nei social… Qui voglio sottolineare la forza rigenerante del pensiero politico quando Sergio Mattarella, nel suo messaggio di fine anno 2023 proiettato nel 2024, ha ricordato gli angeli del fango accorsi da tutt’Italia e paesi europei in Emilia Romagna devastata dall’alluvione nel maggio 2023. E i giovani accorsi a Firenze e a Venezia, devastate da alluvioni e loro infaticabili lavoratori volontari nel mettere in salvo e proteggere libri ed opere d’arte di rara preziosità. Era il novembre 1966.

Domanda: Ed ora, Pio?
Pio Russo Krauss: Mi chiedi: “E ora?” È difficile dare risposta.
Io non sono d’accordo con quelle persone non più giovani che dicono “Ai miei tempi sgobbavamo … lottavamo … avevamo dei valori ecc.”, come non sono d’accordo con i giovani che dicono “Per voi era tutto facile … ci avete lasciato una società che fa schifo … ecc.”
Le generalizzazioni (“quelli della mia generazione”, “i giovani d’oggi”, così come “le donne”, “gli stranieri”, “i rom” ecc.) sono trappole mentali, perché ci fanno credere di cogliere la realtà mentre ce ne danno una caricatura (tra l’altro ci portano a individuare un colpevole che non siamo noi, quindi ad autoassolverci). Spesso siamo spinti verso queste trappole da soggetti che hanno tutto l’interesse a queste generalizzazioni. Ci sono partiti che hanno fatto la loro fortuna generalizzando sui rom, sugli stranieri, sui meridionali. E così può far comodo che si pensi che la colpa dei guasti della società attuale sia dovuta alla generazione precedente. Ma le cose non stanno così. Nella precedente generazione c’era chi lottava per una società ecosostenibile, democratica, rispettosa dei diritti dei lavoratori e delle donne e c’era anche chi lottava per il contrario, chi si faceva i fatti suoi e chi pensava solo a ottenere vantaggi per sé. Così è anche per i giovani d’oggi. Il conflitto importante non è tra generazioni ma tra sfruttati e sfruttatori, tra democratici e antidemocratici, tra oppressi e oppressori, tra chi si impegna e chi pensa ai fatti suoi, e la linea di demarcazione spesso è sfumata. Oltre all’età anagrafica cosa hanno in comune un operaio pensionato dopo una vita di lotte per i diritti dei lavoratori e un Montezemolo, un giovane rider figlio di un impiegato e un giovane ricco imprenditore figlio di un ricco imprenditore?
Evitando ogni generalizzazione, se dovessi confrontare i primi anni ‘70 (quelli narrati nel libro) e quelli odierni, riferendomi soprattutto ai giovani (di allora e di oggi), mi sembra che la differenza principale sia che negli anni ‘70 c’era una diffusa speranza di riuscire a cambiare la società, mentre oggi questa speranza è raro trovarla. E mi interrogo sulle cause di questa perdita di speranza, se non sia stata spenta volutamente, scientemente da parte di chi non vuole un cambiamento. Se non c’è speranza, infatti, non c’è lotta per il cambiamento e chi è ricco e potente ha tutto l’interesse a che non si mettano in discussioni la propria ricchezza e il proprio potere.
Altre differenze tra gli anni ‘70 e oggi: 50 anni fa c’erano molti centri di aggregazione (i partiti, le parrocchie, i circoli culturali ecc.) dove incontrarsi, discutere e impegnarsi insieme; c’era più interesse per la politica; c’era maggiore possibilità per lo Stato di formare i cittadini, mentre oggi questa “formazione” è in gran parte appannaggio dei privati e i privati formano dei cittadini secondo i loro interessi (cittadini che non credono in una società diversa, che non si sindacalizzano e non si impegnano in politica, che desiderano soprattutto consumare ecc.). Nei primi anni ‘70, infatti, gli unici canali televisivi e radiofonici erano dello Stato e non c’era Internet; oggi radio, tv e Internet sono quasi completamente in mano a società private.
Gli anni ‘70 sono stati anni di grandi conquiste sociali (lo statuto dei lavoratori, la legge sul divorzio, il nuovo diritto di famiglia, la riforma sanitaria, la legge Basaglia, l’equo canone ecc.) perché sono stati anni di grandi lotte sociali e perché la sinistra aveva, se non un’egemonia culturale, almeno una forte identità culturale. Oggi l’egemonia culturale è della destra e gran parte della sinistra non ha identità perché è permeata dalla cultura di destra (liberista, nazionalista, localista, ecc.), non vengono posti obiettivi chiari, rilevanti e di sinistra e non vi sono grandi lotte per ottenere questi obiettivi. La sinistra o prende le parti dei poveri, dei deboli, dei discriminati, dell’ambiente e della pace o non ha ragione di esistere.
Penso che oggi come 50 anni fa la maggioranza delle persone si interessa di problemi di poco conto invece che di quelli importanti (delle buche nelle strade invece che della speculazione edilizia, come il presidente di Italia Nostra dice nel romanzo) e che la lotta per il cambiamento sia portata avanti da minoranze, da minoranze che riescono a incidere se sono determinate e se sanno suscitare simpatie e ammirazione nella popolazione.
Credo che l’animo umano sia sempre lo stesso. I giovani si innamorano oggi come ieri (e gli innamorati odierni possono ritrovarsi nelle poesie d’amore di Catullo, di Petrarca, di Shakespeare, in Romeo e Giulietta o in Rose e Jack di Titanic). I giovani, oggi come ieri, vogliono incidere sul mondo, lasciare un segno. Il problema è che molti pensano che per farlo basti caricare un video su Youtube o su Tick Tock o scrivere una banalità sulla propria pagina facebook o su twitter.



