Il 4 giugno del 1984 l’Unità riportava il discorso che Enrico Berlinguer aveva tenuto il giorno prima a chiusura della Festa Meridionale de l’Unità. Guarda caso, anche in quella circostanza, durante una campagna elettorale per le Europee. Sarebbe stato l’ultimo suo discorso a Napoli: tre giorni dopo, su quel palco di Padova, sarebbe accaduto l’imprevedibile e l’irreparabile.

Giusto 40 anni dopo, dal 4 giugno, è in distribuzione il secondo volume della collana Discorsi Meridiani che Infinitimondi ha voluto dedicare a interventi di Meridionali o che nel Mezzogiorno si sono tenuti e che hanno inciso non poco nelle vicende del paese: dedicato ad Enrico Berlinguer, a quel discorso che ripubblichiamo insieme a quello di chiusura della Festa Nazionale de l’Unità, del 19 settembre 1976: la più bella.

Il volume è arricchito da oltre 130 foto che condensano il rapporto intenso che quel Segretario, con il suo Partito, aveva saputo costruire con il popolo napoletano e campano: quasi una storia fotografica collettiva di grande impatto.

Diverse cose credo colpiscano leggendo le sue parole pur a tanta distanza di tempo e che, proprio per la loro forza, riescono ancora a sollecitarci, come solo per i Grandi accade, oltre ogni pur legittima nostalgia.

In primo luogo la presenza del mondo, con le sue aspirazioni e le sue tensioni, le sue contraddizioni e le sue speranze,  nel discorso politico: si leggano i passaggi, sembrano drammaticamente scritti oggi,  sulla situazione palestinese e sul diritto di quel popolo ad avere uno Stato anche come condizione di sicurezza e di pace per Israele; o sulla lotta per il disarmo e la pace, su come l’umanità abbia nelle mani la possibilità di affrontare i suoi problemi più grandi se solo  il riarmo e le logiche di potenza non sottraessero proprio a quei bisogni energie e strategie. E, su tutto, il ruolo dell’Europa che solo in questa ottica, di sviluppo comune e giusto, di disarmo e di dialogo, può aspirare ad assolvere ad una rinnovata e attiva funzione globale.

La presenza della società e della critica alle sue ingiustizie profonde è l’altra dominante del suo discorso politico. L’idea cioè che qualsiasi sviluppo di forme organizzate e di articolazione progettuale, qualsiasi innovazione non possano mai prescindere, per una forza di sinistra, dal suo legame popolare e con il mondo del lavoro, dal suo esprimere una critica della società e dei suoi valori dominanti. Insomma, è ben difficile essere di sinistra e rinunciare ad alimentare ogni giorno la ricerca per sempre più ampi spazi di libertà e di liberazione umana tali da superare le storture della società capitalistica.

E invece, come scrive nella bella Prefazione al volume Aldo Tortorella, napoletano di nascita e vicinissimo a Berlinguer : “ … non fu questa la strada che si volle seguire. Parve indispensabile la corsa al centro, alle compatibilità date, alla priorità della partecipazione al governo piuttosto che la ricerca di una visione e di un programma per un governo diverso da quello fondato sulla sopraffazione del più debole.  Si teorizzò la necessità di dimenticare Berlinguer. Qualche ottenimento di potere anche assai onorifico vi fu. Ma il risultato è quello che si vede sotto i nostri occhi.  Cessata ogni alternativa credibile di sinistra è tornata la reazione di destra….”.

E così, verificando anche l’interesse di tanti giovani che non diminuisce e che anzi si rinnova per questa figura così originale del panorama politico e culturale italiano – così come abbiamo avuto modo di verificare in tutti questi anni di lavoro sulle sua idee proprio qui a Napoli – non è azzardato pensare a quanto possa ancora dare una figura come quella di Enrico Berlinguer per una generazione giovane che si interroga sul proprio futuro e su quello della società del proprio tempo : un Maestro da scegliere come compagno di viaggio e con cui costruire un rapporto critico e, proprio per questo, sicuramente fecondo.                                          

Gianfranco Nappi

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