Come pensano le forze di sinistra di affrontare la vicina prova delle elezioni di rinnovo del Parlamento europeo? Sinistra europea, per quando sparsa e largamente dispersa. Sinistra italiana, non meno in difficoltà e in crisi.
Cosa saranno questi mesi, un rincorrersi reciproco e un puntare su tappeti sempre più grandi ove nascondere problemi, contraddizioni, conflitti o invece, finalmente, prevarrà a sinistra, il vero coraggio di guardare al mondo con le sue enormi contraddizioni per indicare un nuovo progetto europeo – di giustizia sociale e ambientale, di pace e inclusione, di innovazione socialmente finalizzata ; un nuovo pensiero sul mondo come novità da offrire ai popoli del continente, come condizione per recuperare l’ orizzonte di un futuro che oggi invece si è largamente ridotto a incubo.
Perchè se non lo pensi il Mondo, il Mondo ti travolge.
Se la politica è realismo, certo ha una sua ragione, comunque sia, il fare riferimento al quadro delle forze attuali in campo a sinistra.
Bene.
E se invece esse, per loro consolidata ormai costituzione materiale fossero del tutto incapaci alla bisogna? Se fossero strutturalmente impedite a portarsi a questo livello, per prassi consolidate, per riduzione a ceto politico autoreferenziale, per concezione della politica…?
Siamo sicuri che la cosa migliore e in ogni caso più concreta da fare sia, da assetati, chiedere acqua ad una fonte esaurita e non invece pensare ad altro anche per assicurare anche a tante forze sicuramente popolari e di sinistra che pure lì rimangono, penso al PD ovviamente, di potersi esprimere su nuove basi?
E quindi, siamo sicuri che uno dei principali fatti inibenti di una prospettiva nuova non sia proprio il continuare a guardare dove non c’è più niente da vedere, che la vera utopia non sia proprio questa, di continuare a sperare che da lì possa venire qualcosa quando ben poco potrà venire?
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La destra populista una risposta a questi problemi non ce l’ha. Anzi, li aggrava, come si vede in questo primo anno di suo governo in Italia.
I sorrisi di ieri della coppia Meloni-Orban fanno un certo effetto : e non è bello.
Il governo dell’imbroglio continua ancora oggi a sostenere che il problema non è dato dai ricollocamenti ma è l’evitare le partenze.
Posizione comoda e illusoria.
Comoda perché vuole evitare al Governo italiano di andare allo scontro con i propri alleati europei: proprio quell’Orban con il suo Governo – insieme a Polonia ed altri – che rappresenta uno dei fattori di blocco opponendosi a qualsiasi forma di effettiva condivisione e solidarietà europea per i migranti: ieri la Meloni a schiaffi avrebbe dovuto prenderlo e invece, si abbracciavano sorridenti, mentre Lampedusa scoppia e, nonostante questo i Lampedusani organizzano pasti per i migranti e una fiaccolata per la bimba di cinque mesi morta in mare, senza un nome.
E nell’isola, offesa delle offese, si annuncia ora anche l’arrivo di una Le Pen, accompagnata da un ministro della Repubblica italiana.
Ma una linea soprattutto illusoria, perché invece gli arrivi crescono e ci troviamo del tutto impreparati a gestire una situazione come si vede bene, che sarebbe ,nonostante tutto, gestibilissima se non si fosse adottata la logica emergenziale. E, per di più, in una posizione di rapporti critici con Francia e Germania che invece dovrebbero essere i nostri naturali interlocutori privilegiati e che invece tendono a chiudersi anch’essi su una linea di corto respiro.
E così tutti giocano al ribasso, al breve, lontani da ogni visione lungimirante.
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Chi è che può spezzare questa storia e prospettarne un’altra?
Chi può sostenere lo sforzo di tanto associazionismo e volontariato ed aiutarlo a trovare dentro di se’ quelle ragioni di politicità e di impegno conflittuale e unitario che invece stentano ad affermarsi?
Si faccia avanti chi può battersi, con coraggio ma anche con grande senso di responsabilità, affinché quelli che in un modo o nell’altro stanno arrivando in Italia – e che non pensano soltanto di passare da noi per raggiungere magari propri parenti in altri paesi europei o avendo quei paesi nei loro obiettivi – potrebbero essere accolti in un sistema inclusivo, formati; potrebbero vedere valorizzate le proprie capacità e i propri saperi ( e tantissimi sono scolarizzati ), e quel che si spende oggi per assisterli potrebbe invece più utilmente concorrere a supportare, d’intesa con i Comuni italiani e in connessione con il sistema d’impresa e di un terzo settore e mutualismo cooperativistico effettivamente tali, la realizzazione di progetti di inserimento lavorativo e di inclusione sociale portando linfa nuova in territori in stato di abbandono e in attività produttive e di servizio?
