Suscita orrore, merita condanna ferma e solidarietà piena con le popolazioni israeliane civili l’azione di guerra partita dalla Striscia di Gaza.  Si conferma in qualche modo che in questo tempo la guerra è sempre meno solo scontro tra eserciti ma coinvolge e colpisce direttamente le popolazioni civili, inermi e indifese. Del resto, in Ucraina l’invasione russa si sta muovendo secondo le stesse coordinate.

Questo ci deve spingere a riflettere su quanto la guerra si stia affermando come via ordinaria per affrontare le controversie internazionali: questo è il grave di questo tempo che ha superato gli ordini del passato ( il mondo diviso in blocchi ), ma senza riuscire ad aprire lo spazio a nuove forme inclusive  del suo organizzarsi.

Questa dimensione del problema è scarsamente presente nei commenti nel nostro paese come anche ogni accenno alle cause di fondo del conflitto mediorientale che sembra non trovare soluzioni: a cominciare dalla irrisolta Questione palestinese, il diritto cioè  di un popolo, quello Palestinese, di vedere riconosciuto quanto tutte le risoluzioni ONU e gli stessi Accordi bilaterali hanno sancito: un popolo uno Stato a fianco di un altro popolo con un altro Stato, nella pace e nella sicurezza reciproca. Questa strada si è deciso ad un certo punto di non percorrerla e di non ricercarla nemmeno più. E infatti, nessuno ne parla da anni.

Non l’ha fatto Israele, che ha pensato ormai di avere consolidato una posizione di sicurezza affidata totalmente al dispositivo militare all’ombra del quale ha continuato la sua espansione territoriale indebita sull’onda di politiche di destra estrema condannate con fermezza dalle stesse voci democratiche larghe del suo mondo intellettuale : salvo poi scoprirsi esposto di fronte ad un attacco come quello di questi giorni ad  un dispositivo che appariva, illusoriamente, inattaccabile.

Non l’hanno fatto i suoli alleati, Usa in primo luogo.

Non l’ha fatto l’Europa che invece aveva assicurato per tutta una fase una funzione fondamentale di amicizia con Israele e di sostegno alle ragioni del Popolo palestinese.

E così in questo mondo così interconnesso e interdipendente, ogni questione non risolta, ti esplode contro, immancabilmente.

Abbandonato un intero popolo, quello Palestinese, abbandonato al proprio destino di occupazione militare subita e di futuro negato; lasciato prigioniero anche di un montante spirito di rivolta, tanto più forte nella Striscia di Gaza che è una sorta di enorme Campo di concentramento: lo spazio per la radicalizzazione nasce da qui, la forza di Hamas e quindi del consenso di cui gode tra la popolazione nasce da qui; la penetrazione dell’influenza Hezbollah e dell’Iran viene da qui.

Giustifica questo la violenza di Hamas? No. Ma certo ne spiega alcune dinamiche. E indica anche la via che occorrerebbe imboccare per dare una soluzione strutturale al problema tagliando alla radice lo spazio per il radicalismo.

E allora, in questa ondata drammatica di lutti, di cattura di ostaggi, di distruzioni, quando rimettere al primo posto la politica se non ora?

Si dice, ma Israele non ha diritto di difendersi? E certo che questo diritto ce l’ha. Ma è di questo che si sta parlando in queste ore? Di una risposta proporzionata mirata a colpire i responsabili dell’aggressione? Sono già ora questo i bombardamenti a tappeto? L’azione militare di terra nella striscia di Gaza cosa sarà? Chi saranno i bersagli? Cosa si distruggerà? Temo ben poco di Hamas e molto di quei civili Palestinesi che cadranno forse a migliaia.

E’ questo il diritto alla difesa? E’ questo occhio per occhio? Quanti , insisto, non combattenti avversi ma bambini, vecchi, donne inermi palestinesi dovranno morire per pareggiare il conto dei bambini, vecchi, donne inermi israeliani con le loro vite drammaticamente stroncate?

Ed è davvero clamoroso come in questo tempo ipertecnologico, in cui la potenza dei dispositivi militari non è mai stata così diffusa, siamo tutti così insicuri e in cui la Civiltà per antonomasia, che vuole sola illuminare il mondo, non trova altro sistema per affrontare e risolvere i problemi che la clava in un montante mare di odio.

No, non può essere questa la strada: Lo dica con forza Napoli, amica del popolo israeliano e amica del popolo palestinese.

Gianfranco Nappi

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