Sabato mattina di un giorno piovoso: da tempo non mi lasciavo condurre dai vicoli che si diramano da Piazzetta Olivella (sul lato sinistro uscendo dalla stazione della metro di Montesanto) per poi ritrovare con “occhi nuovi ma attenti “Largo Tarsia. Sempre tipico l’impatto con l’ampio persistente parcheggio nel grandioso cortile – chiuso da un emiciclo con l’enorme terrazza belvedere – tuttora testimone di uno dei più sontuosi palazzi principeschi di Napoli costruito da Domenico Antonio Vaccaro nei primi decenni del 700. Più volte è stato trasformato, risulta dispersa la raccolta dei quadri della pinacoteca e annientata la sontuosa biblioteca, ma tuttora sono visibili i vari resti nonostante il degrado imperante. Io, contenta di aver accettato l’invito di Silvana, mi ritrovo sempre più attenta nel camminare sulla scivolosa vecchia pavimentazione di basalto nell’intraprendere Salita Pontecorvo e mi chiedo quante sono tuttora le preziose dimore nelle vecchie costruzioni decadenti. Mi fermo al n.65 con tenero sorriso davanti la “derelitta” Chiesa di San Giuseppe delle Scalze: conserva sempre il nome dell’ordine monastico delle cinque suore che la fondarono nel 1606, nel 1619 fu destinata alle carmelitane e nella metà del XVII fu rifatta su disegno di Cosimo Fanzago. Le suore carmelitane teresiane furono costrette a lasciarla nel 1808, in seguito fu affidata ai barnabiti ma, di fatto, il continuo stato di abbandono ha determinato anche il trasferimento al Museo di Capodimonte di opere d’arte che impreziosivano la chiesa di architettura barocca: di particolare valore “La sacra famiglia ha la visione dei simboli della passione” di Luca Giordano.
Silvana mi aspetta a Salita Pontecorvo 46, attraverso un piccolo portone dove si Intravede la targa “LO SCUGNIZZO LIBERATO”, mi introduce – inaspettatamente per me – in un rigoglioso giardino: molto bello, nonostante l’urgenza di ulteriori cure.



