Dal dicembre 2001 mi regalo sempre un’amena consuetudine.
Ogni volta che mi ritrovo a Casa Ascione mi soffermo ad ammirare da una grande finestra dell’omonimo Museo il bassorilievo “Il tempo e le Ore” del Teatro San Carlo e, alzando lo sguardo in alto, la “Triade di Partenope” che, seguendo un antico mito, raffigura l’incoronazione di musicisti e poeti da parte della sirena…ed io aggiungerei di tutti coloro che proteggono, amano e producono arte.
A Casa Ascione il valore artistico s’intreccia con testimonianze storiche di grande interesse: nel singolare corridoio si susseguono – in modo sobriamente efficace – foto d’epoca degli antichi laboratori ( per la lavorazione artigianale del corallo dell’azienda nata nel 1855 a Torre del Greco ) e belle immagini di corallare. Affascinante l’esposizione – nello stile di una pinacoteca –
– di autentica documentazione dove dominano partecipazioni ad EXPO del secolo scorso, diplomi, premi e attestazioni anche internazionali. L’orizzonte della complicità tra arte e artigianato si amplifica nel giungere nella grande sala dove particolari vetrine brillano di luce propria nel custodire coralli dai diversi colori donati in forma grezza dal mare o artisticamente lavorati da mani esperte; antichi attrezzi di lavorazione posizionati in più parti della sala richiamano gentile attenzione. In questa sala si respirano sempre le potenzialità benefiche della “cultura immateriale” anche perché è uno spazio aperto ad incontri culturali interdisciplinari con il comune denominatore il livello di qualità, mentre dalla grande vetrata a semicerchio si guardano reciprocamente e ci sorridono sempre – sia di giorno che di sera – i fregi della Galleria Umberto Primo. Ancora in buone condizioni.
Puntualmente qui mi dico: Questo è autentico eccellente “Made in Italy”. Attualmente questa sala ospita la Mostra “Giovanni Ascione”.
Negli ultimi mesi acquista sempre più spazio la dichiarazione “Orgoglio Italiano” ed io voglio aggiungere qui “Orgoglio Napoletano”. Insostituibile. E’ un “Made in Italy” originato, per decine e decine di anni dal prezioso, concretamente prezioso, connubio di Torre del Greco e Napoli, creato dalla famiglia Ascione. Il percorso diventa ancora più suggestivo nel salire in alto percorrendo la scala creata in corrispondenza della curvatura della parete e nell’ entrare nello scrigno del Museo: ogni singolo oggetto e ogni gioiello esprimono insieme un proprio peculiare pregio anche storico negli spazi ridefiniti con un’architettura inimitabile, abbracciati ancora dai fregi del Teatro San Carlo e della Galleria Umberto Primo. Prende forma un essenziale racconto insieme alle precise didascalie che testimoniano l’orditura tra arte e ed artigianato, in uno specifico percorso di storia italiana dedicato al corallo – sin dai primi decenni dell’ottocento – illuminando tradizioni e mode oltre i confini nazionali, potenziando e tramandando un’eredità, unica nel suo genere, che tuttora è di indiscutibile valore per il “Made in Italy”.
Soprattutto per l’artigianato: nostra risorsa inimitabile e incomparabile in più settori, dal cibo alla moda.
I termini arte e artigianato hanno una radice comune dal latino “ars”, wikipedia ben ci ricorda: “L’arte nel suo significato più ampio comprende ogni attività umana – svolta singolarmente o collettivamente – che porta a forme di creatività e di espressione estetica, poggiando su accorgimenti tecnici, abilità innate o acquisite e norme comportamentali derivanti dallo studio e dall’esperienza. Pertanto, l’arte è un linguaggio, ossia la capacità di trasmettere emozioni e messaggi. Tuttavia non esiste un unico linguaggio artistico e neppure un unico codice inequivocabile di interpretazione, addirittura non esiste neppure un termine equivalente ad “arte” nella maggior parte delle lingue parlate[“].
