Il TAR Campania, diversi mesi or sono, ha annullato per la seconda volta consecutiva l’operato del Comune di Chianche (AV) e della Regione Campania in merito alla procedura tecnica e amministrativa di realizzazione dell’oramai famoso biodigestore.
Una decisione che ha comportato l’immediata sospensione dell’annunciato cantiere nonché del procedimento intentato dai due enti preannunciando nel frattempo ricorso al Consiglio di Stato, mettendo, quindi, nel conto un altro considerevole lasso di tempo per un’opera annunciata ben otto anni fa e che dai 14 milioni di origine, al momento, è proiettata al superamento dei 20 milioni di euro, tra l’altro senza nemmeno avere la totalità della copertura dei costi di investimento.
Un risultato questo che se da una parte offre una qualche ragionevole speranza perché il mega impianto di trattamento dei rifiuti non venga realizzato in un luogo sempre più palesemente riconosciuto come inidoneo, nel cuore dell’areale di pregio del “Greco di Tufo” D.O.C.G., dall’altro tralascia una leggera scia di amarezza in quanto le ragioni sostenute dal vasto movimento oppositivo sono state riconosciute dalla Magistratura Ammnistrativa e non dalla politica e dalle Istituzioni preposte, com’era giusto e doveroso attendersi.
Questa presa d’atto apre una riflessione che travalica la stretta questione di Chianche e pone, ancora una volta, all’intera comunità politica provinciale e regionale, il tema perennemente inevaso delle assunzioni di responsabilità e della qualità della nostra classe dirigente diffusa rispetto alle politiche per l’ambiente declinate nei diversi territori.
La vicenda del biodigestore doveva essere semplice, lineare e trasparente ma fin dagli inizi ha preso continue torsioni che ne hanno complicato e reso torbido il suo sviluppo in un susseguirsi di scelte rivelatesi nella loro concatenazione improprie e fatali .
Dopo ben otto anni, cioè da quando la Regione ha deliberato la realizzazione dei biodigestori in Campania alla luce di una discutibile applicazione della legge regionale n. 14 del 2016, infatti, si è ancora al punto di partenza con pesanti aggravi economici e dannose conseguenze per le delicate soluzioni che si richiedono rispetto alla più generale questione dell’assetto impiantistico ecologico nelle diverse province campane.


Non era scritto da nessuna parte che il Piano regionale degli impianti ecologici dovesse essere uniforme per una regione che presenta aree oggettivamente diverse tra loro e che richiedono, quindi, soluzioni, adeguate alle singole specificità territoriali.
Il trattamento della frazione umida, ad esempio, ha un significato molto differente per un’area congestionata come il napoletano e una vasta e semi rurale come l’Irpinia, che presenta una miriade di piccoli borghi distanti tra loro e per lo più collocati in un contesto di scarsa infrastrutturazione.
Non si capisce , allora, perché per l’Irpinia, ad esempio, non sia stato ragionevolmente previsto di strutturare in modo sistemico, non demandandolo allo spontaneismo municipalistico, una rete combinata di piccoli biodigestori per i centri irpini maggiormente urbanizzati e una diffusa rete di compostiere comunali per le realtà collocate nelle diverse aree rurali.
Questo avrebbe garantito una seria governance del processo di funzionamento degli impianti, una responsabilizzazione diretta dei comuni per assicurarsi il trattamento ecologico a km zero e un notevole abbattimento dei costi di realizzazione e gestione nonché un minore impatto ambientale.
Sotto il vento del mantra “dobbiamo fare presto altrimenti paghiamo le multe esose all’Unione Europea” si è preferita la via industrialista con tanto di sostegno intellettuale da parte di esperti della filiera, ahimè talune associazioni ambientaliste e, manco a dirlo, della pletora politco-affaristica che gira intorno all’economia della monnezza, da sempre una delle più redditizie del Mezzogiorno.
Siamo nel mese di luglio 2016 e sta per giungere in porto la nuova legge di riforma della politica ambientale in Campania, quella che giustamente prevede la provincializzazione e l’istituzione di organismi che avranno il compito di gestirla nella sua dimensione integrata, ovvero gli “Ambiti Territoriali Ottimali”, conosciuti meglio come “ATO Rifiuti”.


