Mi è piaciuto questo fine settimana a Firenze con Allonsanfan
( allonsanfanfgci.it).
E’ stato bello ritrovare tante compagne e compagni con cui si è condiviso tanto seppur in fondo per un tratto di strada poi non lunghissimo.
Segno della intensità e profondità formativa di quegli anni, oltreché per il loro carattere giovanile.
Non voglio tornare su come ho visto questo appuntamento nella sua fase preparatoria ( chi ha voglia di leggerlo può farlo qui grazie all’iniziativa meritoria di Umberto De Giovannangeli https://www.infinitimondi.eu/2024/01/30/realta-e-prospettive-della-sinistra-intervista-a-lunita-di-gianfranco-nappi-in-vista-dellincontro-a-firenze-degli-ex-fgci-il-prossimo-10-febbraio/ ).
Complimenti ai Fiorentini e ai Toscani ( a Marisa Nicchi per tutte e tutti con una menzione particolare per Paola Capranica e Ivano Zeppi), che, memori di antichi primati linguistici e non solo ( seppur anch’essi in piena decadenza ), hanno voluto fare le cose in grande: e i risultati si sono visti in una partecipazione amplissima ed anche in uno sfondamento verso l’indietro dell’arco temporale coperto dall’evento: gli anni ’70. Con tante protagoniste presenti tra le quali le Napoletanissime Franca Chiaromonte e Annamaria Carloni ( per acquisizione).
Se a Firenze si è giunti, è giusto dire anche questo, è merito anche di quel sentiero tracciato testardamente in questi anni, tra Siena, Roma, Napoli, Cinisi che ha fatto maturare l’esigenza che poi in questo fine settimana si è ritrovata in modo mai così forte.
D’Alema se lo è chiesto all’inizio del suo intervento: Bello, ma perché siamo qui?
In questo ritrovarsi a mio modo di vedere si potrebbero leggere mille motivazioni politiche ma che tutte condurrebbero ad una domanda, ci vengo tra un po’, che però non è risuonata nella grande sala, forse per pudore.
E così rimane, sul perché? fondamentalmente il piacere di ritrovarsi. E, vista l’età, teniamocelo stretto che non è né poca né disprezzabile cosa.

Napoletani a Firenze, con qualche Siciliana e sotto lo sguardo divertito di Luciana Castellina


Non è che oltre si possa dire o fare granché. Diciamocelo.

E non tanto perché, guardando indietro, ci siamo divisi ( eccome se ci siamo divisi! Essendo poi tutti sconfitti, come con belle parole ha riconosciuto Giulia Rodano che quella Svolta di Occhetto appoggiò e come dico io che a quella svolta mi opposi ), nel passato della deflagrazione della sinistra post ’89 della quale siamo stati vittime, protagonisti, spettatori…come si vuole.
E neanche perché non riusciremmo a ritrovare oggi sentimenti e pulsioni unificanti: ne sono emersi tantissimi nella giornata di sabato.
Ma semplicemente perché qualsiasi cosa tu dica ti porta alla domanda politica non posta: chiarito che non è che si siano riunite a Firenze le avanguardie di un nuovo impossibile partito, a maggior ragione non puoi non misurarti con le domande del che fare, qualunque cosa esso sia: su cosa? Come? Con chi? Da che parte?
Su questo ho una convinzione abbastanza netta: nulla di quel che tu vorresti fosse o pensi debba essere la sinistra può nascere, affermarsi, costruirsi a partire da quel che a sinistra, sul piano della politica-politica, oggi c’è.
Anzi, per dircela tutta, quel che c’è, ti porta dritto da un’altra parte, per una sorta di inerzia della storia.

Sempre Napoletani con la LORO Luciana Castellina


E così, non ho potuto apprezzare l’intervento di Massimo D’Alema ( se non per la straordinaria carica di umanità da cui si è lasciato travolgere parlando di Gaza ), che pure su questo proprio forse ha detto la cosa più netta: manca la sinistra politica in Italia e ve ne sarebbe un gran bisogno! Caspita. Non apprezzato perché non si può dire questo senza dire contestualmente come, quando, dove essa si sia persa, come condizione non per redistribuire torti e ragioni, ma per capire esattamente da dove potrebbe ripartire un discorso con altri protagonisti.
E non ho potuto apprezzare così il mio amico Gianni Cuperlo che con un intervento lucidissimo ha sollecitato tutti a comprendere il pericolo entro cui la democrazia e la stessa convivenza civile sono in Italia, e non solo, con una destra con sempre meno freni, avendo in questo pienamente ragione ma sfuggendo poi ad una domanda a cui lui non può sfuggire essendone dirigente: ma il PD lo è, riesce ad esserlo, e se non lo è, riesce ad aprirsi in modo tale da poterlo diventare, riferimento di questo argine, e di tante altre cose ancora?
Pietro Ingrao a chi di noi che non aveva aderito alla Svolta occhettiana, dopo averci disorientato ( almeno me ), ad Arco, ci pose il tema di un percorso lungo, lontano da ogni illusione politicista, di attraversamento del deserto della sconfitta che non poteva non cominciare dai fondamenti della analisi critica e delle pratiche nuove. E ci propose di dare vita ad un Polo Formativo e Informativo che potesse mettere in rete tante esperienze e far maturare un nuovo che pure poteva crescere.
Non fu ascoltato.