La memoria storica ci conferma che questa definizione sia da attribuire anche all’artigianato. In Italia l’artigianato è un’arte che sin dal Medioevo è stata tramandata di generazione in generazione: nelle botteghe veniva trasmessa una peculiare sapienza acquisita su un mestiere e l’artigiano era figura di grande importanza perché considerato l’esperto, un punto di riferimento formativo per coloro che volevano imparare quel mestiere. È importante mettere in rilievo che proprio attraverso l’artigianato italiano alcune tradizioni sono rimaste intatte, mentre altre sono cambiate per rispondere alle difformi esigenze del mercato in continua trasformazione. Proteggere e valorizzare l’autentico artigianato significa dare valore all’italianità e alle persistenti migliori tradizioni del nostro paese.
Ritengo opportuno predisporre qui essenziali annotazioni sul “Made in Italy”: la definizione inglese come marchio d’origine è applicata ad un prodotto singolo o ad una confezione per certificarne la produzione in Italia nel garantire la differenza delle merci nazionali da quelle importate. Il marchio dovrebbe essere garanzia di tutela delle eccellenze italiane, rendendole riconoscibili per creatività, stile e per cura dei dettagli. Si coltiva ancora il mito italiano della qualità italiana che tuttora traina la nostra economia, ma è da evidenziare: è vero che il Made in Italy non è solo un mito italiano, è vero anche che, in quanto fenomeno culturale e di consumo, esso è in continua evoluzione per l’ affermarsi di nuove forme di competizione nel mercato internazionale; ma è anche vero che sempre più brands italiani, in tutti i settori, chiedono di salvaguardare i valori creativi, di stile e di autentica produzione da secoli tipici dell’Italia evidenziando la necessità di passare dalla “qualità Made in Italy” al “Made in Italy di qualità”.
Il 12 novembre 2022, con il Governo Meloni, nasce il Ministero delle imprese e del made in Italy con un patrimonio storico fatto di varie tappe legislative. (*)
Nell’esigenza di fare chiarezza, più che mai opportuna, del concetto stesso di Made in Italy e della sua storicizzazione, negli ultimi mesi si è sviluppata una ricca letteratura (variegata perché spazia dalla filosofia alla sociologia, dalla storia all’economia, dall’arte al design, dalla moda alla cucina, ecc…) ed è bene inserire qui brevi annotazioni storiche sul “Made Italy” nello specifico campo della moda italiana, dando risalto a due figure di genere diverso e di differente estrazione sociale.
Giovanni Battista Giorgini (1898 – 1971) – emblematico imprenditore dell’epoca – il 12 febbraio 1951 a Firenze lanciò un défilé di moda italiana nella sua aristocratica residenza, Palazzo Torrigiani in via de’ Serragli di Firenze. L’evento ebbe grande risonanza nella stampa internazionale e questa data segnò il debutto ufficiale di uno stile propriamente nazionale nella moda. Nella via fiorentina nel 2009 è stata deposta una lapide che ricorda l’evento come “PRIMA SFILATA DI ALTA MODA ITALIANA”.
La narrazione di una storia più lontana individua come vera creatrice del concetto di moda italiana Rosa Genoni (1867-1954) nata in Valtellina, ancora bambina di terza elementare iniziò a lavorare come “piscinina” (**) nella sartoria della zia a Milano. Frequentò le scuole serali, imparò il francese e perfezionò il suo apprendistato in Francia tanto da diventare stilista, designer e docente. A Parigi si impadronì attivamente dei processi produttivi dall’ideazione dei modelli alla loro realizzazione. Lo stile francese dominava, ma Rosa Genoni nella sua intraprendenza coltivò la convinzione che anche le “sartine” italiane avrebbero meritato una formazione adeguata e lavorò tenacemente per realizzare fattivamente il suo progetto: creare una moda come “pura arte italiana”, traendo ispirazioni dal mondo classico e dai capolavori del Rinascimento, coniugando la creatività al sapere e al saper fare tipicamente italiano. Ritenne fondamentale creare alleanze tra artigianato e industria per conquistare l’autonomia della moda italiana e per incrementare ricchezza nazionale.
