Bisognerà guardare con attenzione questo rapporto Draghi, presentato anche al Parlamento Europeo nella giornata di presentazione della nuova commissione europea.

Il senso che sembra ispirarlo è quello di un tentativo di fronteggiare una crisi sempre più evidente del disegno europeo.
Di fronte a tutto ciò Draghi sembra delineare un salto non verso una nuova visione e strategia che acquisisca che l’oggi è anche proprio il figlio di un ieri e delle scelte compiute da una classe dirigente di cui egli stesso è stato uno dei più autorevoli rappresentanti, ma verso un mutamento qualitativo ulteriore della precedente.
Intanto essa continua a rimuovere ogni idea di fine dell’epoca in cui si è consentito ai capitali, e ai loro player globali, di muoversi liberamente in Europa, massimamente dopo il 2008 con una immissione di liquidità enorme che avrebbe dovuto difendere potere d’acquisto e investimenti e invece si è largamente tradotta in un salto di qualità dell’influenza del potere finanziario: in questo senso è difficile immaginare recuperi di competitività per il sistema-Europa senza mettere mano a questo grande tema.
800 miliardi, il 5% del Pil europeo, per più anni: investimento senza precedenti. Ma presi dove? Riformando le politiche fiscali per interrompere la rincorsa ad accaparrarsi gli investimenti in competizione tra uno stato e un altro europeo, a suon di chi fa pagare meno tasse, con il risultato di stati che hanno sempre meno risorse per fronteggiare le loro esigenze e si ritrovano i colossi globali sempre più padroni in casa propria.


E’ da una radicale inversione della politica fiscale – far pagare meno chi meno ha ed elevare il prelievo dalla ricchezza della rendita e dei colossi – che si potrebbe trarre parte non piccola del necessario.
Se invece si prende tutto a debito, per quanto comune europeo, ulteriore avvitamento nel meccanismo finanziario globale che accresce dipendenza e svuota democrazia.

Ma risorse per fare cosa? Per un grande programma di risanamento sociale e ambientale, a cui finalizzare i processi innovativi, a cominciare dalla ricerca per la salute; per redditi di inclusione e promozione dei diritti del lavoro; per allargare gli istituti della partecipazione e democratici?
No, il cuore, dietro il tema della competitività, è l’investimento in armamenti, prodromici a strumenti militari europei sempre più integrati nel dispositivo di sicurezza a guida USA.
Oltre che errore grave, tragica illusione: su questa via si condannerebbe l’Europa a diventare corresponsabile del suo stesso tracollo come idea e prospettiva autonoma proprio quando la guerra e le guerre, quella israeliana oltre a quella di Putin, e la guerra contro i poveri del Mediterraneo invocherebbero invece finalmente il suo ritorno alla politica capace di sottrarre spazio e ruolo al rumore assordante e autodistruttivo della guerra, a concorre ad una nuova visione del mondo.
La via non può che essere quella di battersi affinché nel confronto europeo emerga invece quell’altra visione; si difenda e per quanto possibile si rilanci ogni spazio di democrazia nazionale, a cui non rinunciare; si lavori in parallelo alla costruzione di quella che Luciana Castellina proprio dall’altra Cernobbio, quella di Sbilanciamoci, ha definito ‘democrazia dal basso’, volta a costruire quello che Maria Luisa Boccia evoca demos europeo come nuovo soggetto da far entrare in campo: ma questa è a sua volta una prospettiva che va costruita con tenacia e pazienza, richiede forme inedite di coordinamento, di percorsi comuni, di meccanismi nuovi di partecipazione decidente, strategia, alta politica.


Una sinistra europea nuova o nasce dentro questo fuoco o semplicemente non si darà: basta vedere cosa sta succedendo in Francia o quel che minaccia in Germania.
E ad ogni modo, almeno, amici e compagni del campo largo ne vogliamo discutere? E invece, così come sull’idea di commissario per la difesa il PD si è subito lanciato in approvazioni senza neanche riflettere sulle implicazioni costituzionali di una prospettiva del genere, così anche le prime reazioni a Draghi, della stessa Segretaria, sono state quasi di liberazione: come a dire, finalmente si torna suonare la musica che ci piace.
Peccato che quella musica è quello che ha portato, tra le altre cose, la sinistra a smarrire se’ stessa e a ritrovarsi con una destra al governo in Italia e all’attacco in tutta Europa.


Ma davvero, senza disconoscere il lavoro importante della Segretaria del PD che ha reinserito quel partito in un processo di dialogo con il paese, si può pensare che esso possa proseguire ed esaurirsi sul terreno pur fondamentale dei diritti senza disturbare i manovratori globali, senza una idea su nuovi rapporti di forza nella società? E gli amici di AVS, paghi del loro importante 6,6% delle Europee, aprono a tutti i livelli una fase di confronto per raccogliere tante forze, fuori da ogni ottica difensiva di ceto politico. E nella stessa sinistra critica, quelle energie preziose che hanno vissuto le europee come una sconfitta, si apre una riflessione per porsi problemi e relazioni nuove? E c’è poi da sperare che l’avvitamento di crisi in cui si incamminano i 5S non sia foriero di nuove chiusure autoreferenziali.


Insomma, ho l’impressione che non si vada molto avanti senza misurarsi con le brucianti domande che ogni giorno si accumulano e non si possono eludere.
Gianfranco Nappi


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