Napoli è stata come scossa da due schiaffi in faccia: la violenza, peraltro reiterata, sulle ragazzine a Caivano e, poche ore dopo si potrebbe dire, l’omicidio di un giovane musicista nella centralissima Piazza Municipio ad opera di un diciassettenne. E’ come se la realtà si fosse incaricata, brutalmente e drammaticamente, di squarciare il velo del ‘va tutto bene’ per porre tutta la società napoletana di fronte al tema del come realmente stiano le cose.

E le cose non stanno bene e una riflessione corale sul presente e sul futuro di quest’area metropolitana di quattro milioni di abitanti andrebbe fatta con coraggio e con determinazione.

Ci torneremo alla fine.

Intanto, voglio ragionare su come, sull’onda emozionale dei due fatti, sia riemersa quella che appare sempre la risposta più facile, la risposta d’ordine. E’ quella che richiede meno domande, quella che ti costringe allo sforzo inferiore: la butti sul militare, sul repressivo e hai risolto tutti i problemi.

E così, per il Presidente della Regione Campania il Parco Verde di Caivano è da spianare con le ruspe non senza prima avere realizzato una sorta di retata di massa con l’esercito se necessario e per la Presidente del Consiglio, in graziosa visita, si parla invece di ‘azione di bonifica’ da porre in essere.

Allo stesso modo per l’altra drammatica vicenda che ha scosso non di meno le coscienze ben oltre Napoli.

E anche qui, la stessa fondamentale risposta.

E non mi riferisco alla reazione dei genitori di Giovanbattista Cutolo : che vuoi dire al dolore inimmaginabile per un genitore che perde così un figlio?

Mi riferisco al rilancio fatto in pubblica piazza dall’on. Francesco Borrelli, del Gruppo Sinistra e Verdi ( e meno male….), davanti alle telecamere, con un Padre Patriciello bellamente assenziente, per l’abbassamento della soglia di punibilità per i rati commessi da minori.

Altro riflesso d’ordine. Altra risposta facile facile.

Ah caro Eduardo, che di minori te ne intendevi e hai dedicato, soprattutto a quelli che ‘sbagliavano’ attenzione e impegno lasciando una lezione straordinaria attualissima che andrebbe riscoperta e riletta, chissà che diresti ora…

Ma che c’entra questo ‘rilancio’ sulla punibilità dei minori?

La situazione oggi prevede che, con l’articolo 98 del codice penale “è imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, aveva compiuto 14 anni ma non ancora i 18, se aveva capacità di intendere e di volere.” E’ esattamente la situazione di Piazza Municipio ed infatti il GIP ha disposto la conferma dell’arresto per il diciassettenne.

Quindi, già oggi, tra i 14 e i 18 anni meno un giorno, se hai commesso un reato con capacità di intendere e di volere, subisci una condanna.

La soglia di non punibilità è oggi fissata dall’ordinamento, articolo 97 del codice penale, a 14 anni.

Che significa ‘abbassare la soglia di punibilità’? Alcune proposte, vedi Cantalamessa FDI, vogliono portare la soglia di punibilità a 12 anni. L’on. Borrelli rilancia. Ed è davvero interessante questa deriva che vede sostanzialmente accomunati estrema destra e, si fa per dire, estrema sinistra per un diritto e una giustizia ‘emozionali’, da ‘Colosseo’, da sondaggio mediatico.

E’ davvero grande la crisi del pensiero.

Ci sovviene il caro Professore e compagno Nino Ferraiuolo, che dall’alto dei suoi ottanta e passa e delle tante che ne ha viste e vissute, si presenta davvero come interprete di sentimenti profondi di quella città che lui ha attraversato intimamente in lunghi anni di insegnamento e di milizia politica.

Ed è un suo ex alunno che ha raccolto dalla rete un commento sulla dolorosa e ingiusta vicenda di Giovanbattista e glielo ha inviato:

Solo una settimana fa, la nonna del sedicenne killer napoletano postava questa immagine su TikTok.
Il ragazzo era rientrato a casa dopo una condanna per tentata truffa agli anziani.
Gli è bastato poco più di una settimana per inguaiarsi la vita per sempre
L. (lo chiameremo così) ha lasciato sull’asfalto di piazza Municipio il corpo esanime di un ventiquattrenne e a casa un bimbo di poco più di due anni.
La storia di L. è collegata a doppio filo a quella di un altro ragazzo napoletano morto giovane: Ugo Russo
Sui social, L. e sua nonna ricordano spesso il giovane ucciso da un carabiniere fuori servizio. Nel mondo off line non si perdono una manifestazione di cordoglio. L. e Ugo erano amici, facevano parte della stessa banda che scippava Rolex ai turisti: ragazzi della Pignasecca, dei Quartieri, del Pallonetto. Tutti uniti dal desiderio di avere. A guardare i social di L, quelli di sua cugina, degli amici è chiara ed evidente l’idea che si è ciò che si possiede. Scarpe e vestiti firmati vengono postati come fossero un titolo di studio.
È indiscutibile che L. sia responsabile delle sue azioni ma è altrettanto vero che il suo pedegree criminale non è solo frutto dell’assenza di un padre che non ha mai visto.
Nasce, anche, dal paradigma dell’avere. Se la nostra contemporaneità, se la nostra società continua a basare tutto su ciò che si ha e non su ciò che si è allora contempliamo che esistano ragazzi che vivono come L.
Perché se la frattura sociale tra chi ha e chi non ha (oggi sarebbe riduttivo dire tra capitale e lavoro) è così fortemente foraggiata e giustificata, allora dobbiamo rassegnarci a dei ragazzi che crescono come L.
La frase “se non hai è perché non sei stato abbastanza bravo, non ti impegni” è alla base del pensiero che ha eliminato i sussidi per chi non ce la fa ma dall’altra parte non ha eliminato la spinta (pubblicitaria, sociale, culturale) all’idea che solo i soldi contano nella vita.
L. ha commesso un crimine gravissimo (nel caso non fosse chiaro lo ripeto) ma la colpa non è di Napoli. È del modello di società che viene costantemente perorato, dell’idea che “non sei buono” se non hai.
Dare spazio a chi fa cose e non a chi possiede sarebbe un primo grande passo. Non fare la classifica dei più ricchi ma di quelli che cambiano il mondo in meglio (la butto lì come esemplificazione ).
Non il dato sulla produzione ma sulla benessere creato.
Sovvertire gli indicatori, il racconto, la visione del mondo per cercare di crescere ragazzi che non si limitano a pensare che sono ciò che hanno.
Se ci fosse davvero un partito progressista porterebbe avanti questi concetti, questi indicatori, questi valori. E invece è solo un’eterna rincorsa ai conservatori, alla loro visione “darwinista” dell’uomo.
Qua non si tratta di cambiare il paradigma per vincere un’elezione, qua si tratta di cambiare per creare un mondo migliore.F.P.

Forse lo avrai già letto. Seppur dettato dallo spazio ristretto di un commento è un giusto contributo alla Riflessione ,che sta girando tra i vari social.
E certo che ovviamente alla fine è sempre quella stessa benedetta/maledetta “Riflessione” che è ormai condivisibile da decenni e che già nel passato Tante e Tanti , come Te Nino ad esempio, hanno indicato anticipandone anche le involuzioni attuali. Ciao Prof. Un abbraccio. Mimmo

***

Quando sento Nino a telefono, parliamo anche di Caivano. E lui mi dice con la voce rotta dall’emozione: ” Capisci, lì a Caivano, in quel quartiere ne conoscevo tanti di quelli che venivano dal centro storico di Napoli dopo il terremoto, da Montecalvario. Era popolo nostro, di lavoratori, con cui per anni sono rimasto in contatto”.

Anche questo è Parco Verde.

Che è successo in questi decenni?

Impegnativo è lo sforzo per capire. Ma se non lo fai, ben difficilmente sai poi cosa fare e come intervenire.

Non rinunciare a scavare per illuminare un’azione nuova. Di questo c’è bisogno soprattutto da parte di chi ha responsabilità istituzionali e pubbliche, attitudine che purtroppo sembra scarseggiare alle nostre latitudini.

E’ quello che invece fa ad esempio Riccardo Marone su la Repubblica di sabato con una opportuna riflessione sui limiti di una certa concezione dell’edilizia popolare che chiama in causa anche la cultura della sinistra, almeno di quella di un po’ di decenni fa visto che quella attuale di governo, e parlo di noi in Campania, a Napoli, a Salerno, sembra mostrare più attenzione alla rendita che ai bisogni abitativi popolari…

E a proposito infine di quel grido disperato del papà di Giovanbattista, andare via da Napoli, che richiama quello antico, eccolo che ritorna, di Eduardo, il quadro più preciso ci viene da un bell’articolo di Paolo Grassi dal Corriere del Mezzogiorno di domenica che ci porterebbe ad affermare: già fatto! Grassi ci racconta come negli ultimi dieci anni l’Italia abbia perso, tra denatalità ed emigrazione, quasi un milione di giovani tra i 15 e i 34 anni. C’è un grande problema nazionale quindi. Ma con all’interno uno meridionale e specificamente napoletano e campano: il 10% di questo ‘meno’ viene dalla provincia di Napoli e il 20% del totale nazionale viene dalla Campania. Dati impressionanti. Su cui già la Svimez in questi anni ci ha ‘messi in guardia’, perfino con il sarcasmo del Professore Adriano Giannola che ha visto nelle tendenze in atto la ‘soluzione naturale della storia questione meridionale’ come ebbe a dire ad un confronto con Infinitimondi: soluzione per esaurimento di popolazione…

E che altro deve accadere per sollecitare una riflessione corale, severa e serrata per capire come invertire queste tendenze? Ed è evidente che di fronte a questi dati nessuno si può chiamare fuori. Non solo politica e istituzioni ma anche sistema d’impresa e sistema di formazione e universitario sono chiamati ad una riflessione critica su di se’.

E poi c’è un’altra avvertenza necessaria. Attenzione, poichè Napoli e la Campania non sono ‘isole’, noi stiamo ragionando direttamente anche degli effetti delle politiche nazionali, degli equilibri tra gli interessi in campo entro cui c’è il sacrificio di quelli meridionali nel quadro di un paese che nel suo insieme viene marginalizzato nella divisione internazionale del lavoro. Quindi parlando di Napoli parliamo anche di criticità di tutta una politica italiana verso il Mezzogiorno.

Gianfranco Nappi

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