E perché, al tempo stesso, per i minori non accompagnati, 32.000 ne sono arrivati in questo scorcio di 2023 ci dice l’Unicef, non si potrebbe aprire immediatamente la via dell’inclusione alternativa a quella del ‘parcheggio’ assistito. E assistito per cosa poi? Ovviamente una strategia del genere non farebbe venire meno quella dello sviluppo dei corridoi umanitari, ma che al momento rappresentano vere gocce nel mare; né la ricerca di intese con i paesi di provenienza tese non a creare lì i disumani lager di mantenimento , ma per costruire progetti reali di sviluppo comune.
E invece no.
Tutto si riduce invece a politica dell’ordine pubblico. Altra faccia di quella oramai dichiarata guerra ai poveri come denuncia, con sempre meno voce, questo Papa.
E con il Governo, si preferisce appunto che i migranti vengano diffusi nei Centri di stazionamento passivo in giro per l’Italia, per rimanervi oscurati e privi di nome, di personalità, di diritti e prossimi solo, dentro questo anonimato, a scappare per alimentare le file del degrado sociale e dell’insicurezza: fantasmi in carne ed ossa vaganti per le strade delle nostre città e pronti a saturare tutti gli spazi marginali.
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Chi spezza allora questa storia per prospettarne un’altra?
Prospettare un’altra storia, questa appunto è la sfida. Nulla di più, ma neanche nulla di meno.
Un’altra storia diversa anche da quella cantata e suonata dall’Europa della tecnocrazia, delle Lagarde e delle Von Der Leyen.
E allora, questa discussione dovrebbe pure aprirsi.
L’alternativa alla destra populista non può essere quella di una destra economico-finanziaria. Anzi, è proprio il prevalere a livello europeo di una simile impostazione supportata da una tecnocrazia sempre più invadente che ha aperto spazi ad una ripresa nazionalistica e a una critica da destra alla globalizzazione.
E poi, c’è un grande punto in comune tra queste due visioni: la condivisione di un atlantismo deteriore che annulla il ruolo dell’Europa relegandola a comprimaria divisa degli USA mentre la guerra divampa sul suo suolo.
Dati i rapporti di forza attuali, certo la riproposizione di una alleanza che riproduca nel nuovo Parlamento europeo gli equilibri della maggioranza uscente non potrebbe considerarsi una sconfitta e di sicuro occorre lavorare affinchè non si saldi un rapporto organico tra tutte le correnti di destra anche più estrema, con le quali il dialogo di Meloni e Salvini è più che attivo, e liberali e popolari europei.
Ma è anche vero che per ottenere un risultato il migliore possibile e per sconfiggere questa pur lontana ipotesi di oscena alleanza tra destra estrema e popolari, la via per le forze di sinistra e progressiste non può essere quella della mimetizzazione, dell’abbassamento del proprio profilo riformatore.
Anzi, dovrebbe essere essa a provare ad imporre i nuovi contenuti per una nuova agenda europea: se non si riempie di questi contenuti il confronto prossimo, come si può sperare che ne possa derivare un avanzamento di tutta la situazione?
E invece, lo vediamo ancora in queste ore, tecnocrazia e visione neoliberista dominano nel fronteggiare il problema dell’inflazione – come si vede ancora nelle scelte reiterate della BCE – e nella politica di bilancio europea – come si vede nelle ipotesi sciagurate di ritorno alla situazione quo ante di pandemia e guerra con le politiche sul debito: e il tratto distintivo di una sinistra europea rispetto a tutto questo non si vede, anzi a volte si ha la sensazione che essa sia più realista del re…
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Io non so quanto ci vorrà alla Segretaria del PD per capire che il piccolo cabotaggio nel quale la si vorrebbe stringere anche da parte del suo stesso partito per lei è esiziale e che a lei si presenta un’unica strada, quella di salire a questo livello dei problemi, al livello più alto, per restituire da questa altezza alla politica quella visione senza la quale né la politica né il suo partito vanno de nessuna parte.
Però, se ne ha – lei con il suo gruppo dirigente ( se c’è un gruppo dirigente) – non è che rimanga molto tempo per farlo vedere. Se la fonte ha ancora acqua, è ora che deve riprendere a sgorgare.
Gianfranco Nappi