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Rigenera, in Campania la legge di iniziativa popolare contro i cambiamenti climatici

CONSUMO DI SUOLO. Oltre 100 tra Associazioni culturali, di volontariato, sociali, sindacali e del mondo del lavoro e singole personalità si sono messe insieme in Campania e hanno dato vita ad una proposta

Gianfranco Nappi

Oltre 100 tra Associazioni culturali, di volontariato, sociali, sindacali e del mondo del lavoro e singole personalità si sono messe insieme in Campania e hanno dato vita ad una proposta organica che interviene su tre capitoli fondamentali della lotta ai cambiamenti climatici:

  1. stop consumo di suolo e riassesto idrogeologico;
  2. rilancio fonti rinnovabili per energia pulita e acqua pubblica;
  3. riorientamento strategico dell’agricoltura per passare dalla produzione intensiva di cibo, energivora e climalterante, a quella sostenibile.

L’idea, proprio su energia pulita e cibo sostenibile, è di realizzare un grande patto tra le aree interne dell’Appennino, la vera polpa di un futuro sostenibile, eppure lontane da ogni attenzione seria e abbandonate ad una condizione di spopolamento, e l’osso fatto di asfalto e cemento da convertire che è la metropoli.

Concentrare in modo nuovo e originale risorse e idee significative in quella parte della Regione e aprire una relazione feconda con la metropoli, primo, naturale e prossimo sbocco per produzioni di grande pregio oggi alla mercé invece in larga misura delle catene globali di produzione del cibo e, insieme, utilizzare tutto il di più di energia pulita che dal sole e dal vento si può produrre prioritariamente per le stesse comunità dell’Appennino e per le fasce sociali più esposte della città in una relazione non ‘coloniale’ e lontana dalle logiche estrattive.

Questi obiettivi sono contenuti nella Proposta di Legge di Iniziativa Popolare Regionale RIGENERA , prima esperienza del genere nel nostro paese, elaborata in un percorso partecipato di Laboratori di scrittura che hanno toccato tutte le aree della Campania e sabato mattina 20 gennaio parte la sfida con l’avvio della raccolta delle 10.000 firme necessarie alla sua presentazione.

Con una idea di fondo: nella lotta ai cambiamenti climatici serve una radicale strategia di conversione ecologica di economia, società, organizzazione delle città.

E questo è ancora più indispensabile in una regione come la Campania, con i suoli livelli di inquinamento dell’aria, di dissesto idrogeologico, di stato penoso di tanti corsi d’acqua e di tratti di costa, di consumo dissennato di suolo che non accenna a diminuire, ancor di più con la legge urbanistica oggi all’esame del Consiglio Regionale e nella quale è facile rintracciare una logica ed una visione dello sviluppo che lega molto, ancora una volta, proprio a cemento e asfalto e ai potenti interessi che lì si concentrano.

Quel che serve invece è un vero e proprio mutamento di paradigma.

E insisto: conversione più che transizione e resilienza, parole fin troppo abusate. Entrambe, transizione e resilienza, fanno più riferimento ad una azione ‘passiva’, difensiva di adattamento, di mera mitigazione, di ‘passaggio’ non si capisce poi bene verso dove e come.

E neanche troppo nascosta, con la transizione c’è l’idea di continuare a produrre e consumare (e scartare), sempre di più. Il termine più giusto invece è proprio conversione perché di questo si tratta: mutare, cambiare nel profondo logiche e pratiche che non reggono alla prova della crisi climatica che colpisce ovunque ma sicuramente in misura maggiore i settori più esposti della società.

E poi, certo che servono in questo quadro anche misure di adattamento e di mitigazione, urgentissime perfino a cui non si presta l’attenzione necessaria: a cominciare dal verde nelle città, dalla sua diffusione e dalla sua cura.

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