E’ importante ricordare che Rosa Genoni, amica di Anna Kuliscioff, si impegnò in attività per l’emancipazione delle donne, soprattutto per la conquista della riduzione dell’orario di lavoro e dell’introduzione del congedo di maternità. Nel 1905 iniziò ad insegnare” Storia del costume” nella Scuola Professionale femminile della Società Umanitaria a Milano e riuscì ad inserire un settore dedicato esclusivamente alla sartoria. Nel 1906 all’Expo di Milano espose suoi modelli ispirati all’alta sartoria del nostro Rinascimento, in particolare del ‘400 ed ottenne il Grand Prix delle arti decorative. Pacifista convinta, nel 1915 fu l’unica rappresentante italiana invitata al Congresso internazionale delle donne dell’Aja.
La lavorazione artigianale del corallo risorsa del nostro Sud da sempre ha avuto un inconfutabile rilievo e valore, anche simbolico, nella moda italiana.
La rivista Infinitimondi ha già pubblicato esaustive pagine dedicate alla storia dai primi decenni dell’ 800 della famiglia Ascione (***) e all’ omonimo museo d’impresa meglio conosciuto come Museo del Corallo ( vedi articolo “CASA ASCIONE e il suo corallo, non solo” in InfinitiMondi Numero 6, Settembre – Ottobre 2018, pagg. 133 – 124, settore “Altri Paradigmi ), per cui credo giusto proporre un’essenziale storia di Giovanni Ascione ( 1915 – 1994 ), di fama internazionale perché è stato “Precursore in quanto intuì come l’artigianato, allora come ai nostri giorni, avesse ragione di esistere soltanto se di qualità: solo così è testimonianza reale della cultura, del processo di sedimentazione, di conoscenze tecniche e di sensibilità artistiche dal quale nasce (1).
Io stessa, per anni docente di lettere a Torre del Greco e cittadina in area vesuviana attivamente impegnata in iniziative culturali ad ampio raggio, ho accolto qualificate testimonianze su Giovanni Ascione: indimenticabile Imprenditore di Torre del Greco la cui autorevolezza umana era sintesi delle sue capacità artistiche e della sua vivida creatività potenziate da competenze tecniche artigianali di alto livello, dalla moderna organizzazione aziendale con forte dimensione etica di cui è stato convinto fautore e fecondo artefice. Precursore anche per i proficui i suoi incontri con gli artisti a lui contemporanei e per i suoi costanti aggiornamenti sui movimenti artistici del ‘900.
A Napoli nella grande sala del Museo del Corallo, dal 25 maggio 2023
fino al 5 gennaio 2024 regna la MOSTRA GIOVANNI ASCIONE.
Giovanni Ascione
La mostra è “Un viaggio che ripercorre la storia del design artistico dal decò allo stile contemporaneo, della gioielleria, degli oggetti preziosi, degli arredi sacri, attraverso la vita e l’estro di Giovanni Ascione, artista e imprenditore, che seppe conferire valore culturale alle sue creazioni “. (3).
Giovanni nato nel 1915 era figlio primogenito di Giuseppe e di Caterina Mazza (anche lei appartenente a una famiglia impegnata in attività inerenti al corallo) ma era l’unico nipote per cui in modo corale fu “scelto” come erede dell’importante azienda Ascione conosciuta già al di fuori dei confini italiani. Ben presto emersero le capacità creative e artistiche del ragazzo: fu educato al lavoro (tanto da condividere lunghi periodi di lavoro e di vita quotidiana con gli zii), acquisì velocemente notevoli competenze nelle tecniche artigianali e nell’organizzazione aziendale. Il padre e lo zio Carlo costituirono la prima guida al disegno artistico e alla progettazione in un sereno clima familiare spesso arricchito dalla proficua frequentazione, dal costante confronto e dalla sperimentazione di nuovi materiali (come madreperla e tartaruga) con artisti dell’Art Nouveau e rappresentanti del mondo culturale del periodo. Fra i tanti è importante ricordare Enrico Taverna, direttore della Regia Scuola d’ incisione sul Corallo e di Arti Decorative ed industriali per un lungo periodo. Grande la familiarità anche con lo scultore Eugenio Avolio, della tradizione accademica napoletana, autore di sculture di vario genere e dell’altorilievo in bronzo tuttora sul portale d’ingresso alla manifattura.
