Pubblichiamo volentieri questa riflessione di Arturo Marzano di cui una versione più ristretta è già uscita nei giorni scorsi sul Corriere del Mezzogiorno
Siamo in una Repubblica post-costituzionale. L’autonomia differenziata e l’elezione diretta del Capo di Governo ci portano fuori dal deliberato dei Costituenti. Il fatto che la Calderoli attui il Titolo V riformato nel 2001 non cambia tale constatazione di fatto. Il Titolo V, infatti, riformato dal centro sinistra nel 2001, non rappresenta un “completamento” della Costituzione del 48 ma un diverso impianto Costituzionale, proprio di uno Stato federale, disegno dibattuto ed espressamente escluso dai Costituenti. Le criticità che l’autonomia differenziata presentano per la tenuta del Paese non riguardano in modo esclusivo il tema dei LEP, comunque, obbligo costituzionale, ma il fatto che si cambia radicalmente il ruolo dello Stato, la sua funzione nazionale, la sua autorevolezza sul piano internazionale. Nello stesso tempo, si creano 20 ministati con forte struttura ministeriale, un nuovo centralismo, pesante, sulla vita dei Comuni, vera intelaiatura democratica del Paese. E’un capovolgimento del dettato originario in cui “le regioni furono istituite come centri di programmazione e non di gestione” come ha ricordato, un po’contraddicendo la sua intervista, Sabino Cassese.
La elezione diretta del capo del Governo non sana lo squilibrio istituzionale derivante dall’attuazione del Titolo V. Il contenzioso politico istituzionale fra Stato Centrale e ministati crescerà a dismisura. Avremo uno Stato depotenziato in una Europa di Stati forti ed in una situazione internazionale gravissima.
L’elezione diretta del Capo del Governo non “completa” la costituzione del 48, al contrario, stravolge completamente quel disegno prefigurando uno Stato non più a base parlamentare. Nel dibattito alla Costituente il modello presidenziale fu sostenuto da Emilio Lussu, Piero Calamandrei, Luigi Einaudi. Ma la forma parlamentare fu sostenuta dalla stragrande maggioranza dell’Assemblea dopo una valutazione approfondita di tutti gli aspetti che l’una e l’altra presentavano. Nè si oscurò la valutazione dei difetti che erano presenti nella degenerazione del parlamentarismo. E tuttavia si scelse il sistema parlamentare” in cui si ha una compenetrazione e una collaborazione fra esecutivo e legislativo..” evitando che si generi “una confusione di poteri anziché di divisione…di lavoro e di funzioni”. ”Foggiare una Costituzione che renda possibile un equilibrio stabile e una intima collaborazione fra i diversi poteri”. Questo ”equilibrio naturalmente presuppone un CONGEGNO COSTITUZIONALE di controlli e di limiti.” Da qui la contrarietà al sistema presidenziale “che rappresenta una forma di ACCENTRAMENTO DI POTERI”. Ma al tempo stesso” bisogna vedere come il rafforzamento dell’esecutivo si possa ottenere nel quadro di un regime parlamentare” In questo ” il Presidente della Repubblica deve avere una posizione di indipendenza”..e deve essere titolare di una potestà effettiva … nomina del Primo Ministro e scioglimento delle Camere… Supremo Moderatore della vita politica titolare di quella che è stata definita POTESTA’NEUTRA”.IL rafforzamento dell’esecutivo e la sua difesa “da pericoli di crisi artificiose” si consegue “disciplinando Costituzionalmente l’istituto del voto di fiducia” e naturalmente “la mozione di sfiducia”. In questo quadro che dà un “rilievo costituzionale autonomo alla figura del Primo Ministro,”. .prende corpo” la figura del Cancelliere”. Ho riportato alcuni punti più significativi dell’intervento del deputato Aldo Bozzi che sintetizzano bene il lavoro complessivo dell’Assemblea. Bozzi, di cultura liberale, è stato un protagonista della vita parlamentare italiana e la bicamerale (83-84)formulò le proposte di modifica costituzionale(fiducia e sfiducia congiunta delle due Camere, Premierato con revoca dei Ministri, diversificazione di Camera e Senato) che si integrano con la proposta di Sfiducia Costruttiva elaborata nel 93-94 dalla Commissione Iotti. Dunque un “completamento”, per citare ancora Andrea Manzella, della Costituzione nel solco già prospettato con l’odg del Deputato Repubblicano Tommaso Perassi che sosteneva ”l’adozione del sistema parlamentare, da disciplinarsi, tuttavia, con dispositivi costituzionali idonei a tutelare le esigenze di STABILITA’ dell’azione di Governo e ad evitare le DEGENERAZIONI del PARLAMETARISMO.” Questa rimane la strada maestra. La scelta oggi, del centro destra, così come le precedenti, Berlusconi, Renzi, nonché l’improvvido titolo V, sono il segno che il cambio avviato nella prima metà degli anni 90 rappresenta una rottura di portata storica, unica, nel panorama occidentale. Ciò obbliga, visti gli esiti, il cattolicesimo politico e la sinistra ad una riflessione di fondo su questi anni che porti a rielaborare un progetto politico più radicato nella Storia d’Italia.
Arturo Marzano