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Pubblichiamo qui la sintesi dell’intervento di Achille Flora alla presentazione di J’ACCUSE REGI LAGNI svoltasi a Pomigliano d’Arco lo scorso 19 dicembre 2024:
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Questo lavoro, arricchito dal saggio storico di A. De Nardo e una vecchia intervista a L. Cosenza, ha molti meriti, perché:
- È vibrante di sdegno per l’insipienza, inefficienza ed irresponsabilità istituzionale per la mancanza di coscienza ambientale che hanno portato all’abbandono del progetto di riqualificazione dei Regi Lagni;
- È partecipato perché basato sui comuni, istituzione più prossima alle popolazioni locali, attraverso lo strumento del Contratto Istituzionale di Sviluppo, felicemente sperimentato nel giuglianese nell’area metropolitana di Napoli;
- Ha solide radici teoriche, perché le sue radici, forse incoscientemente, affondano nel contributo teorico di A. Magnaghi e della Società dei Territorialisti, che individua l’origine del degrado ambientale nella rottura del rapporto tra l’uomo e il suo ambiente naturale.
Propone una visione attiva dei suoi abitanti nei territori per la salvaguardia dell’ambiente, a partire dall’intuizione di Adriano Olivetti sulla Comunità concreta territoriale, come primo livello fondativo del sistema politico di uno Stato federale;
Applica un approccio olistico (interdisciplinare), affermando il principio territoriale (il territorio come soggetto vivente) prevalente su quello funzionale con cui si sono definiti criteri di zonizzazione,ossia suddivisioni territoriali in base ai diversi usi dei territori a fini produttivi o abitativi, in una visione del territorio come supporto inanimato, alienabile pur rivestendo caratteristiche di Bene Pubblico;
Propone il concetto di Bioregione Urbana, con cui rifiuta le nette contrapposizioni tra rurale ed urbano, ricostruendone le qualità con nuove relazioni co-evolutive tra spazi agro-ambientali ed urbani, rifondandoli su piccoli e medi centri urbani e rurali, organizzati in sistemi reticolari non gerarchici e connessi tra loro. L’idea-guida è di approdare a sistemi urbano-rurali, dotati di sistemi idro-geo-morfologici e ambientali, complessi e differenziati, relazionati in forme co-evolutive con i sistemi insediativi.
- La storia dei Regi Lagni credo vada letta entro questa rottura del processo di co-evoluzione tra territorio urbanizzato, naturale ed agricolo. È una storia antica, come evidenziato dal saggio di De Nardo, mentre quella recente è oscillata tra un approccio dal basso (metodologia bottom-up) con lo strumento del Contratto di sviluppo, ad un approccio dall’alto (metodologia top-down), con la sua avocazione alla Presidenza del Consiglio, così come per l’abolizione dell’Agenzia per la Coesione.
- In questo passaggio, il territorio dei Regi Lagni si copriva d’impianti di logistica e grandi esercizi commerciali, i Non luoghi di Marc Augé, coprendone l’identità territoriale, attivando un elevato consumo di suolo attraverso la sua impermeabilizzazione. Oltre che, essendo privi di collegamenti ferroviari, attiveranno un intenso spostamento di merci dagli interporti al porto di Napoli, con gravi riflessi sull’inquinamento ambientale.
- L’attivismo di Nappi, da assessore all’agricoltura nella giunta regionale presieduta da Bassolino, coinvolgendo personaggi autorevoli come l’architetto Andreas Kipar che stava lavorando, in Germania, sull’inquinamento di un fiume (l’Emscher) che attraversava un impianto siderurgico, relazionandosi con l’urbanista G. Campos Venuti e con istituzioni locali come il Consorzio di Bonifica. Fu proprio tale Consorzio ad affidare a Kipar la redazione del Masterplan del Litorele Domizio, con attivazione del Contratto di fiume del Volturno e l’istituzione del Parco Nazionale del Matese, oltre a contattare l’impresa specializzata in impianti per produrre plastica biologica, al fine di realizzarne uno in Campania.
- Purtroppo, il cambio della giunta e del Presidente regionale, determinerà l’abbandono di questa prospettiva e dei progetti varati. L’idea dell’impianto per produrre plastica biologica fu abbandonato, così come tutta la progettualità tendente ad una riqualificazione ambientale del sistema delle acque e dei processi di urbanizzazione.
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I limiti del progetto
- Il limite principale di questa progettualità credo sia nell’aver trascurato una delle principali fonti d’inquinamento ambientale che è quella prodotta dalle attività manifatturiere, particolarmente da parte di micro e piccole imprese che hanno portato al fenomeno della cosiddetta Terra dei Fuochi.
- Un fenomeno che nasce dalla scelta di tali imprese di mirare ad una competitività di costo, da raggiungere anche attraverso comportamenti illegali (dall’utilizzo di lavoro non regolarizzato al mancato rispetto della normativa sulla sicurezza del lavoro, fino a bruciare all’aria parte i residui di lavorazioni industriali). Una scelta suicida per gli effetti sulle popolazioni locali, particolarmente del giuglianese, ma anche da micro e piccole industrie tessili poste ad est di Napoli.
- Quella che è mancata è stata una politica industriale di trasferimento tecnologico nelle PMI, per ridurre i costi aumentando la produttività con macchinari tecnologicamente avanzati e innovativi. Non è pensabile risanare l’ambiente trascurando produzioni e comportamenti illegali altamente inquinanti.
· Sono mancate diverse altre componenti, come un sindacato dotato di un’organizzazione territoriale, oggi troppo verticalizzato, per affrontare la lotta per il lavoro e l’ambiente, oggi unificate nei territori; così come una consapevolezza, una coscienza di luogo come coscienza delle fragilità territoriali e delle potenzialità delle risorse locali, anche nascoste, come dimostrato dai comportamenti autodistruttivi degli abitanti.
- Senza tali interventi e prese di coscienza della gravità dei fenomeni, le positive economia di agglomerazione, scaturenti dalla concentrazione delle imprese in ambiti territoriali, si trasformano in diseconomie da congestione, così come senza una regolazione della rendita urbana, si espelle la popolazione più debole dalle aree urbane dei centri storici, formando aree metropolitane composte da costruzioni abusive senza servizi alla popolazione, mentre si tombano fiumi e s’impermeabilizza sempre più territorio.
- Ambiente e lavoro sono le due sfide maggiori da affrontare nel nuovo secolo, intervenendo nelle aree più disastrate per dare una speranza di un futuro migliore alle popolazioni locali.
Achille Flora