UN CATTIVO MAESTRO, UN LUCIDISSIMO ANALISTA di Michele Mezza
La morte di Tony Negri mi colpisce freddamente. L’ho conosciuto ma non ho mai avuto con lui nessuno stimolo emotivo. Direi piuttosto sempre ha dominato la ripulsa per la spigolosità e la sgradevolezza del suo argomentare e quella cortina fumogena di stucchevole e inutile incitamento dannunziano all’azione fisica che ha portato molti giovani alla rovina. Detto questo credo di avere l’età per riconoscere che nei suoi scritti, piegato dagli immancabili capitoli finali insurrezionali, si trovano le uniche visioni e intuizioni sociali all’altezza delle trasformazioni del capitalismo cognitivo e macchinista. Negri fin dagli anni 60 ,più e meglio di Tronti, che a differenza sua fu uno straordinario maestro di vita ma non sempre pronto e agile a cogliere le trasformazioni discontinue della storia, ha sempre scovato i segnali di quella grande trasformazione che spingeva una sinistra riluttante dal Marx deI Capitale ad immergersi nel Marx dei Grundrisse. L’Operaio sociale, la fabbrica urbana, il conflitto per il reddito, il consumo come lotta di classe, la comunicazione come produzione ,furono inediti e ancora oggi incompresi utensili che Negri forgiò nel disinteresse di una sinistra polverosa e burocratica. La sua trilogia sull’Imperium e soprattutto l’ultimo tomo Commonwealth , ha costituito l’unico vero contributo che la cultura comunista ha dato alla decorazione di classe del processo di smaterializzazione della produzione e di creazione di un valore comunitario. Senza dolore ma con grande rammarico riconosco che la mancanza di una voce come la sua impoverisce il già muto orizzonte politico dell’eredità marxista in Italia.
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TONI NEGRI: MOLTITUDINE E LOTTA DI CLASSE di Franco Astengo
Nel momento del commiato dalla scena del mondo di Toni Negri sarebbero sterminate le argomentazioni da adoperare nel senso del ricordo della suo faticoso cammino intellettuale e politico, tralasciando anche il discorso dell’autonomia operaia.
In questo intervento, assolutamente al di sotto delle pretese intellettuali che il riferimento richiederebbe mi limito ad una chiosa riguardante l’ultimo periodo quando Negri pensava che la strada da intraprendere fosse quella di “affermare il diritto di accesso al comune”, costruendo l’alternativa rivoluzionaria attraverso la liberazione della potenza della “forza-lavoro” dal dominio capitalistico.
Per far questo, Negri pensava fosse necessario muoversi a livello europeo per costruire nuovi modelli e nuovi progetti di solidarietà che “sappiano negoziare le differenze tra le geografie frastagliate non solo tra i vecchi stati-nazione, ma anche fra le diverse storie dei movimenti attuali”.
A prescindere dall’eccessiva, almeno a mio giudizio, definizione di obsolescenza della realtà degli “Stati – Nazione” (pur nel riconoscimento dell’esigenza di muoversi a livello europeo) sorgeva comunque un interrogativo: qual era il livello di contraddizione sociale che era (ed è) necessario affrontare per muoversi nella direzione dell’alternativa rivoluzionaria, così come indicava Negri in quel testo?
Sinceramente non appariva chiaro, soprattutto se valutando com’è necessario, che la proposta di liberazione della forza lavoro dal dominio capitalistico veniva avanzata in una fase di egemonia dell’individualismo consumistico, in pieno fulgore di quello che Marx definì “feticismo della merce”, con relativo trionfo del “valore di scambio”.
Il meccanismo consumistico, infatti, risiede alla base della scomposizione sociale dell’oggi e della difficoltà nel rintracciare, a tutti i livelli, un “blocco sociale anticapitalistico”che a mio giudizio rimane fattore necessario per affrontare il tema della trasformazione sociale, rimanendo l’orizzonte “moltitudinario” assolutamente generico e di difficile rintracciabilità, proprio a livello sociale.
Nella crisi di oggi, per le sue caratteristiche e la sua profondità, la messa in discussione del “soggetto consumatore” dimostra tra l’altro la veridicità di un altro concetto marxiano, relativo al “capitale come contraddizione in continuo processo”, ed è proprio nel varco della contraddizione che è necessario infilarci per far tornare a scavare la vecchia talpa. Negri avrebbe voluto tenerla in superficie per farla colpire dal meccanismo della repressione politica (del tutto involontariamente, dal suo punto di vista: è ovvio)
Questo perché, riprendo pari pari proprio dalle ragioni di fondo della critica marxiana all’economia politica, l’obiettivo unificante delle contraddizioni di questo capitale (mai così dinamico) rimane quello dell’estensione dello sfruttamento attraverso la crescita del plusvalore.
Si tratta di creare ulteriori spazi per rovesciare il rapporto tra valore assoluto e pluslavoro.
E’ stato il tema della globalizzazione, nelle sue diverse sfaccettature (finanziarizzazione dell’economia, delocalizzazioni, creazione di nuovi scenari di guerra, sfruttamento delle risorse) ed è il tema di oggi.
Nel momento della scomparsa del teorico della “moltitudinarietà” occorre ancora far comprendere che questo, del ritorno evidente se mai ci fosse stato un periodo di allontanamento,( se non dettato dai fumi di una propaganda malata), alla contraddizione di classe.
Immagine tratta da il Manifesto