E allora, che si fa?

Ti saresti aspettato dopo il 15 marzo e quella Piazza a Roma, con il portato di attivazione di energie e con le polemiche, le presenze aggettivate, le assenze motivate e il bisogno di discutere e il cercare una linea adeguata alle sfide incalzanti del presente emersi ( il mondo davvero non sta fermo e non da’ tempo o tregua ), che le principali forze della sinistra e dell’opposizione avessero aperto una fase di confronto che tenesse quei temi al centro. Anche per incalzare un governo che invece nella sua navigazione a vista sta condannando l’Italia all’inessenzialità e si sta rendendo responsabile di scelte gravi.

Non mi sembra che si sia imboccata questa strada. E si è tornato a macinare dichiarazioni, prese di posizione, interviste, reazioni e controreazioni che si muovono su tutto lo spettro possibile del dibattito politico, si accavallano, si sommano, si cancellano l’un l’altra: è il trituratutto della politica mediatizzata che lascia poi solo un rumore di sottofondo, un alludere, un accennare ma senza mai afferrare di petto le questioni di fondo. Fino a quando la realtà non imporrà altri momenti della verità, come quello emerso rispetto alla decisione gravissima della Commissione sul riarmo o come il silenzio colpevole che continua di fronte alla strage di Palestinesi che è ripresa come se nulla fosse.

Eppure i temi stanno tutti lì.

Non sono più rinviabili.

In questo momento, in modo confuso, ancora largamente disarticolato e però il vertice europeo – con accenti diversi ma in sostanziale allineamento tra Francia-Germania-Inghilterra-Commissione – Draghi. La Germania appare in fase di riorientamento strategico ma con una scelta gravida di conseguenze già assunta in continuità tra Scholz e Merz : il più grande processo di riarmo dalla fine della seconda guerra mondiale.

E qual’è il cuore di questa risposta? E’ presto detto: di fronte alla linea americana e di Trump, che rilancia un ruolo neo-imperiale esplicito degli USA, devono essere gli Europei a prendere la bandiera dell’Occidente e dei suoi valori, che poi declinato sta a significare che dobbiamo essere atlantisti per due! E quindi Riarmo. E quindi visione delle relazioni internazionali sempre più basata sulla dimensione militare. E quindi confrontation ancora più alta con la Russia. E quindi preparazione dell’altro livello di scontro sullo sfondo: la Cina.

E per i giornaloni italiani, Corriere e Repubblica uniti in questo, e per tutti gli intellettuali occidentalisti fino al midollo e orfani oggi degli USA, dire pace e dire disarmo significa che sei sul libro paga di Putin o poco meno: loro, si sa, sono già in guerra.

Senza vedere che è proprio in questo tipo di scelta che c’è l’affossamento del ruolo e della funzione dell’Europa: scegliendo questa strada e non quella di una autonoma e positiva funzione verso l’alleato oltreoceano per la rifondazione di un nuovo assetto delle relazioni internazionali, con al centro il ruolo di un’ONU riformato, capace di una visione comprensiva del ruolo a cui nuovi stati e nuove aree del mondo non vogliono rinunciare, l’Europa nega alla radice il suo peculiare spazio e il suo peculiare contributo per un mondo più giusto e concentrato ad affrontare i grandi temi del benessere e del futuro dell’umanità, in termini di giustizia sociale e di giustizia ambientale. Per questa via l’Europa diventa ancora più dipendente, dal punto di vista tecnologico e militare ( che poi sono sempre di più due facce di un’unica medaglia ), e politico degli Stati Uniti.

Ed esposta. Si veda questo lavorio dei ‘Volenterosi’ a Parigi. Invece di disegnare un nuovo sistema di sicurezza europeo basato sul disarmo reciproco, sulla creazione di un’area grande che arretri il rischio di un attacco o di un drammatico errore, al di qua e al di là del confine russo e che quindi dia sicurezza all’Ucraina, e di concentrare su questo il meglio degli sforzi di tutti, dopo aver portato i confini della Nato praticamente su tutto il confine russo ora Francia e Inghilterra propongono di portare in territorio ucraino anche direttamente eserciti europei di paesi Nato per di più.

In questa situazione, che ruolo deve avere una forza di sinistra? Che idea di Europa deve maturare e interpretare? Ma davvero l’orizzonte deve essere quello racchiuso nel sostegno del PSE alla Commissione e alle sue scelte gravissime? Ma così facendo è proprio quell’Europa che si vorrebbe rilanciare che invece si affossa. E allora, se si vuol prendere davvero prendere la bandiera, necessaria, dell’Europa è da un disegno nuovo di sua democratizzazione che occorre partire e dalla individuazione di un nuovo fondamento sociale e popolare da dare alle sue istituzioni; da una rottura con la pratica neo liberista in politica economica; dalla rottura della sudditanza tecnologica e finanziaria verso i Big che non si vuole mettere in discussione; da una visione capace di guardare all’intero Mondo in termini giusti e inclusivi.

Non ci sono rappezzi possibili: su questi nodi o costruisci una tua linea chiara o stai solo rinviando e, alla fine, ti condanni all’inessenzialità.

Vale massimamente per il PD dove tutte le linee continuiste nella lettura dell’Europa, da Gentiloni a Prodi a Fassino a Picierno, sono all’opera. Ma vale non meno anche per AVS e per M5S che hanno comunque consistenza che impone loro di uscire dal piccolo cabotaggio e dai tatticismi se non vogliono essi stessi essere condannati all’inessenzialità.

E vale anche per il variegato mondo dell’associazionismo e del volontariato che è chiamato ad uscire dalla sua comfort zone e a caricarsi di un di più di responsabilità politica.

E vale per il sindacato e per quella CGIL che offre a tutti la possibilità di una mobilitazione che va colta intorno ai Referendum per provare a mettere al centro un’altra agenda di priorità. E sarà tanto più possibile cogliere l’obiettivo difficilissimo del quorum quanto più da lì, dalla CGIL verrà un grande messaggio di apertura e di rinnovamento e quanto più il Sindacato non sarà lasciato solo nella battaglia.

Si apra un grande confronto con il paese. Si mettano insieme le più importanti forze sociali e del pensiero. Lo si faccia a livello italiano e si costruisca un Forum di confronto con il meglio europeo, sociale e del pensiero. Si ascolti la voce illuminata del Papa. Si infittiscano fili di relazione e di lavoro comune con esperienze, movimenti politici, centri culturali di ogni parte del mondo.

Una forza politica è grande se pone a questo livello la sua ricerca e la sua ambizione.

Nessuno si illuda. In questo passaggio si vanno ridefinendo i confini di un nuovo assetto del mondo ed essi saranno meno iniqui, meno armati, più sostenibili ambientalmente, più liberi solo se i popoli rientreranno in gioco.

E questo dovrebbe proprio essere il compito della sinistra.

E allora, coraggio. Si faccia avanti questa sinistra.

Nel nostro piccolissimo, penso io, ci siamo. Ma per nulla di meno.

Gianfranco Nappi

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