Si è riaperta a Napoli una discussione sui giovani, dopo alcuni ripetuti fatti di violenza che li hanno visti sia vittime che protagonisti. E’ impressionante vedere il ritorno di un certo discutere come se si scoprissero sempre cose nuove quando invece molto del perché e del come è possibile è squadernato sotto occhi che non sempre vogliono vedere.
Leggendo diversi commenti mi è capitato di riandare con il pensiero ad anni oramai lontani ponendomi una domanda: ma che direbbe di tutto questo oggi Eduardo De Filippo? Ben oltre l’interrogativo che rimane senza risposta, vale il suo esempio che torna attualissimo: lui riflette e ragiona, con sempre maggiore forza nei suoi ultimi anni di vita, su una questione giovanile.
Mette i giovani al centro di un pensiero, di uno sforzo teso a comprenderne ragioni, bisogni, aspirazioni, a partire proprio da quelli più esposti, dai reclusi, da coloro, cioè, che si sono dimostrati più fragili in un percorso di vita: la sua battaglia per i giovani reclusi dell’allora Filangieri rimane nella memoria civile della città e del paese. Credo una sola volta sia intervenuto in Senato, dove il Presidente Partigiano Sandro Pertini lo aveva voluto Senatore a vita, ed è per loro e per tutti i giovani di Napoli che leva alta la sua voce nel 1982 : “…si tratta di migliaia di giovani e del loro futuro ed è essenziale che un’assemblea come il Senato prenda a cuore la riparazione delle carenze dannose, posso dire catastrofiche, che da secoli coinvolgono quasi l’intero territorio dal Sud al Nord dell’Italia. Mi sono sempre domandato quale potrebbe essere il mio contributo affinché la barca di questi ragazzi che sta facendo acqua da tutte le parti possa finalmente imboccare la strada giusta. Sono convinto che se si opera con energia, amore e fiducia in questi ragazzi molto si può ottenere da loro.”
E così lui spinge. Con tutta la sua forza, per fare in modo che la città, riflettendo e agendo su di e con essi, ritrovi anche ragioni di qualificazione del proprio stare insieme, del proprio organizzarsi, del proprio vivere.
I giovani come metafora più generale dei problemi e delle aspirazioni di una intera città.
Che grande lezione: a lui abbiamo dedicato il prossimo nuovo numero di Infinitimondi, a 40 anni dalla scomparsa.
E come sarebbe attuale a volerla percorrere ancora oggi: ma a chi chiederlo se si escludono i tentativi di alcune scuole e di alcune esperienze di volontariato e associazionismo, cattolico e laico?
Dov’è oggi questo ragionare su di e con? Qui, nella città che segna tra le punte più elevate di abbandono e dispersione scolastica; dove si lascia a se’ stessa la scuola pubblica quando invece la si potrebbe mettere al centro di un tempo pieno di attività, iniziative, opportunità; dove nessuna iniziativa è stata pensata per capire quali effetti due e più anni di chiusura e di isolamento per il covid abbiano avuto su adolescenti in piena formazione; dove il centro della città è inondato in modo crescente da un fenomeno di turistizzazione che ne stravolge ritmi, spazi, tipologia di domanda lavorativa, panorama sociale di insediamento e dove spazi di socialità, soprattutto per i più giovani, sono azzerati; dove la camorra è tutto tranne che scomparsa, e lo si vede nella diffusione della droga come delle armi a buon mercato.
E in una società che spinge al massimo la dimensione di rapporti reificati, proprietari, anche tra le persone; l’usa e getta consumistico che dalle cose si trasferisce alle persone; la violenza e la sopraffazione come valori?
Stiano attenti gli osservatori non napoletani a sottovalutare quanto quel che vediamo a Napoli ci parli più che di antiche tare dello sviluppo meridionale, invece proprio di quella modernità drogata da potere del denaro e della furbizia alla quale essi si dimostrano così attaccati anche quando invece è evidente che essa non regge più e nei confronti della quale occorrerebbero radicali alternative di socialità, di umanità, di naturalità.
E certo che è da denunciare non una ma mille volte la linea sciagurata di un governo nazionale che non riesce ad assicurare sicurezza dalla violenza mentre non si pone neanche il problema di vedere le giovani generazioni come energia preziosa da riconoscere e promuovere.
Ma attenzione, se si vuole davvero essere credibili non si può solo gridare al fallimento del modello Caivano: lo si nobilita peraltro definendolo ‘modello’.
Comune di Napoli, Città Metropolitana, Regione sono governati dal centrosinistra: ma quando nasce una vostra iniziativa per assicurare quel che il governo nazionale non sa e non vuole pensare? Così, tanto per cominciare ed indicare un programma concreto: non mille progettini per le scuole che non cambiano niente ma invece un grande programma per la scuola a tempo pieno per tutti i livelli dell’obbligo e per avere le scuole aperte al territorio, tutti i giorni, tutto l’anno, in ogni quartiere e comune. E poi, una strategia che – contrastando quella rendita fondiaria che alimenta anche i cambiamenti climatici cementificando e asfaltando e che invece voi favorite ancora oggi – assicuri in tutti i quartieri e in tutte le città della provincia, spazi di socialità, di aggregazione, di promozione culturale. Già sarebbe un buon inizio. E anche Eduardo, probabilmente, applaudirebbe.
Gianfranco Nappi
Bisogna rafforzare l’attenzione verso il mondo del lavoro, oggi relegato per lo più ad un ruolo subalterno.