Accogliente per l’atmosfera di laboriosa comunità che emana. Faccio fatica a riconoscere l’ex carcere minorile G. Filangieri con la sua peculiare storia; creato come riformatorio minorile nel 1809 per volere di Gioacchino Murat; durante il fascismo fu definito “Istituto di osservazione minorile”; negli anni settanta era diventato “Istituto di rieducazione “ e infine nel 1999“Centro Polifunzionale diurno”. Fu chiuso nel 2000 perché acquistato dall’Università Navale per uso accademico con un ambizioso progetto di ristrutturazione. Mai avviato. Qui lo “Scugnizzo Liberato è un laboratorio di mutuo soccorso nato il 29 settembre del 2015, nel quartiere Avvocata nel centro storico di Napoli, con la riappropriazione dal basso da parte delle rete di attivisti Scacco Matto e degli abitanti del quartiere.” (*)
È importante ricordare che l’edificio fu costruito per volere di Eleonora, vedova del Duca di Scarpato nel XVI con lo scopo di accogliere le ragazze madri ed era gestito dalle suore dell’ordine francescano. Durante il ‘700 fu sottoposto a varie trasformazioni assumendo i caratteri barocchi.
Lo scugnizzo liberato: efficacissimo!
Già la composizione linguistica è una bella sfida: l’articolo determinativo che precede il sostantivo “scugnizzo”- caratteristica di Napoli – seguito dal participio passato liberato (dal verbo “liberare, derivato dal latino “liberare”=restituire alla libertà, rendere libero….ricordandoci della differenza tra “liberi” e “schiavi” nell’impero romano ) con funzione di aggettivo fa afferrare la qualità di un percorso – già fatto – all’interno di un progetto ambizioso di forte impegno etico, civile e culturale.
Ritengo utile riportare qualche nota estratta dall’Enciclopedia Treccani online:
Scugnizzo – s. m. (f. -a) [voce napol., che si ritiene der. di scugnare «scalfire, rompere», der. del lat. cuneus «cuneo»]. – Monello napoletano, con le sue caratteristiche di ragazzo astuto e intelligente, vivace, disposto ad «arrangiarsi» con espedienti anche scarsamente onesti; con sign. più ampio, monello, ragazzo di strada, usato anche fuori dell’ambiente napoletano.
Naturalmente gli artefici dello Scugnizzo Liberato sono stati impegnati e continuano ad impegnarsi per far leva, per valorizzare la vivacità e l’intelligenza dei piccoli monelli rendendoli partecipi attivi e consapevoli in incontri ed attività che, nei sentimenti condivisi dell’accoglienza, possano aiutare ogni singolo “scugnizziello” ad impossessarsi del piacere dell’operare e sperimentare insieme, di acquisire strumenti di conoscenza e anche competenze fruttuose insieme alla consapevolezza di possedere talenti e capacità nascoste e scoperte da trasformare in risorse visibili, concrete. “Oggi lo Scugnizzo è animato da una comunità aperta, orizzontale ed inclusiva che rifiuta ogni forma di fascismo, razzismo, sessismo, sfruttamento ed emarginazione. Ci dedichiamo quotidianamente alla cura e alla rigenerazione degli spazi dell’ex carcere e all’organizzazione delle attività di carattere educativo, culturale e sociale che vengono svolte all’interno. Negli anni allo Scugnizzo si sono svolte centinaia di iniziative tra concerti, spettacoli, festival artistici, presentazioni e tanto altro. Dal 2016 lo Scugnizzo Liberato è uno degli spazi liberati riconosciuti come beni comuni ad uso civico e collettivo dal Comune di Napoli, e fa parte della rete dei beni comuni napoletani.* Più di tante dettagliate descrizioni, hanno efficacia comunicativa le foto ricavate dalla documentazione ricevuta da Silvana; è bene qui evidenziare le parole chiave come fili che compongono la trama di un tessuto sempre più resistente e socialmente avvolgente:
BENE COMUNE, MUTUO SOCCORSO,
COOPERAZIONE E AUTOPRODUZIONE, ARTE E CULTURA.










Silvana con occhi orgogliosi mi dona questi cartoncini come “carte d’identità” del laboratorio Lo Scugnizzo Liberato, subito per me domina il cerchio: figura geometrica che amo da quando, bambina, avevo letto che il cerchio è simbolo di armonia. Da adulta ho saputo che il cerchio esprime uno spazio cui in vengono richiamate, raccolte le energie più belle perché legate all’universo e alle sue dinamiche energetiche.
NB: All’interno di questi cartoncini sono riportate con rigore di metodo tutte le dettagliate ed accurate informazioni relative al Progetto nel suo insieme e alle specifiche attività proposte e realizzate.

Tasselli significativi del percorso già fatto:
Un anno di “scugnizzo” visite guidate e concerti nell’ex carcere minorile














In questi giorni nello Scugnizzo Liberato c’è una bella frenesia coinvolgente perché tutti impegnati “a core a core” nell’organizzare l’ottavo compleanno: 1 0ttobre .






