Napoli, città dai mille volti e mille speranze, cuore e culla del Mediterraneo, amato e bistrattato, regno incantato, dove il caos segna una frattura dicotomica che spesso neanche i napoletani vogliono vedere, eppure esiste, primeggia e a volte sconquassa, l’armonia che poi, si sente, nell’ aria frizzante del mattino, che ripulisce i misfatti della sera prima.
Una città che pullula di arte, si respira in ogni angolo anche quello meno battuto.
La città storica si unisce alla nuova, con sembianze che cambiano da civico a civico e nello stretto dei vicoli si interfacciano multi stratificazioni di ere,dai greci, poi romani, ai bizantini, fino ad arrivare ai giorni nostri, opere mastodontiche, costruite negli anni, nei secoli , che vedono la città trasformarsi, ma inglobando sempre il popolo, corollario di un bellissimo fiore, che non muore mai .
Il popolo appunto, sempre un po’ straccione, ma con un gran cuore, regge e ragna sovrano nei vicoli dalla città, non si fa scacciare, per fare posto ai turisti , ma integra il turista, nella propria storia quotidiana, fioriscono così, cibi da bottega, da cantine lungo tutti decumani, per non parlare del quartiere per antonomasia di briganti e smargiasse, che ad ogni ora del giorno e della notte, tra pizza fritta , sartù e pasta e patate e spritz, profumano l’intero firmamento…
Il turista, quando arriva a Napoli, è raggiunto da una visione celestiale, di multietnicità e consumismo sfrenato, città vecchia immischiata alla nuova un souk a cielo aperto, la stazione è uno di questi simboli, più evidenti, ed anche ahimè, sconfortanti, dal tassista che litiga con il suo collega per accaparrarsi il cliente migliore, agli homeless…che stazionano sotto ai porticati della stessa. Nel guardare il degrado che c’è intorno , un degrado di cui nessuno parla, nessuno vuol vedere e nessuno denunzia più, tanto non fa più notizia, mentre io, invece, vorrei porre all’ attenzione, su tutti quegli esercizi commerciali che sono in mano a bande di vario genere, che vendono merce, corpi e droga senza nessun distinguo, in una forma di indecenza e sporcizia, incuria e vandalismo, unico nel suo genere, che non si è mai visto in nessuna grande città del mondo.
Ed il turista rimane sorpreso attonito, a volte ci scherza sopra, eppure, dalla stazione a porta Capuana, o dalla stazione all’ Orto botanico, non ci sono molti passi da fare, ed il turista, prima di notare, due fiori all’ occhiello come questi, si scontra, neanche, con la napoletanità, ma con l’arte di arrangiarsi che è diventata multietnica e multidisciplinare, ognuno ha il suo ruolo preciso e nessuno può interferire negli affari poco puliti, dell’ altro, tutto regolato da un codice di detto non detto a cui si devono attenere tutti, anche chi passa, solo per andare a trovare un’ amico, che abita nei paraggi della stazione, può esimersi.
Eppure, oggi il turismo è ripreso alla grande, tutti vogliono venire a Napoli, in questo spazio di cultura a buon mercato, dove una passeggiata al chiaro di luna, vicino al mare, un giorno per il centro storico con annessa visita ai pastori ed un cuoppo fritto, e una puntata al murales di Maradona sui quartieri fa raggiungere la felicità più assoluta e poi…
E poi, la cultura in tutta questa storia dove sarà finita?
Rimane richiusa nei palazzi nobiliari, nelle chiese quelle aperte, ma tante ancora chiuse, in quelle gallerie che una volta vedevano la nascita di cantanti e attori famosi, rinchiuse nelle parole delle tante guide, che riempiono la città dei vuoti, commessi dall’ ignoranza e dall’ incapacità di rendere vivibile, ciò che è patrimonio dell’ UNESCO e che dovrebbe essere protetto e invece viene invaso, calpestato e crudelmente fagocitato, in un enorme calderone di anime pezzentelle, che vagano nel girone degli inferi, insieme alle nobildonne e nobiluomini di una città, eternamente in lotta tra il sacro e il profano, che decolla nella mediocrità del essere e non risplende mai, da vero diamante e là dove avviene, ti trovi sopraffatto dall’ incalzare dei prezzi, che rende la città più economica d’ Italia, una vera gioielleria di professione.
Succede che, girando per la Sanità, luogo ameno e caratteristico, che vede la napoletanità prendere forma, decidi di mangiare una pizza, si proprio quella, povera e genuina pizza che, la Regina Margherita, amava mangiare con i suoi commensali, cibo povero inventato dal popolo e che qualcuno ha deciso che, per un po’ di pomodoro San Marzano in più, al classico pomodoro, debba costare 18.00 euro cada una, (avete capito bene), come se fosse il cibo degli dei e che, il solo suo mangiare, potesse fare rinascere le papille gustative, che ahimè, non sono state neanche solleticate.
Certo, mi direte, potevi anche alzarti e andare via…
Io, invece, fino all’ ultimo ho cercato di trovare il perché di quel prezzo, devo dire che fino all’ ultimo, me lo sono chiesto, poi ho concluso, il turista rimarrà soddisfatto non conosce il meglio , nè il prezzo medio, trova dei napoletani a servirli, accoglienti e garbati, si sentirà contento di aver speso poco, per un servizio eccellente e una garanzia di genuinità.
Ma per me che sono napoletana verace, mi sento presa in giro, da chi sa che tutto ciò è solo una recita a soggetto e non una semplice pizza napoletana che ha un costo molto al di sotto di quanto richiesto.
Come è facile capire, la dicotomia continua in ogni azione e in ogni posto, in ogni anfratto di questa città, ma forse è anche il bello di questa urbe, dai mille volti e virtù e che nel mito di Partenope, trova la storia più affascinante e bella dove la protagonista è una donna dalle sembianze di sirena, che amalia con il suo canto tutti i marinai, che si avvicinano la golfo, così vengono affascinanti i turisti, dal grande vulcano, che dormiente appoggia le sue pendici nell’acqua e dai castelli e dalla collina verde di Posillipo, che si chiude in un abbraccio d’more con l’isola incantata, di Capri.
In questo tripudio d’ amore, come potrebbero, non incantarsi i turisti e non rimanere impressionati positivamente, sarebbe quasi impossibile, infatti spesso poi ritornano….
Ma quanta fatica, facciamo a dividere lo spazio vitale e quanto e necessario per noi tutto questo turismo?
Forse tanto, troppo, ne abbiamo una vera necessità, tutta la nostra e economia, ormai, si basa sul turismo e tutti noi proviamo quasi un rispetto riverenziale, che però non si tramuta, in quell’economia giusta ,che porta ricchezza, contratti di lavoro, assunzioni nei siti archeologici di maggior afflusso, insomma non c’è quello sviluppo sociale atto a redistribuire ricchezza e fare in modo che il tessuto sociale non si sgretoli, sotto il crescente aumento dell’ inflazione, che rende tutti più poveri e insicuri.
Insomma, siamo ancora troppo lontani, dall’ essere la città del accoglienza al centro del Mediterraneo, ma siamo sempre pronti a fare del turista, la perla del nuovo avvenire, se solo l’amministrazione fosse un po’ più presente e la regione un po’ meno di parte, con la diatriba Napoli/Salerno, forse potremmo fare di questa la città dell’arte, della magia, dell’ amore appassionato.
Io ci credo ancora, sono certa anche tu!
Marialuisa Faella