Gli eroi della Shoah. Storie dei Giusti tra le Nazioni
Cura e prefazione di Sara Rattaro
Racconti. Storia e biografie
Morellini Milano
2025
Pag. 249 euro 20
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Italia ed Europa. Periodo del nazifascismo antisemita. Dal 1962 esiste un’onorificenza ufficiale conferita dall’Ente nazionale per la Memoria della Shoah dello Stato di Israele (Yad Vashem) a tutti i non ebrei riconosciuti come “Giusti”, coloro che hanno salvato anche un solo ebreo dal genocidio nazista della Shoah (molti solo se rintracciati, ovviamente, in vario modo). Ciò accadde soprattutto in Germania e in Italia, alleate prima e dopo la dichiarazione di guerra, e in vari paesi invasi o occupati: alcune persone o famiglie “comuni” compirono esemplari atti segreti di notevole coraggio e altruismo, mettendo a repentaglio la propria vita per salvare quella degli ebrei perseguitati. Il racconto delle loro vicende arricchisce di continuo la conoscenza dei complessivi eventi storici o degli articolati contesti sociali più noti e ci consente di conoscere la piccola biografia di grandi uomini e donne, insegnanti, sacerdoti, medici, ufficiali militari, talora di piccole comunità familiari o civili. Ecco qui diciannove di loro: Teresa Bandini (a Milano), Oberdan Bardoni (a Roma), Moshe Bejski (in Polonia, poi magistrato in Israele e direttore della Commissione dei Giusti dal 1970 al 1995), Padre Marie-Benoit (in Francia), Nella Bichi, don Vincenzo Boni Baldoni, Giovanni Borromeo, don Eugenio Cesare Bussa, Attilio e Jole Cornini (a Parma nel 1943 e nel 2012), Gilleleje (villaggio danese), Adélaide Haas Hautval, Le Chambon-sur-Lignon (villaggio francese), Carl Lutz, Nino Marchetti, Jane Mathison Hainting, Clotilde Roda Boggio, Angelo Giuseppe Roncalli (poi eletto papa nel 1958, proposto ma ancora non nominato Giusto), consolato di Salonicco (Grecia, invasa dall’Italia nell’ottobre 1940, zona di influenza tedesca nel 1942-43, Giusto di fatto), Adele Zara. Per alcuni di loro esiste una bibliografia, per altri esiste scarsa documentazione (finora), persone e fatti che meritano di essere narrati.
La scrittrice genovese Sara Rattaro (1975), laureata prima in biologia poi in scienze della comunicazione, ha pubblicato vari romanzi e tiene corsi di scrittura. Ha chiesto a diciannove colleghe scrittrici (sedici) e scrittori (tre), più o meno giovani e collaudati, di realizzare una narrazione biografica di altrettante personalità storiche (“eroi”) collegate alla Shoah e ai Giusti tra le Nazioni (da cui titolo e sottotitolo). Si tratta quindi di una serie di racconti, alcuni con una parte rilevante di fiction, raccolti nell’ordine alfabetico dei “salvatori” giusti. Sia i singoli protagonisti che la dimensione narrativa (tempi, dialoghi, occasioni, titolo e titoletti, frasi in esergo) sono stati scelti autonomamente dagli autori, che li firmano e hanno in fondo una breve nota biografica (residenti e operativi in tante diverse città italiane): Federica Sportelli (nel 2022 corso di scrittura la Fabbrica delle Storie con Rattaro), Alessandra D’Alessandro, Marco Contraffatto, Giovanni Mandruzzato, Chiara Valseschini, Cristiana Melli, Francesca Nonaco, Antonella Miloro, Connie Bandini (romanzo d’esordio nel 2024), Margherita Firpo, Marcella Manca, Franca Pellizzari, Claudio Righenzi, Grazia Riggio, Marta Carestini, Emilia Covini, Cristiana Mantovani, Maria Cristina Bombelli, Maura Hary. Nella prefazione Sara Rattaro sottolinea l’utilità di “uno sguardo profondo e commovente sulle vicende di coloro che, senza mai cercare riconoscimenti o ricompense, hanno seguito un imperativo morale che li ha spinti a opporsi al male assoluto … tassello di una storia più grande, quella della resistenza morale che ha attraversato l’Europa”. Gesti poco noti, mai banali, fra paure dubbi sofferenze travagli, per nascondere, proteggere, far fuggire, salvare altri. Attuali.