Sto molto bene in giardino: ormai raggi di sole giocano con le foglie degli alberi che appaiono più lucide e rinvigorite, gli stessi raggi rendono più visibili i lavori di giardinaggio artigianale sulle piccole e grandi aiuole. Lo sguardo d’insieme rende più intrigante tutta la struttura, intuisco i vari spazi resi idonei alle varie attività ed è bello conoscere qualche giovane volontario che mi accoglie sorridendo.
Silvana poi mi conduce verso un altro portoncino e lì si rivela in piena luce come Silvana Sferza. Sì! io già sapevo il suo essere artista, in un modo tutto suo anche perché ispirata da indiscutibile etica.
Lo sapevo perché ne avevamo parlato a lungo telefonicamente prima di conoscerci fisicamente: il “contatto” fra noi lo aveva incoraggiato Januaria Piromallo e subito abbiamo percepito l’esigenza di dialogo, direi anche empatico.
Aperto il portoncino si dilata lo spazio che protegge, che dà visibilità a innumerevoli espressioni artistiche: grandi dipinti che non tolgono bellezza ad acquarelli, disegni e mosaici posti dappertutto, qualche oggetto di design che non offusca la peculiarità di manufatti che nascono dall’arte del riciclo, originali gioielli e tessuti con insoliti giochi cromatici assumono più vigore femminile in connubio con l’energia muliebre che emettono le diverse sculture di donne con privilegio regale per il gruppo delle madri.
Questo è “un luogo dell’anima” dove le parole – per quanto nutrite da ricchezza lessicale – non potranno raggiungere efficaci ed esaurienti descrizioni.




Non è superfluo evidenziare che in questa singolare “spazio” si riconoscono i tavoli
di tutte le forme che accolgono
e “adottano” gli “scugnizzielli” che si avvicinano, poi frequentano e non dimenticano più Lo Scugnizzo Liberato.



• Silvana Sferza il tuo mondo di artista ha “tirato su” un suo specifico spazio all’interno di “Lo scugnizzo liberato”. Perché? E quanto del tuo impegno – non solo artistico – è stato necessario per raggiungere questo sorprendente risultato certamente già dinamico, aperto all’oltre.
Silvana Sferza
Ogni contesto che coinvolge la mia carica creativa passa attraverso la condivisione e la ricerca ed il confronto con la realtà circostante. Ho appurato negli anni che è necessario l’impegno sociale per le conosciute mancanze delle autorità competenti: ormai sembra luogo comune parlare di disagi e vuoti lasciati dalle istituzioni e non certamente possiamo illuderci di poterle sostituire, ma sicuramente possiamo riuscire a far fronte e sopperire ad alcuni disagi evidenti a tutti.
Il progetto (portato avanti da otto anni) è quello di creare un’interazione fra artigiani e artisti ubicati tutti in uno stesso luogo di lavoro: si crea così un vero confronto con altre realtà artistiche incrementando
• elaborazioni creative,
• la connessione artista/artigiano che permette alla creatività di espandersi in modo tecnicamente unico ed esemplare,
• tanti laboratori di artigianato insieme che possono interagire l’un l’altro diventano lo scambio di maestranze e saperi,
• la condivisione degli spazi nello spazio che diventa cultura con nuove forme di linguaggio, sperimentato liberamente raggiungendo obbiettivi diversi ed evolvendosi qualitativamente secondo una dinamica di sperimentazione e ricerca continua per potere riuscire a dare una formazione attraverso corsi di approfondimento delle varie tecniche artistiche e artigianali proposte nel suggestivo cortile dello scugnizzo della SCUGNIZZOFACTORY .Dai tempi dei tempi gli artigiani, godono di grande rispetto sociale e ciò si evidenzia nel prestigio associato all’artigianalità di cui beneficia qualsiasi prodotto “fatto a mano”. Quanti i mestieri scomparsi e quanti continuano a scomparire? Noi qui lavoriamo anche per arginare questa grave perdita.