Una legge certamente da migliorare, comunque innovativa, che prefigura in modo circostanziato ruoli e modalità per la realizzazione impiantistica, in particolare per ciò che concerne il delicato rapporto con i territori a cui occorre proporre necessariamente studi di pianificazione e coinvolgimento partecipativo.
Tutto è pronto, ma una settimana prima che si svolga l’ apposito Consiglio regionale, l’Ente di Santa Lucia promulga un bando che in sostanza chiede ai singoli comuni di candidarsi per ospitare gli impianti da realizzarsi nella rispettiva provincia. Una logica, quindi, completamente opposta a quella indicata dalla legge di riforma in vista di approvazione, che esonera gli ATO e supera le prerogative della pianificazione e della consultazione territoriale offrendo direttamente ai comuni l’opportunità di ospitare l’impianto di compostaggio.
E’ a questo punto che l’unico e tra i più piccoli comuni della nostra regione, senza convocare il Consiglio comunale, nè coinvolgere i comuni viciniori, tantomeno interpellare associazioni ambientaliste e quelle di categoria dei produttori, con un atto monocratico, come se si trattasse di una mera opera pubblica paesana, il Sindaco di Chianche decide di candidarsi per ospitare il biodigestore nel suo comune, ovvero nell’areale del “Greco di Tufo” D.O.C.G., in una località dove non è mai stato realizzato un Piano Insediamento Produttivi, servita da strade palesemente inadeguate, a dieci metri da passaggi a livello ferroviario e a una distanza non compatibile con il vicino fiume Sabato, che è parte integrante del Piano Territoriale Coordinamento Provinciale dove è riconosciuta la prevalenza agro-naturalistica di qualità essendo anche tratto del Corridoio ecologico Europeo del Mediterraneo.
Insomma il posto più inidoneo che si potesse ipotizzare.
Palesi incongruenze rassegnate subito alla Regione Campania, alla Provincia di Avellino, all’ATO Rifiuti Avellino, tutte confermate nella succitata sentenza del TAR Campania , ma che non sono state mai recepite né fatte proprie con atti formali o pronunciamenti pubblici da parte di queste Istituzioni.
Quindi è falso quanto affermano coloro che vogliono far credere che è stata la legge a portare alla ribalta Chianche perché la verità è che è stata la conseguenza di una chiara e indiscutibile volontà politica.
Chiarito questo vediamo come dopo è proseguito il tortuoso cammino del biodigestore.
L’ATO Rifiuti Avellino per forza di cose è costretto a seguire l’iter condotto dal Comune di Chianche e il Sindaco ne diventa sempre più l’artefice e il protagonista, anche mediatico, e questo dovrebbe far riflettere chi ha consentito questo “vulnus” vedendo che un comune di nemmeno 400 anime tenga in scacco un intero sistema di relazioni riguardanti un complesso industriale di rilievo regionale e il destino delle politiche ecologiche di un’intera provincia.
E’ una cosa accettabile questa in una democrazia come la nostra?
Intanto, per le ragioni innanzi spiegate si costituisce il Comitato contro la realizzazione del biodigestore il quale è formato da Comuni, Associazioni, movimenti, cittadini che rifiutano l’etichetta fuorviante di fautori dell’ estremismo ambientalista che seguono la logica del “no nel mio giardino”.
L’ ATO Rifiuti Avellino cerca di barcamenarsi ma senza una chiara volontà di intenti rifiutando di portare la questione dentro l’organismo politicamente deputato, ovvero l’Assemblea dei Sindaci.
Il Coordinamento non realizza iniziative di contestazioni ma segue la filosofia della comunicazione con il territorio e l’opinione pubblica . Così avvia una serie di incontri pubblici e con lo stesso intento partecipa a trasmissioni radio-televisive, realizza documenti, interviste a organi di informazione, in modo da tenere in vita un rapporto di dialogo con le istituzioni e i cittadini.
Questa scelta, purtroppo, non trova ascolto negli Enti preposti così si decide un cambio di passo organizzando una grande manifestazione che si traduce nel settembre 2018 in una straordinaria “Marcia dei trattori” alla quale partecipano migliaia di persone e diversi centinaia di mezzi agricoli in corteo lungo un serpentone che tiene insieme l’area industriale di Altavilla Irpina, prossima a quella di Chianche, e la frazione di Arcella di Montefredane, a ridosso del Nucleo industriale della città di Avellino, simbolico enclave di inquinamento antropico.
Nel frattempo il Coordinamento, che ha assunto il nome emblematico “Nessuno Tocchi L’Irpinia” , cerca di favorire costruttivamente non indicazioni ma suggerimenti di metodo per l’individuazione di aree che oggettivamente si prestino per la loro strutturazione e collocazione meglio di quella di Chianche investendo in tale ricerca anche l’ASI di Avellino.
Ma le volontà dell’ATO Rifiuti Avellino si palesano sempre più con un’impossibilità nel ricercare aree alternative, pur sapendo che nella nostra provincia, purtroppo, vi sono decine di zone industriali inoperose o dismesse per cui si presterebbero al meglio, anche sotto l’aspetto economico, a un’eventuale individuazione.
A questo punto l’ATO Rifiuti Avellino non riuscendo a risolvere politicamente nel suo seno il problema si inventa una soluzione che in qualche modo non espone in primis gli organismi di direzione politica per cui istituisce una non prevista Commissione di valutazione tecnica perché si valutino anche sopraggiunte proposte di candidature della localizzazione del biodigestore, le quali sono, oltre a Chianche, i comuni di Savignano Irpino, Montella e Teora.
La Commissione si appresta alla valutazione ricorrendo a formule e criteri attuariali algoritmiche richiamando come fonti metodologiche alcune pubblicazioni di uno dei componenti, esonerando, ovviamente, qualsiasi ragionamento o verifica di ordine politico-territoriale.
La classificazione finale , guarda caso, vede il comune di Chianche assegnata la prima posizione per cui la Dirigenza pilatesca dell’ATO Rifiuti Avellino si ritrova una bella pezza di appoggio per proporre Chianche come localizzazione del biodigestore.
Questo convincimento si rafforza allorquando l’ATO Rifiuti si appresta a predisporre il Piano provinciale dei rifiuti e in una relazione propedeutica, senza averne titolo e senza che nessuno lo avesse richiesto, la Direzione tecnica dell’Ente in una nota di tale documento si spinge a elogiare il Sindaco di Chianche per il coraggio dimostrato definendolo, in uno slancio di equiparazione storica-intellettuale, “ un avanguardista”.


