Su La Repubblica del 27 gennaio Paolo Gentiloni si è impegnato in una riflessione sul futuro dell’Europa in relazione alla linea della nuova presidenza degli USA. Il succo del suo ragionamento finisce, vado a memoria, con questo assunto: ” Se l’Europa vuole tenere testa a Trump deve, così come ha fatto con la moneta unica, svoltare sul terreno della difesa comune e poi la politica verrà di conseguenza”.

Ma come? La risposta dell’Europa a Trump dovrebbe essere quella di rincorrerlo sul suo terreno? L’Europa dovrebbe, così come con la moneta, correre verso investimenti poderosi per una difesa comune?

Ma la forza dell’Europa non erano la politica e la cultura? La sua capacità di parlare al mondo, di essere Occidente ma anche di saper vedere le interconnessioni che richiedono il confronto e lo scambio tra le culture e non la contrapposizione? E la sua crisi, non si è accelerata proprio quando ha smesso/non è riuscita/ non ha saputo o voluto più essere questo?

E proprio oggi, in questo mondo nel quale la guerra sembra essere diventata lo strumento di (non)risoluzione delle controversie internazionali, non è proprio la capacità di delineare altri modelli e altre pratiche che dovrebbe contraddistinguere l’ambizione di questa parte del mondo di tornare a segnare di se’ il futuro? Immaginare, pensare, praticare un altro modello di relazioni internazionali, di visione della sicurezza, di società giusta?

Certo se scegli questa strada, devi cambiare molto di te stesso e delle tue idee. Ma questa è la sfida.

Se invece prevalgono una certa radicalità verbosa ed una continuità di non visione, allora davvero si fa difficile.

E siamo davvero sicuri che avere anteposto la costruzione monetario-finanziaria ( errore anche pienamente Prodiano), a quella di visione, politica e sociale, abbia fatto più forte l’Europa e non sia invece all’origine di quelle contraddizioni che si chiamano diseguaglianze, finanziarizzazione dell’economia, smantellamento dei welfare che hanno segnato gli ultimissimi decenni e che, non affrontati nel modo giusto, sono esplose alimentando tutte le chiusure nazionalistiche?

Quella scelta è stata infatti pienamente espressione di quell’idea che la globalizzazione ( e il capitalismo ), fossero oramai la fine della storia e che ci si potesse solo acconciarvisi.

Gentiloni è uno degli esponenti più autorevoli del PD e della sua cultura di governo a livello europeo. E ora, non pago e paghi di questa ‘deriva’, la si intende rilanciare in una folle rincorsa anche sul piano militare? Una cosa è ragionare sulla condivisone e sul coordinamento di strumenti di difesa a livello europeo, con l’obiettivo di migliorare tutte le capacità difensive e magari riducendo la spesa militare invece di aumentarla, altro è soffiare sul vento del riarmo e sulla destinazione a questa scelte di risorse ingenti sottratte a tutto ciò a cui invece potrebbero essere più degnamente e utilmente destinate.

Eccolo dunque uno dei nodi irrisolti del passato del PD che si mangia il presente e lo condanna ad una leggerezza strategica.

Altro che parlare di ritorno al centro.

E l’impressione che se ne ricava è quella che i margini stessi per la Segretaria del PD, se non li affronta questi nodi con ben altra capacità di analisi e di prospettiva, i margini si vadano sempre più restringendo.

Gianfranco Nappi

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