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Bastardo Posto
Remo Bassini
Noir
Golem Torino
2025 (1° ed. 2010, Perdisa)
Pag. 149 euro 15,90
Una cittadina del Nord Italia. Primi anni duemila. Una notte di marzo, mentre diluvia, il giornalista 43enne Paolo Limara fissa la vetrina di un negozio chiuso da quattro anni sotto i portici, c’è un manichino nudo, riflette tra ricordi e fantasmi. La svolta era avvenuta quasi sei mesi prima: una notte come quella aveva visto una donna che dormiva in auto, si erano messi a parlare. Moglie e figlio erano in viaggio, l’aveva invitata a casa per un caffè, era scoppiato un amore intenso e disperato. Lei ora è morta da quattro giorni, si chiamava Marina Castori, dovrebbe essere stato un incidente (anche il figlio piccolo di lei era morto così anni prima, investito da una moto), lui ha sospetti. Marina era una dottoressa e gli aveva confidato una brutta storia di pedofili accaduta nove anni prima, nessuna aveva davvero indagato e i corpi degli scomparsi (tre ragazzini e un’assistente sociale) non erano stati mai trovati, alcuni preti erano coinvolti in vario modo (per esempio come confessori). Lei conosceva il responsabile di tutto, Filippo Tuddia, l’intoccabile potente mafioso che vive lì, gestendo attività criminali e facendo assistere da badanti l’anziano padre. Quando a gennaio aveva iniziato a crederle, un amico poliziotto gli aveva fatto vedere, rammaricato, un video in cui lei se la faceva con altri uomini, era quasi impazzito, ma forse era pure quella una manovra di Taddia. Ora c’è il funerale di Marina e si fa vedere lo stesso elegante mafioso, il quale, fra l’altro, attraverso debiti del videopoker, si era fatto vendere il negozio dalla 48enne Viola Rodesi, che una di quelle notti incrocia Paolo sotto i portici, entrambi tristi e disillusi. Nasce un’altra possibile reciproca attrazione, anche se una Volvo nera continua a girare lì intorno (l’uomo che guida legge gialli e noir) e vi sono varie telecamere fatte piazzare da Taddia in angoli strategici (la badante bada pure ai monitor). Disperazioni si intrecciano e si accavallano, Loro tramano nell’ombra, i potenti vogliono uscirne (tramite i giornalisti, un po’).
Il bravo giornalista e scrittore (già operaio e portiere di notte) Remo Bassini (Cortona, 1956) fin da piccolo si è trasferito a Vercelli, collaborando come redattore e direttore di testate locali, e pubblicando dal 2002 via via vari romanzi, un’esperienza letteraria sempre più orientata al genere noir meditabondo ed esistenziale. Questo libro ha una storia editoriale quasi ventennale e abbastanza travagliata: doveva uscire nel 2007 con la Newton Compton (proprio il giorno della stampa l’uscita fu rinviata a data da destinarsi, nonostante centinaia di prenotazioni); successivamente il manoscritto arrivò a vari editori e il primo (non il solo) a rispondere positivamente risultò il grande Luigi Bernardi (1953-2013); il testo uscì quindi per Perdisa fra 2010 e 2011 (mille copie, ben presto esaurite). L’opportuna riedizione (riveduta e corretta) avviene ora con Golem, un vero noir sofferto e disfattista, caratterizzato dall’incidere volutamente zoppicante ed egocentrico (pure rispetto alle singole famiglie) di più individui solitari e ormai titubanti rispetto alla vita. Attraverso le confidenze e le confessioni, durante cinque fredde notti invernali si ripercorrono gli eventi cruciali e i segreti del resto di quei giorni e, attraverso salti e rimandi a vari mesi e anni precedenti, gli intrecci sentimentali o criminali di molteplici parallele esistenze nelle cronache di quella stessa cittadina, apparentemente tranquilla e laboriosa. L’iniziale notte davanti al manichino, Limara vorrebbe correggere il titolo appena scelto dai capi del suo giornale per la prima pagina a caratteri cubitali, Gente per bene, con Bastardo posto (da cui il titolo del romanzo, invece). Scriverà il medesimo concetto all’interno di un brutto necessario articolo qualche giorno dopo, e il senso è ovviamente diverso da quello della canzone di Guccini. Capricci d’atmosfera con tanti liquori, comunque l’azionista offre Passito di Pantelleria al direttore del quotidiano: le notizie bomba possono uscire a comando, si sa.
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Le vie del Gran Tour
Attilio Brilli
Viaggi
Il Mulino Bologna
2025
Pag. 253 euro 16
Europa. Fra la metà del Cinquecento e il primo Ottocento. Secoli fa viaggiatrici e viaggiatori, giovani e non più giovani, calcarono le strade europee con finalità diverse (cultura, piacere, svago) a seconda dell’età, del paese d’appartenenza e dell’identità culturale. Tale rito di formazione e di accrescimento culturale è stato una pratica assai diffusa presso le classi aristocratiche e alto-borghesi, con caratteristiche variabili a seconda della mentalità o della religione dominante del singolo paese, della relativa situazione storica e politica, delle lingue conosciute o da imparare, di alleanze e guerre. Già nel secondo Cinquecento l’umanista fiammingo Giusto Lipsio faceva presente che il viaggio in Italia doveva essere compiuto “non cum voluptate solum, sed cum fructu”. L’aver esaltato il rilievo dell’Italia come meta esclusiva, in molti casi ha lasciato in ombra diversificate rilevanti esperienze perseguite nei paesi transalpini o in quelli mediterranei, esperienze ricostruibili percorrendo le strade, ascoltando anche altri viaggiatori, verificando percorsi e tragitti, sostando nelle città, frequentandone i salotti e interrogando istituzioni culturali come le università, i collegi e le accademie nelle quali vennero in vario modo vissute. Istituita per la formazione organica del giovane gentiluomo destinato a diventare consigliere di corte, a intraprendere la carriera diplomatica, o quella politica, a gestire con oculatezza proprietà fondiarie e beni di famiglia, la pratica del Gran Tour ben presto si è trasformata e arricchita, per rispondere via via a esigenze di aggiornamento professionale di una più vasta compagine adulta di intellettuali, artisti, scienziati, filosofi, oltre che di studenti di varie discipline e arti.
