Dal Saggio introduttivo di Claudio De Fiores


Quali sono stati i rapporti tra Ingrao e la cultura giuridica?

Quale la sua concezione della democrazia, dei diritti, del potere?
E, in particolare, cosa ha rappresentato per Ingrao la Costituzione repubblicana?
Domande e questioni quanto mai controverse alle quali il dirigente comunista non si è mai sottratto nel corso della sua lunga vita. Così come non ha mai mancato di rimarcare il suo disincanto nei confronti del diritto (o – se si vuole – di un certo modo di fare diritto). Un disincanto maturato già negli anni degli studi universitari a «La Sapienza» di Roma dove, durante la guerra, Ingrao si trovò, malgré lui, a conseguire (per esaudire un desiderio familiare) la laurea in giurisprudenza: ” gli studi giuridici non mi attiravano per nulla […] Le lezioni mi annoiavano: tenute in un freddo gergo specialistico…” 1
Ciò non significa che Ingrao disconoscesse l’importanza del diritto, ne ignorasse la dogmatica o ritenesse del tutto inutile adoperarne gli strumenti, assumendone le astrazioni. Il diritto, per quanto «freddo» e «astratto», era per Ingrao non solo una necessità umana, ma anche uno strumento di lotta e di riscatto sociale.
In una lettera, inviata nel febbraio 1995 a Rossana Rossanda,
Ingrao scriveva: ” Il diritto è, piaccia o no, astratto per necessità. Definisce per caselle, per
tipologie: tutto è saperlo, non dimenticarlo mai, e ricordare al tempo
stesso che è proprio dentro questo artifizio di astrazione che è avanzato
un cammino di riscatto sociale
“. 2


Il riferimento di Ingrao – implicito, ma chiaro – è alla Costituzione repubblicana. Una Carta destinata a divenire, nel corso del tempo, una fonte di ispirazione immanente. Una spinta (anche
emotiva) che ha ininterrottamente alimentato la sua azione politica, permeato lo svolgimento dei suoi incarichi istituzionali, sorretto la stesura dei suoi scritti più importanti.
Una sorta di vincolo ideale, prima ancora che giuridico, che il leader comunista non ha mai esitato a rivendicare. Neppure negli ultimi anni della sua vita. Ci si riferisce alla stesura della sua autobiografia: l’opera forse più intima di Pietro Ingrao (insieme alle poesie). Quella che meglio sintetizza il rapporto intenso e appassionato che ha costantemente legato il dirigente comunista alla Costituzione italiana:
Alla fine del 1947 venne approvato il testo della nuova Costituzione italiana. Nonostante fossero sbiaditi ormai i miei studi di diritto, capivo che era una Carta fra le più avanzate in Europa, e soprattutto innovava profondamente su due punti capitali: il posto riconosciuto al mondo del lavoro e il ripudio secco della guerra, quando non fosse guerra di difesa“. 3
Nel corso della sua vita Ingrao ha sempre ricordato il ruolo dirimente svolto dai comunisti italiani durante la fase costituente (avviata da Togliatti nell’aprile 1944 con la «svolta di Salerno») e
attraverso la scrittura formale della Costituzione. Senza l’attivo contributo dei comunisti il volto della Costituzione repubblicana sarebbe stato un volto diverso, certamente più oscuro e involuto,
soprattutto, sul piano delle garanzie politiche e sociali…

Claudio De Fiores

1 P. Ingrao, Volevo la luna, Einaudi, Torino, 2006, p. 36.

2 P. Ingrao. Lettera a Rossana Rossanda (28 febbraio 1995), in P. Ingrao – R. Rossanda, Appuntamenti di fine secolo, il manifesto, Roma, 1995, p. 151.

3 P. Ingrao, Volevo la luna, cit., p. 183.

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2 commenti

  1. Mi (ci) piacerebbe presentare il libro a Reggio Calabria. Sandro Vitale, Presidente di AMPA venticinqueaprile.

    1. Author

      Salve Sandro. Bella richiesta. ti mettiamo in contatto con Claudio De Fiores. Un caro saluto ( e continua a seguirci )

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