” … A proposito di Stato, si è spesso detto di due momenti nel pensiero di Tronti, di quello propriamente operaista e poi di quello dell’”autonomia del politico”. Quest’ultimo sarebbe caratterizzato dal tentativo di abbozzare una teoria del Politico, che in Marx mancherebbe. Certo, poteva apparire che nell’operaismo si facesse valere un legame meccanico-deterministico tra contraddizione nel sistema produttivo e lotta politica, ma il problema fondamentale è un altro: l’autonomia relativa del potere costituito su quello costituente della classe operaia. La contraddizione si sposta a questo livello: ogni movimento è come scisso in due dimensioni, ed è illusorio pensare che sia la lotta costituente in quanto tale a produrre l’ordine costituito. In qualche misura è insito nella rivoluzione l’essere tradita. Occorreva perciò disincantare il movimento, farlo cresce in coscienza critica dei propri limiti e in realismo, dotarlo di armi buone per la lunga marcia. Eppure, in uno, mantenerne intatto il pathos.

Da questa condizione, anche esistenziale, nasce, a mio avviso, tutto il Tronti da “Laboratorio politico” in poi. Da un lato, occorre riprendere, aggiornandola radicitus, la critica marxiana della filosofia hegeliana del Diritto. La centralità della forma-Stato non è più sostenibile nell’epoca del capitalismo oligopolistico globalizzato. Le potenze della “gabbia d’acciaio” sovrastano l’”autonomia del Politico”. Il problema del Politico eccede i limiti della statualità. Quale Politico, allora, oltre lo Stato? Su questa domanda Tronti entra in un dialogo serrato con le correnti più acute del pensiero della grande Destra post-novecentesca, con la critica dell’homo oeconomicus condotta da queste correnti. È l’incontro con Schmitt, su scala europea, e con Miglio, su scala nazionale…”

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1 commento

  1. Cari amici, non prendo eccessivamente sul serio i commenti di Massimo Cacciari.
    Ho scritto qualcosa sul problema dell’autonomia del politico, in particolare due libri che al mio grande amico Mario Tronti sono molto piaciuti.
    Il problema è pensare l’impensato – non, invece, ripetete ciò che tutti dicono.

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