1925: Giovanni aveva solo dieci anni quando fu iscritto nel Collegio San Benedetto a Montecassino dove completò con successo il percorso di studio delle scuole medie ginnasiali. Lì frequentò come docente e scultore dom Francesco Vignanelli, personalità di rilievo nel mondo dell’arte perché prima di diventare monaco benedettino a Parigi era stato amico di pittori tra i quali Modigliani, de Chirico, Picasso; tenente nella Prima guerra mondiale aveva coltivato una grande amicizia con Giuseppe Ungaretti. Giovanni forse trovò un grande maestro nel monaco benedettino e consolidò una profonda amicizia fino al 1997, anno della sua morte.
1931 – 1932 anni di inediti fermenti culturali: Giovanni Ascione diede inizio alla sua fervida attività di disegnatore anche durante il soggiorno in Svizzera, ancora studente per potenziare competenze commerciali e linguistiche. Nei suoi viaggi verso Schwyz faceva tappa a Milano per conoscere meglio Gio Ponti,
già considerato massima espressione di rinnovamento nelle arti decorative ed industriali. Più volte nella stessa città – già cuore pulsante di innovazione e
modernità – incontrò il famoso orafo Alfredo Ravasco potenziando anche le sue capacità nell’arte orafa.
Cerbiatto. Corallo, malachite.
1932
Napoli, Museo Ascione
1933 – 1934: un biennio cruciale nel determinare un naturale cambiamento nella vita professionale ed
Maria Immacolata ,
1934 ca
Avorio tartaruga
Torre del Greco, collezione privata
artistica del giovane imprenditore perché, completati gli studi, Giovanni Ascione s’impegnò totalmente nell’azienda familiare rendendo proficuamente realizzabili progetti innovativi con il pieno sostegno del padre e degli zii. Era costantemente in viaggio da Torre del Greco anche verso paesi stranieri, senza mai trascurare talento e passione per il disegno e per il design, coltivando un profondo interesse per i movimenti artistici con attenti aggiornamenti e rielaborazioni critiche. Aperto ai nuovi stili e tendenze della gioielleria d’avanguardia, ha sempre e concretamente espresso proprie interpretazioni, anche nell’arte sacra, facendo leva sulle sue capacità creative e sulle sue solide competenze, dando valore atemporale alle tecniche della tradizione artigianale di cui era fortemente sostenitore.
Giovanni Ascione più volte ha ricordato quanto l’abbia affascinato, aprendogli nuovi orizzonti di conoscenza, la visita all’Esposizione Internazionale di Parigi del 1937.
Bozzetto per manifestazione dell’Esposizione
Coloniale internazionale di Napoli del 1935
1934, Acquarello su carta
Archivio Ascione
Collana
1936 ca
Mosaico in Pasta Vitrea, metallo dorato
Napoli , Museo Ascione
1939 – l’anno diede l’avvio a un periodo molto difficile per Giovanni con l’improvvisa morte del padre, vissuta come inaspettato profondo vuoto affettivo e come forte perdita del proprio primo maestro.
1940 – Giovanni Ascione fu chiamato alle armi come traduttore ed interprete prima a Cremona e poi a Sessa Aurunca. Nell’orrore della guerra non permise l’affievolirsi della sua creatività: anche in postazioni di emergenza fu autore di disegni per ricami (inviati alla madre e alle sorelle), di disegni di gioielli, di bozzetti e di studi per incisioni per cammei e per la realizzazione di sculture in corallo di piccole dimensioni (inviati agli zii ). La fine della guerra segnò per l’azienda Ascione una ripresa irta di difficoltà riorganizzative e commerciali ma Giovanni Ascione la seppe trasformare in opportunità di rinnovato entusiasmo sia sul piano professionale che su quello artistico.