L’anglista, critico letterario e traduttore Attilio Brilli (Sansepolcro, Arezzo, 1936) è stato a lungo docente universitario di letteratura angloamericana e da decenni è un grande storico della letteratura di viaggio. In questo colto documentato testo di una bella fortunata collana editoriale (Ritrovare l’Europa; alcune vie indispensabili, dalle monete alle capitali gotiche), dopo una lunga introduzione sulla pratica antica del Gran Tour “per una formazione europea” (da cui il titolo). Il termine compare per la prima volta nel volume dell’inglese Richard Lassels del 1697, sebbene dovesse figurare come locuzione d’uso da diverso tempo. L’autore ci guida attraverso diciotto itinerari (capitoli, ciascuno di una decina di pagine, esaminando in alcuni paragrafi le città principali insieme a tante altre): Londra e il mito della cultura classica; Parigi, il piacere dei sensi e della mente; Lione, dove s’incrociano tutte le strade (anche quelle verso Tolosa); Amsterdam, “la perla d’Olanda”; Bruxelles e l’eredità dei viceré spagnoli; Ratisbona e le diete dell’impero; Berlino e le arti della guerra; Vienna, baluardo del mondo cristiano; Lisbona, tramonto di un impero coloniale; Madrid, cassiera d’Europa; Torino e Milano, primi contatti con l’Italia; Firenze e la sindrome di Stendhal; Roma, crogiuolo della storia; Napoli, “qui ha termine il continente”; Venezia, alcova d’Europa; Mosca guarda a occidente; Larissa, il Gran Tour guarda a oriente; La Valletta e le rotte del Mediterraneo (utili a comprendere quel che accade anche oggi, necessariamente). In fondo una pertinente nota bibliografica (gli studi sulla pratica e viaggiatori o viaggiatrici citate nel testo), ma non un indice di nomi e luoghi.
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Algoritmia
Valeria Roma
Romanzo
Eretica Edizioni Buccino (Salerno)
2025
Pag. 185 euro 17
Un bar per ultra50enni. La 24enne Laila dorme di giorno e vive di notte, fa la cameriera in un locale notturno, sempre ben truccata (acqua e sapone) e pettinata (crocchia bassa). La 45enne Nora è giornalista, sogna di diventare scrittrice. Sono entrambe sole e determinate, alla ricerca di un cambiamento. Il pensionato 65enne Wasim le mette in contatto. Casualmente? Con uno sguardo le due si riconoscono, ma non sanno spiegare la natura del legame. Laila s’accorge che a ogni nuova amnesia (disturbo di cui soffre) scompare un ricordo di chi e cosa l’altra donna rappresenti per lei. Nora l’aiuta, ma ciò che ricorda l’altra sembra contraddire ciò che conserva nella propria memoria. In mancanza di prove reali, saranno i sogni a far scoprire loro la verità. La giovane trevigiana insegnante di lettere e filosofia Valeria Roma (Vittorio Veneto, 1993), dopo un utile saggio letterario, ha realizzato ora il bel romanzo “Algoritmia”, fra Hitchcock e i sogni, le nuove tecnologie e gli algoritmi.
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Una poco di buono. Sei indagini di Petra Delicado
Alicia Giménez-Bartlett
Traduzione di Maria Nicola
Racconti gialli
Sellerio Palermo
2025 (Orig. 2015 – 2021)
Pag. 245 euro 16
Barcellona. 2014-2020. Negli ultimi anni Sellerio ha realizzato belle raccolte a tema con racconti dei propri autori, gran successo di critica e pubblico. A quasi tutte ha partecipato la severa 73enne spagnola Alicia Giménez-Bartlett (Almansa, 1951), brava scrittrice particolarmente nota per la serie (già dodici romanzi e un’autobiografia; due stagioni tv su Sky, presto la terza), dedicata alla dura segaligna ispettrice Petra e al suo sentimentale panciuto vice Fermín, una delle più riuscite coppie professionali gialle dei decenni recenti. L’editore palermitano presenta ora la seconda raccolta di racconti, col titolo del primo, che inizia col rinvenimento di un cadavere (come tutti gli altri, secondo le regole), questa volta di un’anziana prostituta “mascherata”, appunto “Una poco di buono”. La narrazione è in prima persona: passato femminista, irriverente presente irruente, vittime sempre rispettate. Soliti dialoghi spassosi e umorismo graffiante. Divertente pure rileggerli insieme.