Ho conosciuto Pio Russo Krauss attraverso un’amica che mi ha proposto, anni fa, a coltivare la mia passione per il trekking (mare monti) anche qui in Campania. L’Associazione Marco Mascagna (costituitasi dopo la tragica morte accidentale il 5 settembre 1991 di Marco Mascagna, giovane pediatra già ambientalista e pacifista) mi è venuta incontro e per tutti, tra i tanti amici, Pio, il presidente, sempre si è fatto notare per le notevoli competenze negli itinerari, per la vigile attenzione durante le escursioni, per gli aiuti efficaci dati in situazioni di difficoltà individuali nell’affrontare tratti rilevatesi difficili, anche con la neve. Tante, variegate ed entusiasmanti le escursioni, testimoni le innumerevoli foto. Per me sempre indimenticabili le altavie del Sentiero degli Dei e la salita al Monte Solare partendo dal Parco Filosofico di Anacapri. Poi gli imprevisti della vita mi hanno imposto una lunga fermata, ora forse è il momento di riprendere prudenti escursioni che aprono sempre alla bellezza della natura.

Rosanna Bonsignore


Note
1) Italo Calvino, Mondo scritto e mondo non scritto, a cura di Mario Berenghi, 2023 edizione speciale per CEDI Gruppo Editoriale S.p.A., Pubblicazione su licenza di Mondadori Libri S.p.A. Milano, pag.28
2) Pio Russo Krauss, Come la luce dell’alba, La valle del Tempo editore, Napoli 2023, pag.7.
3) Il 24 giugno 2022 , Roberta Luppino in Il Mattino online comunicava Sono 14, tra architetti e archeologi provenienti da tutto il mondo, che nell’ambito del Master di secondo livello ALA, un programma post-laurea internazionale e interdisciplinare di due anni sviluppato da un consorzio di 4 istituzioni: Università Sapienza di Roma, Università di Coimbra, Università Tecnica Nazionale di Atene, Università Federico II di Napoli, si occuperanno di sviluppare progetti atti alla valorizzazione di alcune aree archeologiche di Pianura.
4) Ivi nota 2, pag.8.
5) Ivi pagg. 307 – 308
6) Ivi pag. 314

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