Cavallo, 1940
Matita e inchiostro su carta, Archivio Ascione
Studio per ricami di tovaglia, 1942
Matita e pastello su carta
1952: Giovanni Ascione si ritrovò unico timoniere dell’azienda con un forte carico di responsabilità ma ebbe la capacità professionale di dare inizio ad un nuovo percorso alla specificità artistico -artigianale e alla storia del gioiello Ascione: valide le collaborazioni con le case di moda e fertile la sua partecipazione alle iniziative del Sindacato Italiano Alta Moda che, nel 1955, lo definì “coraggioso pionere di una lavorazione moderna di accessori di corallo e madreperla ricercatissimi dall’Alta Moda”. (4)
Modifiche nella struttura aziendale, moderna razionalizzazione delle funzioni con originali soluzioni tuttora valide determinarono un notevole salto di qualità nella produzione della manifattura. L’eclettico imprenditore non ridusse mai l’impegno tutto personale nella progettazione, soprattutto attraverso il disegno che rivelava maggiore sicurezza e libertà espressiva. Efficaci i miglioramenti nel rinnovato rapporto con le maestranze di laboratorio, proficua la sua dedizione alla formazione dei giovani, diventandone spesso maestro e mecenate. Consolidò operativamente la propria convinzione che “per la formazione dell’artigiano, l’apprendistato in bottega dovesse integrare e non sostituire il valore formativo della scuola, non bastavano quindi le conoscenze tecniche, ma era necessaria la formazione culturale perché solo in questo modo sarebbe stato possibile sviluppare la personalità dell’individuo “(5). Giovanni Ascione ha incoraggiato e sostenuto molti talenti non permettendo loro alcuna forma di sciatteria e la poca attenzione all’esercizio perché “Il suo scopo e la sua preoccupazione erano assicurare un futuro all’artigianato artistico alla sua città” (6).
1955: è l’ anno in cui furono celebrate le nozze di Giovanni Ascione con Maria Rosaria Irolli (il pittore napoletano Vincenzo Irolli era suo zio). Dal felice matrimonio sono nati otto figli: tuttora alcuni di loro sono quotidianamente impegnati all’interno dell’ azienda – con propri talenti, con proprie competenze e professioni, con peculiari ruoli in sintonia all’insieme produttivo dell’azienda. Tutti uniti nel persistente obiettivo di mantenere sempre vitale l’unicità e l’etica della famiglia Ascione, nel dinamico connubio di tradizione e innovazione. Qualsiasi iniziativa di Casa Ascione è sempre testimonianza della partecipazione corale dell’intera famiglia.
Dalla seconda metà degli anni ‘50 si sono susseguiti anni di solida serenità familiare che ha favorito un nuovo vigore creativo e progettuale in Giovanni Ascione: diresse personalmente i lavori della ristrutturazione dell’ottocentesco appartamento dei nonni e divenne l’artefice nel progettare e nella realizzazione accurata degli arredi anticipandone lo stile della migliore modernità. Le collaudate collaborazioni con case di alta moda famose di quegli anni, la creazione di pezzi unici di gioielleria, di bijoutteria, di preziosa oggettistica anche di arte sacra – dove il corallo faceva da signore in armonia con inserimenti di madreperla e conchiglie – hanno segnato un incancellabile merito artistico e culturale, anticipatore di modernità, da valorizzare ancora oggi per neutralizzare l’ invasione della mediocre scadente produzione accentuata dalla globalizzazione.
Collier
1957
Corallo, smalto, oro
Collezione privata
La quotidiana fertile sintonia alimentata con tutti i suoi collaboratori e con gli esecutori dei suoi progetti ( spesso persone di già acquisito prestigio ) ha accompagnato anni di incontestabili successi imprenditoriali, di pregevoli incarichi professionali pubblici e di considerevoli innumerevoli riconoscimenti nazionali e internazionali. Le opere di Giovanni Ascione occupano tuttora posti di prestigio nel mondo della gioielleria e dell’arte sacra: tuttora il loro valore è di alto livello perché esprimono l’accurata e magistrale sperimentazione profusa nella lavorazione delle materie più varie, con originale interpretazione della tradizione nel coniugarla al nuovo con il proprio estro innovativo.
