Il prossimo 30 agosto, mercoledì alle ore 17.30, presso la Sede dello Spi-Cgil Campania in Via Duomo 296, incontro di verifica del percorso per giungere ad una organica Proposta di Legge Regionale sul Clima.

Promosso da un nutrito gruppo di Associazioni territoriali della Campania, di Organizzazioni ambientaliste e del lavoro, di singole personalità del mondo della ricerca e delle competenze, il percorso mira a realizzare in modo partecipato e coinvolgendo tutte le realtà della Campania, una spinta decisa per una svolta nella politica sui cambiamenti climatici nella seconda Regione del paese ed è aperto a tutti coloro che vogliano concorrervi contribuendo con idee, proposte e impegno comune.

PER UN APPELLO ( in prima bozza )

La Campania non si sottrae agli effetti dei cambiamenti climatici. L’impegno per fronteggiarne e mitigarne gli effetti e per interrompere il riproporsi delle cause di fondo che li generano deve essere naturalmente globale. Anzi, il clima rappresenta forse la più grande evidenza di quanto le sorti dell’umanità, della sua vita e del suo futuro, siano interdipendenti e siano strettamente legati alla capacità di mettere in campo risposte globali a problemi globali.
Al tempo stesso fare con forza questa affermazione non suol dire togliere valore, e urgenza, a tutte quelle scelte che a tutti i livelli, di Stato, di Regione, di Territorio e di Comune possono e devono essere assunte per concorrere attivamente alla lotta ai cambiamenti climatici.
Ecco allora il senso di questa nostra iniziativa e della Campagna RIGENERA per una legge sull’ambiente che cambi davvero la Campania al tempo dei cambiamenti climatici .
C’è una distanza ancora troppo grande tra l’urgenza degli interventi e il ritmo e l’orientamento di molte delle scelte in campo.
In questo senso, la Campagna Rigenera vuole rappresentare una spinta, una sollecitazione, una tensione forte per giungere alla necessaria svolta e, al tempo stesso, offrire un’occasione di connessione, di relazione, di esperienza di elaborazione e di lotta comuni per nuclei associativi, spezzoni di movimento, intelligenze e competenze, realtà associative più strutturate del mondo del lavoro e dell’ambientalismo, esperienze istituzionali nei territori che per questa via possono trovare ragioni di valorizzazione dei propri percorsi e di forza accresciuta.
Il dato che vogliamo sottolineare è che la Campania è tra i territori più esposti del nostro paese: per la sua collocazione geografica, per la sua conformazione idrogeologica, per le carenze delle politiche attive di cura del territorio, per i devastanti fenomeni di speculazione edilizia e di consumo dissennato di suolo, per i livelli di inquinamento dell’aria in diverse sue zone. Ma lo è anche per una idea dello sviluppo che continua a privilegiare una visione quantitativa e produttivistica, per il grande peso della rendita fondiaria e immobiliare che si presenta come un vero e proprio nucleo di potere che tende a condizionare le scelte delle politiche pubbliche.
Per non parlare del peso e del ruolo delle organizzazioni criminali nel circuito delle ecomafie e della devastazione di territori.
E allora occorre una svolta coerente nella politica sui cambiamenti climatici e per la drastica riduzione, fino all’azzeramento, delle emissioni climalteranti: e questo non sarà il frutto di un ritrovato tecnologico o di una scoperta: e ovviamente ricerca e tecnologia servono per davvero.
Quello che vogliamo sottolineare è che il raggiungimento della riduzione di almeno del 45% delle emissioni climalteranti per la Campania al 2030 e il loro azzeramento al 2050, secondo gli obiettivi minimi del nostro paese dagli accordi COP e dall’Agenda ONU, sarà solo il frutto dell’inizio di mutamenti profondi nel modo in cui si produce, si distribuisce, si consuma, si organizza la vita in comunità, ci si rapporta al territorio: è un’altra idea dello sviluppo, è una vera conversione ecologica dell’economia e della produzione che deve avanzare.
Ma è proprio l’esigenza di questi mutamenti profondi che gli interessi consolidati del ciclo fossile, con tutti i grandi poteri finanziari collegati, vogliono nascondere: davvero non è più tempo del Gattopardo, del far finta di cambiare tutto per non cambiare niente.
Cambiare tutto si deve. Nulla di meno. Come i ragazzi di Friday gridano in tutte le piazze del mondo.
E quel che si vuole nascondere in modo particolare poi è che se in termini generali c’è un’umanità che è in gioco, in modo più ravvicinato non tutti si pongono sullo stesso piano di fronte ai cambiamenti climatici: intanto perché non tutti ne sono responsabili allo stesso modo.
Perché i paesi ricchi sono responsabili di non meno del 60% delle emissioni climalteranti, aggiungendoci la Cina siamo al circa 80% a fronte, ad esempio, del 3,6% dell’Africa. Eppure gli effetti sono gravi in Europa come negli Stati Uniti ma sono devastanti proprio in Africa.
E perché proprio nelle società ricche, i cambiamenti climatici tagliano in due la società esattamente secondo la stessa faglia della ingiustizia sociale: più sei dal lato della condizione ingiusta e più paghi: paghi per l’aria cattiva che respiri, per le condizioni di vita in territori sovraffollati, imprigionati dagli scarichi del traffico, senza verde e luoghi di socializzazione; paghi gli effetti derivanti sulla salute dalle temperature crescenti, dai livelli di inquinamento dell’aria, dal cibo industriale, dalle difficoltà ad accedere a cure nei tempi giusti. E quindi, è esattamente l’opposto di quel che si vuole far credere: sono proprio i settori sociali più esposti e deboli ad essere interessati ad una strategia di affermazione di nuovi e ricchi livelli di vita in città da rigenerare urbanisticamente e socialmente; di un ambiente curato e di una biodiversità ricca; di un cibo che nasca da una agricoltura che ritrova il suo rapporto con l’ambiente; di una piena valorizzazione sociale ed economica dei beni confiscati alle organizzazioni criminali; di uno sviluppo che appunto si fondi sulle domande di qualità delle persone, della loro vita, incentrato sulla cura. E quanto e buon lavoro può nascere da una strategia del genere?
E allora, vogliamo dare forza a tutto questo traducendolo in una articolata proposta di legge regionale che sull’insieme di questi capitoli – dallo stop al consumo di suolo e ad una nuova strategia per città e Appennino, all’accelerazione di tutte le fonti rinnovabili di energia, dall’agricoltura al cibo sostenibili, all’acqua per davvero pubblica e per tutti i beni comuni – sviluppi un livello più altro di proposta e di lotta.
Per questo la Proposta sarà costruita in un percorso inedito di confronto e partecipazione, attraverso la rete dei Laboratori di Scrittura Partecipata ed avrà un carattere aperto, consentendo a tutti coloro che ne condivideranno lo spirito e gli obiettivi di diventare protagonisti della sua scrittura e dell’impegno per conquistarne l’attuazione.
Del resto, questo è l’unico modo anche per dare valore e futuro a quelle tante esperienze dal basso; per l’iniziativa di tanti enti locali; per le decisioni pure positive assunte negli anni dai diversi livelli istituzionali, Regione compresa che hanno arricchito di percorsi innovativi i nostri territori e portato anche la Campania ad avere 1/3 del suo territorio come area protetta.
Ora è il momento.



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