IL CONTRIBUTO DI MICHELE MEZZA

La campagna politica per la proposta di Rigenera è indubbiamente un successo sia di metodo che di meritoo. Si raccolgono interessi , si mobilitano giovani ed istituzioni, una combinazione ormai quanto mai rara, e soprattutto si costringe la politica a cambiare agenda confrontandosi con la società civile.
Ma proprio per tutto questo, per la dimostrazione che aprire varchi ad una democrazia sostanziale si può, credo che sarebbe opportuno integrare processualmente la gamma dei temi e lo spettro degli obbiettivi dell’iniziativa.
Non riassumo qui la mappa politica della proposta che conoscete meglio di me e vorrei andare subito al punto individuando due nodi su cui vi proporrei di continuare una sorta di costituente programmatica del vostro progetto.
Il primo punto riguarda la questione delle modalità di distribuzione delle energie sostenibili. In sostanza quello che ormai da tempo si intende per GRID, quella griglia di micro produttori che animano un tessuto socio economico, rovesciando il modello storico della produzione di energia , che ancora oggi è ancora ad una verticalità che conduce da grandi impianti ad un reticolo di utenti puramente consumatori.
La sostenibilità delle energie rinnovabili è data sia dall’origine da cui si ricavano i flussi , come vento e sole, e sia da quella sussidiarietà energetica che sposta il baricentro dell’organizzazione e pianficazione sia di produzione che di distribuzione da un centro amministrativo alla stessa comunità territoriale.
Non vi sfuggirà intanto l’effetto di irrobustimento democratico di una tale strategia.Ma come ci ha più volte spiegato Jeremy Rifkin, è proprio la capacità di miniaturizzazione degli impianti di generazione dell’energia che segna il salto di qualità nella scelta sostenibile. Procedere con politiche che incentivino l’identificazione fra produzione e consumo, sulla base di un interscambio territoriale sia nelle aree urbane che nelle campagne è oggi la vera frontiera che sintonizza anche il mondo dell’energia a quello dell’informazione con un’ ibridazione di reale e virtuale.
La Regione è oggi proprio l’ente tipico in grado di innestare questi processi connettendo le città metropolitane ai propri circondari , e gradualmente collegando fra di loro ogni singola unità prosumer, come si dice indicando proprio la sovrapposizione fra le due funzioni di utente e prtoduttore. In questa direzione è proprio l’ente pubblico in grado di costituirsi come impresario, regista, ordinatore, di questa opzione, facendo convergere le reti pubbliche- acqua, luce, telefonia e servizi urbani- in un hub in grado di ottimizzare proprio la razionalizzazione di nuove forme di moltiplicazione di piccoli centri di produzione. Sarebbe davvero un’amara ironia vedere che, come sta accadendo, sia il nucleare a battere questa pista sociale con l’imminente proposta di promuovere i cosidetti micro reattori diffusi.


L’altro tema che vorrei segnalare come emergenza che modifica , in quantità e qualità , lo scenario stesso che avete descritto nella vostra proposta, riguarda la proliferazione dei data center.
Intendo quei grossi impianti di raccolta e stoccaggio dati che le piattaforme digitali- da Google a Amazon a Micrsoft- stanno disseminando sul territorio per gestire le proprie attività di intelligenza artificiale.
Nei prossimi 5 anni si prevedono progetti per circa 85 data center che saranno impianti nelle nostre regioni per un investimento di oltre 15 miliardi.

In Campania sono già stati annunciati almeno 4 impianti . Si tratta di apparati ad altissimo consumo sia di energia elettrica che di acqua per raffreddare i preziosi circuiti sollecitati dai milioni di richieste che arrivano dalla rete.
Gli impianti previsti in Campania avranno un consumo energetico superiore alla città di Caserta e un fabbisogno di acqua dolce equivalente a quello di Avellino. Tutte le tabelle su cui si basano i vostri calcoli sarebbero sballate e tutto dovrebbe essere rivisto. Credo che sia indispensabile sollecitare un piano regolatore dei consumi digitali, per governare questo processo e ottimizzarne la gestione con le reali disponibilità che la tecnica propone.
Un ultima considerazione: oggi la formazione è organizzazione. Intendo che la necessità di aggiornare4 costantemente progetti e proposte che , incalzate dagli sconvolgimenti tecnologici, sono sempre più esposti ad un invecchiamento ed ad una inadeguatezza, impone di ripensare sia la forma organizzativa dei movimenti che promuovono queste soluzioni e sia il carattere delle stesse proposte che deve essere costantemente aggiornabile e mobile per poter competere con l’evoluzione che i proprietari dei sistemi digitali ci impongono.
Spero di aver concretamente contribuito ad arricchire lo scenario su cui vi state muovendo.

Michele Mezza





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