Scompare l’ultimo grande leader della sinistra europea che ha retto il Continente nelle stagioni difficili della guerra fredda, della distensione, e del crollo del comunismo.
Ultimo del gruppo dirigente togliattiano che ha sviluppato una visione riformista valorizzando il nucleo vitale della esperienza del PCI, a partire dalle riflessioni di Togliatti su Riformismo e Comunismo, sulle quali si sono cimentati importanti studiosi come Leonardo Paggi e, di recente, Luciano Canfora. Più volte Napolitano è tornato sull’argomento sottolineando la concezione togliattiana del partito come forza di governo e non di propaganda, in grado di “distinguere cose diverse”, e di operare “analisi puntuali di situazioni puntuali”. Mai omettendo, tuttavia, di evidenziare “la tragica contraddittorietà della figura di Togliatti”
Egli fu ben consapevole che “chi è stato comunista, anche nel modo più indipendente, è partecipe della sconfitta”, ma ciò non toglie, aggiunse,” che per i vincitori non è tempo di euforia ”perché “la nuova realtà pesa anche sulle loro spalle”.
Bisogna saper portare sulle proprie spalle il fardello della Storia, affermò più volte, e compì uno dei primi atti della sua Presidenza il 26 settembre 2006 a Budapest sulla tomba di Imre Nagy martire della rivolta ungherese del ’56, un omaggio solenne, sentito “come un dovere politico e morale personale”.
Come uomo di Stato ha retto la Repubblica in momenti difficili assumendo decisioni e responsabilità cruciali sul piano interno ed internazionale, dalla crisi finanziaria del 2008,alla Libia del 2011,alla crisi del Governo Berlusconi fino al Governo Monti,e sulle quali la parola spetterà agli storici. Atti ed iniziative assunti in un sistema politico e parlamentare palesemente depotenziato dalla crisi dei partiti e da guide inadeguate che sono ancora oggi un fattore negativo sul piano interno ed internazionale.
Napolitano non è stato un Liberale, in senso proprio, in seno al PCI, pur essendo un politico colto, aperto al dialogo, all’ascolto e rispettoso delle ragioni dell’interlocutore. Nè apprezzava “fumose terze vie”. E’ stato l’esponente più coerente di un riformismo comunista, premessa per la ricomposizione unitaria della sinistra italiana di ispirazione socialista.
In questo momento tragico per Europa la sua voce, di cui sentiamo tutta la mancanza, sarebbe stata un punto di riferimento autorevole per i Governi e per la sinistra. Il Vuoto da colmare di cui parlò nel suo saggio “Europa e America dopo l’89: crollo del comunismo, problemi della sinistra” è rimasto un vuoto; “recuperare il nucleo vitale” della storia della sinistra italiana e delle grandi tradizioni politiche democratiche e popolari resta la via maestra per rinnovare la democrazia nel nostro Paese.
Arturo Marzano