Spilla e orecchini
1963 ca.
Conchiglia sardonica. Argento dorato.
Napoli, Museo Ascione
Spilla
1970, Corallo Argento
Napoli, Museo Ascione
Spille 1963
Madreperla, corallo, argento.
Napoli, Museo Ascione
Collana
1980
Corallo, oro
Napoli, Museo Ascione
La Mostra con l’originale documentazione e con l’esporre particolari oggetti è un importante ma ancora parziale racconto della ricchezza dell’eredità artistica di Giovanni Ascione: molte sue opere, infatti, appartengono ad altri luoghi in cui viene risaltato anche il loro valore immateriale.
• Di gran pregio il calice del 1939, in argento dorato con malachite e corallo, creato su commissione del principe Umberto di Savoia per il santuario della Madonna di Montevergine. Attualmente il calice è custodito nel Museo Abbazia di Montevergine.
• Di maggiore importanza per prestigio artistico e professionale la pisside, in avorio ed argento, dono a Pio XXII nel 1952 da parte del Cardinale di Napoli Alessio Ascalesi.
• Soprattutto per Napoli è indimenticabile la teca che conserva le spoglie di San Gennaro nella cripta della cattedrale di Napoli, anche questa realizzata da Giovanni Ascione.
• A Malta è custodito il reliquario di San Paolo in argento, corallo, agate, smalti.
A Portici il reliquario di San Ciro.
• All’Accademia Aeronautica di Pozzuoli nel 1964 Giovanni Ascione firmò il trittico per l’abside della cappella: raffigura la Madonna di Loreto con gli Angeli, di madreperla policroma è alto due metri e cm. 30. In questa struttura militare di rilevante interesse architettonico Giovanni Ascione ha avuto l’incarico di progettare e realizzare gli arredi sacri. Lavoro svolto in modo pregevole.
Molte opere di Giovanni Ascione avevano già oltrepassato i confini nazionali: nel 1968 fu nominato Commentatore al merito della Repubblica Italiana per il successo professionale e le doti umane che da sempre lo caratterizzavano.
Il successo professionale e gli autorevoli riconoscimenti non hanno mai scalfito in Giovanni Ascione l’assenza di vanità, l’entusiasmo ad aprirsi coerentemente al nuovo, il rigore nei lavori .
Negli ultimi anni della sua attività manifestò un rinnovato interesse nell’interpretare espressioni artistiche dell’antico Egitto, dell’oreficeria etrusca, romana e rinascimentale: nella rielaborazione dell’antico diede forma a un proprio linguaggio rendendo, ancora una volta, uniche le sue produzioni.
Il sopraggiungere degli anni di salute malferma fu segnato “ dal rammarico di non riuscire più, a causa della malattia, a disegnare con la sicurezza e la velocità di un tempo e dalla consapevolezza di chi gli stava vicino e avrebbe voluto aiutarlo, che nessuno avrebbe potuto sostituire la mano di chi, da artista che conosce la tecnica, utilizza la matita per materializzare il proprio pensiero nel segno. Forse è proprio questa osmosi tra Giovanni Ascione e la sua creatività che ha attraversato il tempo per giungere fino a noi sotto forma di inusato fascino.” (7)
Rosanna Bonsignore
Note
(*) Scheda storica dal 1861 al 2022 con la nascita del Ministero delle Imprese e del Made in
Italy. Fonte Wikipedia
A partire dall’Unità d’Italia nel 1861, le politiche relative alle attività produttive rientravano nell’ambito del Ministero per l’agricoltura, l’industria e il commercio, soppresso per un brevissimo periodo tra il 1877 e il 1878 dal governo Depretis II, ma subito ricostituito. Nel 1916, con il governo Boselli, viene aggiunta la competenza sul lavoro e la previdenza sociale ma scorporata l’agricoltura, creando così il Ministero per l’industria, il commercio e il lavoro. Nel 1920, con il governo Giolitti V, viene istituito il nuovo Ministero del lavoro e della previdenza sociale, lasciando il Ministero dell’industria e del commercio.