E’ chiaro che è inutile confidare in ravvedimenti o collaborazioni istituzionali per cui alcuni Sindaci dell’areale del Greco di Tufo ricorrono al TAR della Campania per chiedere che l’iter procedurale sia sottoposto alla Valutazione Impatto Ambientale.
Nel mese di febbraio 2021 la Magistratura amministrativa da ragione ai comuni opponenti sposando tutte le ragioni dei Comuni e del Comitato oppositore ma imperterrito il Comune di Chianche, in simbiosi con l’Ufficio regionale di missione competente, ripresenta il procedimento senza la propedeutica autorizzazione di impatto ambientale e i comuni, questa volta ben cinque, ugualmente un ennesimo ricorso.
Nelle more di questi procedimenti giudiziari il Comune di Chianche procede a testa bassa indicendo la gara di appalto per la cantierizzazione. Al bando risponde una sola impresa, una semplice srl, che non annovera nemmeno tutte le categorie contemplate nel capitolato di appalto ma che agisce su base mandataria di un’altra società, la quale è un’evoluzione di diverse imprese che si sono succedute come matriosche, tutte interessate da attività investigative della Direzione Distrettuale Antimafia, nonché da iniziative parlamentari.
La gara di appalto è attenzionata dall’Associazione Nazionale Costruttori Edili di Avellino la quale ne chiede l’annullamento in quanto i capitolati e i prezzari risultano palesemente incongrui rispetto ai costi reali, i quali nel frattempo sono effettivamente lievitati, in particolare per cio’ che concerne le materie prime.
Ma non basta in quanto grazie a una circostanziata inchiesta giornalistica ad opera di una testata locale si scopre che il Comune di Chianche ha incaricato un esperto chimico come consulente per redigere alcuni atti amministrativi inerenti l’ottenimento alla non assoggettabilità alla Valutazione Impatto Ambientale -VIA . Ma questo professionista è anche un dirigente tecnico della società mandante di quella aggiudicataria dell’appalto, e per giunta coautore di diverse pubblicazioni dello stesso componente della Commissione che ha assegnato a Chianche il posizionamento in graduatoria per la localizzazione da parte dell’ATO Rifiuti Avellino.
I Sindaci dei Comuni di Altavilla Irpina, Montefusco, Petruro Irpino , Santa Paolina e Tufo, con il sostegno del Comitato “Nessuno tocchi l’Irpinia” , avevano presentato nel mese di Gennaio 2022, dopo aver vinto il primo, un secondo ricorso indirizzato alla Sezione di Napoli del TAR della Campania, contro il Comune di Chianche e la Regione Campania che avevano deliberato la non assoggettabilità alla Valutazione Impatto Ambientale del progetto di realizzazione del biodigestore.
Intanto il Comune di Chianche affida a una società di servizi, ubicata nel Comune di Mercogliano, le attività tecniche e amministrative relative alla cantierizzazione.
Per la seconda volta il T.A.R. della Campania dà ragione ai Comuni e al Comitato che si oppongono alla realizzazione del biodigestore nel Comune di Chianche (AV).


In sostanza la nuova sentenza chiarisce definitivamente che la Valutazione Impatto Ambientale non ha adeguatamente considerato le gravi problematiche inerenti il contesto tecnico-amministrativo, tutte riscontrabili nelle motivazioni sostenute dagli enti e organizzazioni opponenti.
Questa , in sintesi, la sintetica e oggettiva ricostruzione di questa ennesima emblematica vicenda che vede la Regione protagonista di scelte alquanto discutibili, nella forma e nella sostanza, che dopo otto anni, al di là della rodomontesca caccia al colpevole e alla facile propaganda, non hanno risolto nulla, comportando un danno economico e sociale non indifferente alle comunità locali e alla stessa sostenibilità territoriale regionale.

Ranieri Popoli
Rappresentante del Coordinamento “Nessuno Tocchi L’Irpinia”

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