• Puoi narrare come è stato elaborato il Progetto “Lo scugnizzo Liberato” e con quale tipo di organizzazione interna viene assicurata qualità degli interventi, in coerenza alle motivazioni e agli obiettivi per cui lo avete creato.
Silvana Sferza
Il primo ottobre festeggiamo gli otto anni di impegno attivo di tutta la nostra comunità, una comunità eterogenea composta da tante intelligenze diverse, sia per età che per contesti, che è riuscita negli anni a sostenere ed aiutare realtà vicine e disagiate. La vera attitudine dello scugnizzo è quella di aprire la porta ed accogliere coloro che vivono la discriminazione sia sociale che economica. Accogliamo comunità straniere con corsi di italiano gratuiti o di italiani che hanno bisogno di imparare l’inglese e non possono sostenere i costi – spesso stratosferici – di istituti privati. Ci impegniamo a dare possibilità di esprimere le proprie necessità nell’ ambiente che lo circonda politico, religioso, lavorativo. Affrontiamo insieme le necessità e si concede lo spazio a comunità che ne hanno bisogno. Un esempio: ospitiamo una comunità dello Sri Lanka che trasforma (una domenica al mese) il teatro in un tempio buddista (molto suggestivo).
Le nostre attività sono rivolte alle fasce sociali più deboli per aiutare i bambini con esperienze educative innovative, organizzando:
– attività sportive quotidiane,
– doposcuola,
– sostegno ai senza tetto con attività di distribuzione cibo e abiti per i più bisognosi (Ass. Nessuno Escluso), ed un guardaroba per bimbe e neo mamme (Assoc. Ammà).
Non esiste un progetto “scugnizzo liberato” ma una realtà che si trasforma giorno per giorno: viene costruita man mano che cambiano le esigenze, composta da tante persone di diverse professioni. È una realtà volta a tutti: il comitato organizzativo attraverso il confronto assembleare prende in atto le decisioni sempre all’unanimità, il tutto funziona con efficienza cercando di rispondere a necessità emergenti del territorio.

• L’Arte, Silvana cara, a Napoli che potere ha per liberare dall’emarginazione, dall’ignoranza, da fenomeni di devianza e di violenza soprattutto in particolari quartieri – impregnati di ataviche sofferenze e di degrado invasivo nonostante incancellabili pregi storici? Per liberare non solo gli scugnizzi dell’oggi?
Silvana Sferza
Prima di rispondere a questa domanda devo dire cosa è l’arte per me.
L’arte è apertura, è condivisione, è sapere immediato e intuitivo.
Non occorre aver studiato per capire la bellezza e le emozioni che essa ci rimanda.
Io sono convinta infatti che il male venga esercitato sempre per ignoranza e che quindi quella del sapere sia l’unica strada per superarlo.
Attraverso l’arte abbiamo la possibilità di riscoprire le emozioni nostre e altrui, di esercitare l’empatia, di sentire i sentimenti e le sofferenze degli altri.
Per arte si intende oltre le arti visive tutte le arti musica poesia canto teatro sport.
L’arte ha il potere del cambiamento.
I nostri laboratori hanno voluto creare una alternativa e ogni giorno sono catalizzatori di impegno e condivisione per rendere sempre più solida ed efficace una alternativa sociale positiva, civile ed etica. Napoli è la città dell’arte, dove si posano gli occhi vedi arte, ogni napoletano è entrato almeno una volta in una chiesa per ammirare i beni artistici e sentendoli propri diventano loro stessi parte di quel bene, appartiene a tutti, pronto a difenderlo invece di distruggerlo, Napoli è una città che ti mette alla prova quotidianamente, questo è il gioco della vita.
Confermo: l’arte ha il potere del cambiamento in positivo.
Buon ottimo lavoro Silvana, a te e a tutto LO SCUGNIZZO LIBERATO.
AD MAIORA!

Rosanna




* estratto dalla documentazione di LO SCUGNIZZO LIBERATO.



In questo mese di settembre si è tanto parlato di “bonifica di quartieri” di Napoli e, giustamente, sono stati messi in evidenza forme di degrado sociale e nefandezze umane ma, ingiustamente, si dà poco risalto e solido efficace sostegno ad esperienze di comunità e di volontariato costante per far fronte ed arginare il degrado sociale e per contrastare nefandezze umane, “proteggendo” soprattutto bambini e minorenni nei cosiddetti “quartieri da bonificare”.

Rosanna Bonsignore




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