VERSO ALIANO,
note d’avvio per la festa della paesologia
Ci sono cose che sono finite: è finita
la storia dei galantuomini dei paesi,
l’inizio della fine è stato quando
si sono trasferiti in città, quando
hanno pensato che i loro figli
dovevano fare i medici e gli avvocati,
non dovevano occuparsi della terra.
Dunque, a un certo punto sono andati via
i ricchi, i poveri non hanno mai spesso di partire.
I ricchi spesso sono appassiti
nella loro vita senza luogo
e hanno messo al mondo figli senza destino.
I poveri erano i contadini a cui Scotellaro
voleva assicurare una nuova vita nella loro terra
e invece andarono a fare gli operai al Nord.
Questa è un storia finita, ora la migrazione
avviene dalla realtà all’irrealtà: la fuga digitale
produce solitudine e depressione, produce
il crollo della politica, produce esistenze
senza esperienze e senza racconto.
Siamo nel chiasso, siamo nella bancarotta
antropologica, ognuno porta rancore
a un altro per i torti che gli ha fatto.
Ma c’è qualcosa che resiste,
nessuna disfatta è definitiva,
non ci sono i contadini di una volta
ma la sobrietà di quel mondo è tornata necessaria.
La modernità incivile ha svuotato i vicoli,
ma non ha riempito le anime.
Il buco centrale posto in ogni petto
non si riempie con le merci, l’ossessione
della crescita sta uccidendo il pianeta,
stiamo bruciando la casa in cui viviamo
dopo aver incenerito i nostri sogni,
dopo aver perduto la capacità di lenire
il dolore degli altri perché troppo protesi
a cancellare il nostro.
E vogliamo essere amati più che amare,
più che vedere vogliamo essere avvistati.
Attenzione però a non credere
che l’infamia ha preso tutto, i buoni
ci sono ancora, ma sono attori non protagonisti.
Ancora è possibile accorgersi di essere vivi,
e se non ci piace la vita degli umani
ora sappiamo che la vita è ovunque,
tutto è animato, i nostri maestri possono essere
gli animali e le piante, possiamo trovare
compagnia fuori dalla galera del presente,
memoria e immaginazione sono strumenti
preziosi per orientarci nel tempo che passa,
per sentire la meraviglia di una giornata qualsiasi.
Siamo qui, ci siamo ancora, ancora ci possiamo
affidare al pensiero della poesia, possiamo credere
alla scienza, ma possiamo credere anche
alla scienza del dettaglio che è la poesia,
ancora possiamo leggere il filosofo tedesco
che ci ricordava il nostro legame con i greci.
Ci sono storie finite e altre che spuntano
nel mondo di tutti e in quello che pensiamo solo nostro
e che invece è dentro una fitta trama
di un bisbigliare biochimico, dentro l’intreccio
di visibile e invisibile in cui c’è il gioco della vita
e il gioco della fine: tutto può essere visto
come un inconveniente o come una fortuna.
Intanto, andiamo dentro le ore
senza trascurarne una.