Durante il governo Mussolini avvengono varie trasformazioni: nel 1923 viene istituito il Ministero dell’economia nazionale, accorpando i tre ministeri del Lavoro e della previdenza sociale, dell’Industria e del commercio, e dell’Agricoltura, ma viene soppresso nel 1929 trasferendo le competenze sull’agricoltura nel ricostituito Ministero dell’agricoltura e foreste, e quelle relative a industria, commercio e lavoro nel già esistente Ministero delle corporazioni. Con la caduta del fascismo il governo Badoglio I nel 1943 sopprime quest’ultimo e ricrea il Ministero per l’industria, il commercio e il lavoro.
Nel dopoguerra, prima con il governo Parri nel 1945 le competenze vengono di nuovo suddivise tra il Ministero dell’industria e il commercio e il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, e poi con il governo De Gasperi II nel 1946 viene anche scorporato il Ministero del commercio con l’estero. Nel 1966, con il governo Moro III, viene aggiunta la competenza sull’artigianato con modifica del nome in Ministero dell’industria, commercio e artigianato.
Allo scopo di ridurre il numero dei ministeri, la riforma Bassanini del 1999 determinò l’istituzione del Ministero delle attività produttive, unendo all’Industria anche il Ministero del commercio con l’estero e il Ministero delle comunicazioni, che tuttavia fu mantenuto autonomo dal governo Berlusconi II nel 2001.
Nel 2006, con il governo Prodi II, vengono sia aggiunte le competenze sulle politiche di coesione, accorpando il Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica dal Ministero dell’economia e delle finanze, sia costituito di nuovo il Ministero del commercio internazionale, con conseguente cambio della denominazione in Ministero dello sviluppo economico. Solo nel 2008 si decide di ripristinare la riforma Bassanini unificando nel Ministero dello sviluppo economico le funzioni del Ministero delle comunicazioni e del Ministero del commercio internazionale, che cessano di esistere a partire dal governo Berlusconi IV.
Nel 2014 è stato scorporato il Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica per costituire la nuova Agenzia per la coesione territoriale. Nel 2019, con il governo Conte II, sono state trasferite al Ministero degli Affari esteri le competenze in materia di politica commerciale e di internazionalizzazione del sistema produttivo. Nel 2021 con il governo Draghi, sono state trasferite al nuovo Ministero della transizione ecologica le competenze in materia di energia (escluse quelle relative a concorrenza, mercato e sicurezza delle forniture). Il 12 novembre 2022, con il Governo Meloni, assume la denominazione di Ministero delle imprese e del made in Italy.
(**) Componente di rilievo dell’Associazione I CENTENARI Associazione Aziende Storiche Italiane “Un laboratorio aperto a chi ha prodotto idee e valori condivisi -Storie di eccellenza che affondano le proprie secolari radici nella tradizione italiana, aziende leggendarie, assolutamente uniche
nella capacità di innovare per conquistare il futuro (Fonte: Sito della stessa associazione).
(***) Le piscinine (le piccoline) erano bambine/ragazze che lavoravano con turni massacranti come apprendiste/sarte, stiratrici e anche modiste in botteghe dove spesso dovevano sottostare all’autoritarismo delle “maestre” diventando anche vittime di abusi e violenze. Memorabile la mattinata del 23 giugno del 1902: circa quattrocento piscinine organizzarono
una manifestazione davanti la Camera del Lavoro per reclamare propri essenziali diritti.
(1) Catalogo della Mostra Giovanni Ascione, a cura di Caterina Ascione. Premessa. Napoli, 2023.Pag. 5.
(2) Foto di Luigi di Maggio. Per concessione Museo Ascione.
(3) Brochure della Mostra Giovanni Ascione. Napoli, 2023. Pag.2.
(4) Catalogo della Mostra Giovanni Ascione. Napoli, 2023. Pag.24.
(5) Ivi, pag.25.
(6) Ivi, pag.25.
(7) Ivi, pag.29.
Tutte le foto pubblicate sono state gentilmente inviate da Caterina Ascione, curatrice della Mostra e del catalogo
<