Oggi, tanto tempo dopo, questa esigenza, di ripartire dalla cultura politica e dalla produzione di idee sembra tornare forte di fronte allo strapotere, seppur congiunto alla sua drammatica crisi, di un capitalismo che ha saputo forgiare un uomo, antropologicamente parlando, a sua immagine e somiglianza ( in modi diversi ne hanno parlato a Firenze sia Leonardo Domenici che Franco Giordano. Vi ci ha dedicato un pezzo non secondario della ultima fase della sua vita Mario Tronti, di cui peraltro pubblicheremo a breve i suoi interventi su Infinitimondi ).
E allora, un’eco di questa suggestione la ritrovo nell’idea di un Canale Comunicativo Web ( proposto a Firenze da Pietro Folena e Gregorio Paolini, con Ferruccio Capelli ), che possa fare da vetrina e collante per tutto quel che si muove nella società su questo terreno, per tornare a produrre e macinare idee nuove e nuovo senso comune; dare voce a tantissime esperienze associative, di vertenza territoriale ( parola che è risuonata forte nell’intervento di Luciana Castellina. In Campania e anche con questa rivista ci stiamo provando con un percorso per una Legge di Iniziativa Popolare Regionale per la conversione ecologica nella lotta ai cambiamenti climatici, RIGENERA ), di autoproduzione e consumo critico; potrebbe essere una di quelle cose ‘di servizio’ a cui un bagaglio così grande di storie e di umanità come quello raccolto a Firenze potrebbe utilmente dedicarsi.

E non verrebbe neanche difficile immaginare un impegno di messa in rete di spazi di riflessione critica ( Centri Studi, Riviste, Blog, Nuclei di ricerca universitaria), su cui con il contributo di tanti percorsi di ricerca critica pure plasticamente presenti in quella sala, da connettere con tanti altri, in Italia e a livello internazionale ( perchè no? ), si potrebbe offrire uno spazio utile ( e necessario direi), per la ricostruzione di punti di vista altri ( lo si potrebbe immaginare anche in connessione con il Progetto della Via Maestra a cui noi potremmo e dovremmo guardare con grande interesse ).

E infine, sempre a proposito di cose da fare insieme, tra tante presenze dedicate al volontariato e al lavoro su migranti e ingiustizie del mondo ( Silvia Stilli e tanti altri, a cominciare dal Presidente dell’Arci Walter Massa, hanno portato un contributo importante alla discussione e non si può non citare Marco Fumagalli per la sua lucida analisi sulla assuefazione alla guerra a partire da quanto accade in Palestina), e se immaginassimo di diventare protagonisti, ciascuno a partire da se e tutti insieme quelli che possono e vogliono, di una campagna per la presa in carico come Tutor di tanti bambini e ragazzi migranti minori non accompagnati? Potremmo dare così un grande contributo alla costruzione che più concreta di così non si può di nuovi modelli di interazione.


Tracce possibili di lavoro che si possono innestare nelle tante suggestioni e nei tanti abbozzi concreti che da ultimo da Cinisi sono nati e pure a Firenze sono arrivati.

E forse, tutto questo, sarebbe il modo più forte per concorrere a quell’argine.
Per il resto, la politica, lasciamola stare.
E però, continuiamo a volerci bene.
Gianfranco Nappi

***

Scene di un bel sabato fiorentino

Massimo D’Alema e Giulia Rodano
Cecilia d’Elia
Leonardo Domenici
Livia Turco e Fiorenza Anatrini. Alle loro spalle il NOSTRO Prof. Pasquale De Muro con la sua gentile Signora
Marco Fumagalli
Inti Illimani
Luciana Castellina
Marisa Nicchi
Pietro Folena
la sala
la sala
Silvia Stilli
Gianni Cuperlo




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6 commenti

  1. Caro Gianfranco, condivido la tua valutazione su Firenze. Aggiungo: hai notato che nessuno, a parte la Castellina, ha parlato di capitalismo, e pochissimo si è parlato di lavoro?
    Se non si parla (più) di capitalismo e di lavoro, non si può ricostruire la sinistra. Non basta parlare di pace, di guerra, di donne, di occidente, … ovviamente tutte cose importantissime.
    Un caro saluto,
    Pasquale

    1. Author

      Caro Pasquale, concordo, anche Vallon fa la stessa considerazione. Occorrerà tenerlo ben presente per il futuro.

  2. bene, tutto abbastanza puntuale e giusto. manca però (non sono stato a firenze) il tema economico: oggi, la vicenda degli agricoltori (al netto di ogni strumentalizzazione ecc.) pone il tema marxiano, marxista, del lavoro e del profitto. economia reale, dove va a finire la ricchezza prodotta e se e come viene redistribuita. sono stato un modesto dirigente della fgci della periferia ma ho condiviso molto di quella stagione. ma sento, drammaticamente, l’assenza di una elaborazione su campo economico, della produzione, del lavoro, di una nuova sfida al capitalismo non solo di principio. non ho visto giovani nerio nesi ma neanche visco (vincenzo, intendo) affacciarsi

    1. Author

      ciao fulvio. credo che la tua osservazione sia giusta. il dato etico-politico è stato molto forte a firenze. il resto molto meno. occorrerà tornarci.

  3. La nostalgia è una cosa, la valutazione di quello che è diventata l’Italiasenzapci un’altra, la valutazione di quello che sta diventando l’U.E. dopo il voto del parlamento europeo che ha parificato comunismo e nazismo una terza. Sono 3 cose importanti, ma distinte e separate.

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