La piazza di Roma proposta da Michele Serra si è riempita di 50.000 cittadini, molti venuti da lontano, consapevoli e desiderosi di testimoniare in favore dell’Europa che vorremmo e che ancora non c’è: tante, ma non sole, bandiere blu-stellate e tante bandiere per la pace, a sventolare insieme, com’era naturale, in armonia. In 50.000 a testimoniare che un popolo che si sente europeo esiste davvero e a certificare la sopravvivenza di una passione politica e di un senso di appartenenza a una comunità ben più larga di quella che s’identifica nell’angusto concetto di “nazione”.

Mi è dispiaciuto non poterci essere fisicamente ma è stato coinvolgente e a tratti perfino toccante seguirla quella piazza grazie alla diretta streaming sul sito di Repubblica, che ha mostrato una sensibilità che non hanno avuto le principali reti televisive nazionali (neppure RAI News24, che in altri tempi e sotto altri governi avrebbe probabilmente seguito una manifestazione di questo tipo). Al di là dei singoli interventi, tutti più o meno misurati nei tempi e nei modi, della passione di Vecchioni e dell’accoglienza calda e solidale che la piazza ha riservato ad Elli Schlein con l’incitamento a proseguire con coraggio per la sua strada, la mia attenzione si è concentrata sul fatto davvero importante che questa professione di fede nell’Europa abbia avuto luogo proprio in Italia e solo in Italia: è bello constatare che qualche volta riusciamo ad essere primi in qualcosa che non sia sempre e soltanto il mondo dell’arte o della musica o dello sport: in qualcosa che abbia anche una valenza politica e, credo si possa dire tranquillamente, anche etica. Questa volta abbiamo mostrato, io credo, di essere più avanti come Italiani rispetti ai cittadini degli altri Paesi d’Europa.

Si potrà dire che dopotutto era logico, che abbiamo raccolto il testimone dei padri fondatori, gli autori visionari del Manifesto di Ventotene; ma non è che questa cosa fosse così scontata, di tante meravigliose eredità e tradizioni si è persa la traccia e, nella presente situazione nazionale e internazionale, poteva essersi perduta anche questa. I cinquantamila fisicamente presenti ed i molti di più presenti idealmente a Roma hanno voluto dimostrare il contrario. Da stasera i mediocri capi dei governi nazionali e gli inadeguati responsabili delle istituzioni europee, capaci solo di reagire, spesso malamente, alle emergenze che gli si parano dinanzi e mai di mettere in campo un progetto di riforma e di sviluppo reale dell’Unione, avranno qualcosa su cui riflettere: c’è una comunità di persone indisponibile a rinunciare alla prospettiva europea a causa della loro inadeguatezza. C’è una comunità che crede in un’Europa che agisca come soggetto “politico” unitario, capace di armonizzare al suo interno il patrimonio straordinario delle diverse culture nazionali che lo compongono e lo rendono, nel mondo intero, assolutamente unico: questo è quello che oggi è stato chiesto ai delegati della Commissione e ai parlamentari europei, altro che le miserabili manfrine cui abbiamo assistito negli ultimi giorni a proposito dello scellerato piano di “riarmo” di Ursula Von der Leyen.


Un’altra cosa importante che si è capita dalla manifestazione di Piazza del Popolo è che in quella volontà comune di testimoniare in favore di un’Europa ancora da fare
, ma necessaria e troppo a lungo sognata, potevano benissimo convivere e confrontarsi opinioni diverse sul come essa debba essere fatta ed anche sensibilità diverse riguardo temi spinosi come quelli della difesa e dei modi più opportuni per ripristinare e consolidare la pace all’interno e ai confini del nostro continente: in verità, tutti sappiamo che anche ottant’anni fa, non tutti coloro che combattevano insieme nella resistenza al nazi-fascismo avevano identiche visioni circa le prospettive del dopoguerra ma tutti insieme si univano nella percezione della priorità del momento. E così a Roma, oggi, c’erano in piazza a sventolare le bandiere della pace e quelle per l’Ucraina al fianco di quelle blu dell’Europa. Ha detto bene Gianfranco Nappi qualche giorno fa, nel suo articolo su Infiniti Mondi, quando parlava di una manifestazione, quella di Roma, promossa genuinamente su un tema fondamentale, riguardo il quale bisognerebbe evitare lacerazioni, in vista di una lotta dura e non breve. E ha detto anche: “Altre piazze ci vorranno”. Ecco, è proprio quello che ho pensato oggi anch’io nel seguire la manifestazione: sarebbe bellissimo, ma, dico di più, “necessario”, organizzare un’analoga festa di piazza in ogni capitale europea e in più davanti alla sede del Parlamento europeo a Strasburgo, tutte in una stessa giornata e con un unico coordinamento ad opera di un comitato internazionale di volenterosi “alla Michele Serra”. Come potrebbero le forze politiche dei diversi Paesi non interrogarsi sulla opportunità e la convenienza di ignorare una simile e tanto diffusa spinta popolare?

Pasquale Strazzullo

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